**Correzione degli errori**
L’ambulanza sfrecciava per le strade di Roma con le luci blu e la sirena accese. Le auto si accostavano ai marciapiedi, lasciando libero il centro della strada.
«Papà, ti prego, perdonami. Resta con me, non morire…» sussurrava la ragazza seduta accanto alla barella.
Lui non la sentiva. Davanti a sé vedeva un’altra ragazza. Sorrideva, e dai suoi occhi fluiva una luce calda e gentile. Quella luce lo attirava, lo chiamava a sé. Non poteva resisterle, non voleva. Desiderava soltanto volare verso quella luce, fondersi con lei… Poteva farlo, perché il suo corpo era leggero, quasi inesistente.
Ma qualcosa lo tratteneva, qualcosa di forte che lo tirava indietro, lontano da quella luce. Cercava di dire: «Lascia andare», ma non ci riusciva. All’improvviso, un colpo al petto lo respinse brutalmente. Il volto della ragazza scomparve, la luce si spense, e il suo corpo divenne pesante come una pietra. Ma una pietra può sentire dolore?
Dal buio tornarono i suoni: un pianto, una voce che lo chiamava mentre una mano stringeva la sua. Voleva ancora chiedere di lasciarlo andare, di chiamare quella figura svanita—Alessia—ma in quel momento sprofondò in un vuoto senza nemmeno l’ombra. Non c’era nulla. Nemmeno lui…
***
**Il giorno prima**
«Papà, posso andare al mare con Giulia e Sara? I parenti di Sara hanno una casa là. Mi servono solo i soldi per il viaggio e qualcosa per le spese.» La voce di sua figlia era implorante, quasi adulatrice.
Enrico sapeva sempre quando mentiva. A volte fingeva di crederle, ma non questa volta. Appoggiò il giornale che stava leggendo e la fissò. Sì, stava mentendo. Aveva le orecchie rosse, distoglieva lo sguardo, e le dita le giocherellavano nervosamente con la piega della gonna.
«E per quanto tempo?» chiese con calma.
«Due settimane» rispose Marta, animandosi. «Aria fresca, mare. Sono stufa di stare in questa città polverosa.»
«Con Giulia e Sara, quindi?» ribatté Enrico.
Cogliendo il sarcasmo nella voce del padre, Marta capì che la bugia sulle amiche non aveva funzionato.
«Non sai mentire. Ieri ho parlato con il padre di Sara. Loro tre vanno in montagna.»
Le orecchie di Marta non erano solo rosse, ma in fiamme. Il rossore le aveva invaso il viso e il collo. Alzò lo sguardo e lo fissò con sfida.
«Sapevo che non mi avresti lasciato andare con Marco, così ho mentito. È vero che sua zia vive al sud.»
«Hai capito bene. Non ti lascerò andare» rispose Enrico con serenità. «Capisco, l’innamoramento e tutto il resto. Ma davvero pensi che sia una buona idea andare al mare da sola con un ragazzo?»
«Lo amo» disse Marta con disperazione. Ora il suo viso era pallido.
«E lui ama te? L’amore e il desiderio sono due cose diverse. Io sono un uomo e so cosa significa quando un ragazzo invita una ragazza a viaggiare con lui. Non è quello che credi. Di sicuro non è amore.»
«Quindi non mi lasci andare?»
«No. Tra un mese avrò le ferie e andremo al mare insieme.»
Marta si morse il labbro, riflettendo. Il cuore di Enrico si strinse. Era così simile a sua madre! Anche lei si mordeva le labbra quando era nervosa, arrabbiata o insicura. Sua figlia era cresciuta. Come spiegarle che aveva già perso troppo, e non poteva rischiare di perdere l’ultima cosa che gli rimaneva?
«Papà, per favore. Saremo soli solo in treno. Poi staremo con i parenti di Marco.» Gli occhi di Marta brillavano di speranza.
«No. Se vuoi, possiamo andare a trovare lui e la sua famiglia, ma tra un mese» tagliò corto Enrico.
«Non credevo fossi così…» scattò Marta. «Avrei potuto non chiederti il permesso, lasciarti un messaggio e partire. Sono maggiorenne. Ma volevo farlo nel modo giusto.»
«Se non sei scappata, significa che la mia opinione conta per te. E se è così, ascoltala» disse Enrico, riprendendo il giornale ma senza leggere.
«Credimi, tra qualche tempo guarderai questa conversazione con occhi diversi.»
«Papà, lasciami andare. Ci amiamo.» Marta ci riprovò.
«Tu forse lo ami. Ma lui? Se ti amasse, non ti avrebbe spinto a mentire.»
«Tu sai sempre tutto di tutti? E tu invece…» Marta si bloccò, realizzando di aver scavato nel passato.
«Proprio perché ho già vissuto tutto questo. Gli errori della gioventù ti perseguitano per tutta la vita» osservò Enrico, filosoficamente.
«Sì, sì. E dimmi anche quanto è stato difficile crescermi da solo. Come hai sacrificato la tua felicità per me… Ti sono grata, papà, ma posso decidere io se commettere errori o no. Ti prego.»
«No.» Enrico afferrò il giornale, segnando la fine della discussione.
Marta sbuffò, girò sui tacchi e uscì sbattendo la porta.
Enrico ripose il giornale. Come poteva concentrarsi sulle notizie?
***
Quanti anni erano passati? Sembrava ieri quando aveva convinto Alessia a fare un weekend a Firenze. Non aveva mai chiesto se avesse mentito ai suoi genitori o detto la verità. L’avevano lasciata partire.
Era stato un viaggio meraviglioso. Tornarono felici e cambiati. Così almeno gli era sembrato. Poi Alessia partì per Milano, per l’università. Lui restò in città, studiò al politecnico, e conobbe Silvia. Si innamorò perdutamente, dimenticandosi di Firenze, di Alessia, delle sue dichiarazioni d’amore. Anche se, no, in realtà non aveva mai detto di amare Alessia. Ne era certo.
Poi Alessia tornò e gli disse di essere incinta. Lui si spaventò. Non per la gravidanza, ma perché temeva di perdere Silvia. Alessia era venuta direttamente dalla stazione. Lui la convinse ad abortire. Balbettò qualcosa sulla giovinezza, sul non essere pronto, su come fosse sicuro…
Alessia piangeva, gli disse che erano già passate dodici settimane.
«E allora perché hai aspettato?» urlò furioso. «Perché non sei venuta prima? A dodici settimane si può ancora…»
Lei se ne andò. Lui era certo che avesse abortito, perché per tre anni non ne ebbe più notizie. Se avesse tenuto il bambino, lo avrebbe saputo. I suoi genitori sarebbero venuti a chiedere giustizia.
Sposò Silvia e si preparò per la luna di miele al mare: biglietti acquistati, valigie pronte. Un colpo alla porta cancellò i piani. Enrico non la riconobbe subito. O meglio, non capì immediatamente che era lei—Alessia, pallida e dimagrita. Teneva per mano una bambina.
«Ciao» sorrise a fatica.
Enrico rimase immobile.
«Chi è?» la voce di Silvia arrivò dalla stanza.
Capì che la moglie era dietro di lui e guardava l’ospite dal sussulto delle ciglia e dallo sguardo smarrito di Alessia. Si voltò.
«Chi è?» Silvia non staccava gli occhi dalla bambina.
Enrico guardò di nuovo Alessia. Nei suoi occhi tremava unEnrico sorrise debolmente, strinse la mano di Marco e capì che, forse, questa volta il destino aveva deciso di non fargliene pagare il prezzo.