I rondoni volano nel cielo azzurro…
Giorgia si svegliò e si stirò con un sorriso. Poi si chiese che giorno fosse. Girò la testa per controllare l’ora e lo sguardo cadde sull’abito bianco appeso alla porta dell’armadio. Troppo lungo, l’aveva lasciato fuori per non sgualcirlo. All’improvviso, i ricordi le caddero addosso come una valanga, facendole mancare il fiato.
Quando l’aveva provato in negozio, per un attimo le era sembrata la scelta giusta. Federico non c’era più. Ma Filippo sì, vivo e premuroso, di successo e bello. Non c’era più nulla da fare. Tra poche ore avrebbe indossato quell’abito e sarebbe salita su una macchina decorata per andare in comune.
Un brivido le attraversò la schiena. Distolse lo sguardo dal vestito, simbolo del suo tradimento.
Il giorno prima lo aveva confessato alla mamma. Pallida, sfiancata dalla chemio e dagli interventi, sua madre l’aveva fissata con occhi infossati.
“Lo capisco, tesoro. Ma Federico non tornerà.”
“È disperso, non morto,” aveva risposto seccamente Giorgia. “Potrebbe essere prigioniero, si sa che li scambiano.”
“Giorgina, e se tornasse? Guarda i telegiornali. Anche se fisicamente è integro, la mente come sarà? Hai solo ventiquattro anni, la vita è appena iniziata. E vi siete frequentati per poco.”
“Mamma, gli avevo promesso di aspettarlo. Se mi sposo, lo tradisco. E se tornasse? Come potrei guardarlo negli occhi?” La voce di Giorgia si spezzò in un pianto strozzato.
“Zitta, non gridare. Anche lui aveva promesso di tornare. La guerra è così: promettere è facile, mantenere no. Se fosse vivo, non avrebbe fatto sapere qualcosa?” La madre l’aveva stretta a sé.
Giorgia poggiò la testa sulla sua spalla e sentì il respiro affannoso. Nei polmoni sembrava frusciare della carta.
«Ha ragione. Filippo ha fatto tanto per noi. Ha sistemato mamma nella migliore clinica di Milano, pagato le cure. L’ha tirata fuori dal baratro, letteralmente. Sta ancora facendo la chemio, c’è speranza. E se si ammalasse di nuovo? Non abbiamo soldi, lui è l’unica salvezza. Non posso dire di no… È mia madre, sogna dei nipoti… Io invece penso solo a me…»
Si asciugò le lacrime.
“Tutto andrà bene, mamma. Non ti preoccupare.”
La madre sospirava, ogni tanto la guardava di sottecchi e, pensando di non farsi notare, le faceva rapidamente il segno della croce.
“Non fare la sciocca. Un tipo come Filippo va tenuto stretto con le unghie e coi denti,” le aveva sibilato l’amica Michela, senza nascondere l’invidia.
“Allora tienilo tu. Sei più carina di me.”
Michela aveva scosso la testa e girato un dito alla tempia.
“Gli devo tutto, capisci?” si era infiammata Giorgia. “E gli devolverò per sempre. È come una prigione volontaria. Lui potrà fare quello che vuole, io non potrò nemmeno parlare. Perché gli de-vo tutto,” scandì. “Non è una vita, è una galera.”
“Sciocchina. Vivici un po’, se non ti piace, divorzierai. Tutto qua,” aveva risposto spavalda Michela.
Quelle parole avevano deciso tutto. Ma più si avvicinava il matrimonio, più il cuore di Giorgia si appesantiva. «Certo, come se mi lasciasse andare. Ha investito un patrimonio in noi,» pensava con angoscia. «E non posso scappare. Dove? Non abbandonerò mamma. La ucciderebbe. Sta appena riprendendo peso. È una trappola. Se solo scrivesse una parola, “vivo”, e annullerei tutto…»
Filippo diceva di amarla, non insisteva sull’intimità, anche se qualche volta Giorgia era riuscita a malapena a evitare le sue avances. Il ristorante esclusivo era prenotato, gli ospiti importanti invitati. Ci sarebbe stato il vicesindaco. Non voleva umiliare Filippo, farlo passare per lo sposo abbandonato. Non le aveva mai fatto del male, aveva aiutato sua madre…
La madre entrò nella stanza.
“Non ti sei ancora alzata? Tra dieci minuti arrivano per pettinarti e truccarti. Vai a lavarti. La colazione è pronta.”
Giorgia balzò dal letto e si diresse in bagno. La domanda «cosa fare?» rimase senza risposta, sospesa nell’aria come una brezza.
Si lavò in fretta e si sedette a tavola coi capelli ancora bagnati. Per non urtare la madre, bevve un sorso di caffè e addentò un panino. Le rimase in gola.
“Basta, mamma, non ce la faccio. Mi sento male.” Scostò la tazza.
“Anch’io non mangiai nulla prima di sposare tuo padre. Poi bevvi dello spumante e temetti di fare una figuraccia davanti a tutti.” La madre rise, poi fece una smorfia.
“Cosa c’è?”
“I punti mi tirano.”
In quel momento suonò il campanello.
“Apro io,” disse la madre andando nell’ingresso, mentre il cuore di Giorgia batteva come un uccello in gabbia.
Cominciò il trambusto per pettinatura e trucco. Giorgia non si curava del suo aspetto. Quando infine si vide allo specchio, trattenne un respiro. Davanti a lei c’era una diva del cinema, come Monica Bellucci.
Aveva insistito per un look naturale, senza chignon elaborati, e non si era sbagliata. La madre si portò le mani al petto, gli occhi lucidi.
La stylist se ne andò, e Michela l’aiutò a infilare l’abito.
“È troppo presto,” si oppose Giorgia.
“Non è presto. Potrebbero servire modifiche dell’ultimo minuto. Tua madre dice che non mangi.”
“Anche tu contro di me,” sospirò rassegnata.
Il campanello suonò di nuovo.
“Tua madre apre?” chiese Michela, allacciandole i lacci sulla schiena.
Giorgia scrollò le spalle.
“Non muoverti!” la rimproverò Michela.
Il campanello suonò ancora, e Michela corse ad aprire, lasciando Giorgia con la schiena scoperta. Lei tese l’orecchio. Sentì un trambusto e la voce di Michela:
“Non puoi, porta sfortuna.”
“Sono arrivato prima per assicurarmi che la mia sposa sia perfetta,” insistette la voce di Filippo.
“Perfettissima, credimi. Non ti faccio entrare.” La voce era ora dietro la porta, Michela doveva bloccarla con la schiena.
La seta dell’abito scivolava dalle spalle. Giorgia si aggiustava continuamente le sottili bretelle. Improvvisamente, il silenzio.
Attese un attimo, sollevò la gonna per non inciampare e socchiuse la porta. Nessuno. Scalza, uscì silenziosa nel corridoio, solo il fruscio del tessuto a accompagnarla. Sbirciò in cucina e si irrigidì. Michela le voltava le spalle, i ricci biondi sparsi sulle spalle. Le belle mani di Filippo brillavano sulla schiena scura dell’amica come piccole ali.
Perché aveva notato proprio quelle mani? Si stavano baciando, dondolandosi. Un’ondata di calore le salì al viso. Indietreggiò, tornò di corsa in camera. Bloccò la maniglia con una sedia. Bastava per un po’.
Si avvicGiorgia afferrò la giacca e uscì dalla finestra della cucina, atterrando sull’erba del giardino, mentre alle sueCorse verso la strada, il cuore in tumulto, decisa a riprendersi la libertà che per troppi mesi aveva lasciato in mano a qualcun altro.