**Diario di Lorenzo Rossi**
Che ti permette?
…Schiacciando la sveglia con un colpo secco, Lorenzo Rossi si alzò dal letto e, a piedi nudi, si trascinò in cucina. Ad aspettarlo c’era una vera sorpresa. Seduta al tavolo, con una gamba accavallata all’altra, c’era Beatrice. Indossava un grazioso grembiule di pizzo. Anzi, per essere precisi, indossava solo quello. L’ultimo dettaglio sconvolse Lorenzo al punto da fargli chiudere gli occhi per un attimo.
“Tesoro, sei sveglio!” Beatrice si alzò in equilibrio sulle punte e gli si avvinghiò al collo, lasciando Lorenzo senza fiato. “Ti ho preparato la colazione!”
“Davvero? E cosa sarebbe?” chiese lui, fissando qualcosa di fibroso sul piatto.
“Ma come, Lorenzo? Sono i broccoli al vapore!”
Lorenzo non aveva mai mangiato “broccoli al vapore”. Era abituato a colazioni più semplici.
“Magari un goccio di maionese?” propose timido, incapace di masticare quel piatto insapore.
Ma vedendo le sopracciglia perfette di Beatrice aggrottarsi in segno di disapprovazione, si affrettò a ritrattare:
“Certo, amore! Senza maionese!”
“Maledizione, per cosa mi è toccata questa fortuna?” pensò lui, finendo la colazione. Ma il pensiero non era rivolto ai broccoli. Quella dea seduta su una sedia sbiadita nel mezzo della sua cucina lo stregava. “Una ninfa… una musa… Beatrice è mia!”
***
La prima volta che Lorenzo la vide fu al teatro, dove lavorava da trent’anni come tecnico delle luci. Un giorno, mentre riparava un riflettore fulminato, puntò il fascio sul palco e… la vide! Una creatura eterea, leggera, quasi trasparente. Da quel momento, non ebbe più pace.
No, Lorenzo non era il tipo che correva dietro a ogni gonna! Strano, per un uomo che lavorava a teatro. In quell’antro di bellezza e cultura, godeva di una reputazione di uomo onesto e laborioso. Forse fu proprio per questo che il cielo gli concesse Beatrice?
***
Di fretta, dopo essersi rasato, si preparò per il lavoro.
“Potresti stirare una camicia?” chiese timidamente a Beatrice.
Ma la “ninfa-musa” era occupata in qualcosa di divino.
“Tesoro, puoi farlo tu?” borbottò, senza staccare gli occhi dallo smartphone.
“Va bene, lo farò io.”
Non sapendo dove fosse nascosto il ferro da stiro, decise di risolvere alla buona: piegò la camicia con le mani leggermente bagnate. Raccolse la borsa degli attrezzi, baciò Beatrice che se ne stava sul divano e corse al lavoro.
Fu solo sul tram che Lorenzo si rese conto di qualcosa. Guardandosi da capo a piedi, capì ciò che mancava: nella borsa non c’era nessun panino avvolto nella carta stagnola o un contenitore di polpette ancora tiepide. “Non importa, prenderò qualcosa al bar”, pensò rassegnato.
***
“Amore, mandami duecento euro. Oggi ho l’appuntamento per la ceretta!”
Leggendo il messaggio, Lorenzo si bloccò. Non sapeva che la ceretta potesse costare così tanto! Ma, nonostante lo stomaco che brontolava, non voleva deluderla. “Se serve, chiederò a Marco un prestito fino allo stipendio,” pensò, cliccando “invia”. La bellezza, si sa, richiede sacrifici.
Mezz’ora prima della fine del turno, arrivò un altro messaggio:
“Al ritorno, compra l’avocado e il latte senza lattosio per cena! Bacini!”
Della lista, Lorenzo conosceva solo il latte. Vagò tra gli scaffali del supermercato, perso tra reparti sconosciuti. Alla fine, arreso, chiese aiuto a una commessa.
“Quanti avocado vuole?” chiese educata la ragazza, correndo verso il reparto ortofrutta con in mano una bottiglia di latte.
Lorenzo si sentì in imbarazzo. Non aveva idea di come si comprassero gli avocado. Ma, per non sembrare un completo ignorante, rispose:
“Due chili, grazie!”
Pagando alla cassa, pensò con tristezza che avrebbe davvero dovuto chiedere un prestito a Marco. Di solito era lui a prestare soldi agli amici, ma mai ne aveva chiesto. “Tutto ha una prima volta,” si consolò, trascinando verso casa una borsa piena di quel frutto esotico. “Per una donna così, vale la pena!”
Beatrice lo accolse a braccia aperte. Brillava, avvolta in qualcosa di setoso e profumato.
“Lorenzo, mi sei mancato!” cinguettò, mentre lui sistemava l’avocado in frigo.
“Cosa mangiamo stasera, cuore mio?” chiese timidamente, cercando di nascondere i brontolii dello stomaco.
“La cena arriverà tra poco!” esclamò Beatrice.
E come per magia, suonò il citofono.
“Ecco la cena!” esultò. “Scendi a pagare il rider e portala su!”
“Cosa diavolo costa così tanto?” pensò Lorenzo, salendo ansimante le scale. “Non pesa nemmeno mezzo chilo, e costa come una gomma nuova!”
“Che cos’è?” chiese, confuso.
Nel contenitore trasparente c’erano file ordinate di cibo sconosciuto, cosparso di erba verde.
“Non lo sai? Sono i sushi!” esclamò Beatrice.
Vedendo la sua espressione, spiegò paziente:
“Cibo giapponese! Ho preso quelli con tonno, granchio e polpo! Si mangiano con wasabi, zenzero marinato e salsa di soia!”
Il sushi non piacque a Lorenzo. Ma Beatrice ne fu entusiasta e ne divorò quasi tutta la scatola. Quando lei sparì in camera, lui frugò nel frigo sperando in un piatto di pasta al pomodoro. Niente. Scivolò a letto affamato.
***
Il mattino dopo, la colazione non c’era. Beatrice dormiva, i capelli biondi sparsi sul cuscino.
“Amore, lasciami trecento euro,” borbottò assonnata. “Oggi ho il trattamento corpo.”
Il primo impulso di Lorenzo fu la rabbia. Ma non sapeva cosa fosse un “trattamento corpo”.
“Forse è una visita medica?” pensò, vergognandosi della sua reazione.
“Certo, tesoro!” disse, trascinandosi in cucina.
Versò il “latte senza lattosio” in una tazza, cercando qualcosa da aggiungere. Trovò una fetta di pane raffermo, ma rinunciò all’idea di spalmarcDopo aver posato la tazza vuota, Lorenzo sospirò e sorrise: tutto ciò che voleva davvero era una fetta di pane con la mortadella e la sua Valeria accanto.