Credeva che suo marito fosse di buon appetito, ma la realtà era ben diversa: la cognata rubava il cibo di nascosto

Giulia era davanti al frigo spalancato, massaggiandosi le tempie per il nervoso. Era convinta che suo marito avesse davvero un gran appetito, perché ogni volta che metteva qualcosa da parte, spariva tutto in un attimo. Appena cucinava, il cibo non durava nemmeno mezza giornata.

Parlare con Pietro ormai non serviva a niente: ogni discussione finiva con una lite. E poi la esasperava il fatto che lui stesse sempre a casa, già da due mesi in cerca di lavoro, mentre lei ogni mattina usciva presto per andare allufficio postale e, alla fine del mese, i pochi euro che guadagnava finivano tutti per riempire il frigorifero che sembrava avere un buco nero dentro. Giulia ormai si era abituata a sopravvivere a pane raffermo e caffè annacquato. Tornava a casa dal lavoro senza energie e suo marito, chissà perché, continuava a pensare che lei mangiasse fuori e non avesse bisogno di cena.

Domani vado a casa di Marco, dobbiamo aiutarlo! gridava Pietro dalla sala.

Giulia nemmeno rispose, non ci fece caso: ultimamente si sentiva uno straccio. La mattina dopo si svegliò con la febbre e decise di restare a casa, si imbottì di tachipirina e tornò a letto.

La svegliarono dei rumori insopportabili che venivano dalla cucina. Pentole sbattute, sportello del frigo che si apriva e chiudeva senza sosta, qualcuno che canticchiava stonato. Giulia, ancora stordita per la febbre, si trascinò fino in cucina e lì trovò Paola, la sorella di Pietro, che lei aveva sempre evitato.

Paola era convinta che suo fratello avesse il dovere di occuparsi non solo della sua famiglia ma anche di lei. E spesso, quando Pietro aiutava la sorella, il bilancio familiare di Giulia ne usciva distrutto. Paola aveva passato in rassegna tutto ciò che cera da mangiare e stava iniziando a infilare cose nei suoi contenitori, come se fosse la cosa più normale del mondo.

Ah, ciao esordì Giulia con voce roca.
Tu che ci fai a casa? Paola si spaventò, quasi lasciando cadere un salame.
Sono malata. Immagino che mio marito sappia che sei qui?
Certo, è stato lui a lasciarmi le chiavi!
Quindi non è Pietro che mangia tutto, ma sei tu, che vieni qui a far razzia
Su, è mio fratello! Ho tutto il diritto di prendere qualcosa per i miei figli!
Peccato che tuo fratello non lavori, non porta un euro, e io non ho firmato per mantenere due famiglie, soprattutto a mia insaputa.

Vabbè, cosa vuoi che sia, io da sola non ce la faccio a tirar su i bambini. Devo chiederti scusa per questa mortadella, adesso?
Ridammi le chiavi, o chiamo i carabinieri. Ti sei dimenticata che questo è casa mia, non di tuo fratello?

Ma vuoi chiamare i carabinieri per una mortadella e due arance? Ma dai! Tieni le tue chiavi, avara che non sei altro! Dirò a Pietro di come sei tirchia.
Fai pure. Tanto tra poco troverà qualcunaltra disposta a sopportare tutta questa storia.

Giulia scoppiò a piangere: per tutto quel tempo avevano fatto di lei una stupida complice. Nessuno le avrebbe mai creduto che fosse la cognata a svuotare il frigo lasciando solo il pane vecchio, e il fatto peggiore era che Pietro lo sapeva e tirava avanti la farsa attribuendogli un falso appetito da lupo.

Alla fine, non si stupiva più: del resto, sua suocera era uguale e i parenti del marito si sentivano sempre in diritto di entrare in casa e prendersi quello che volevano, anche senza chiedere permesso. Giulia ci pensò a lungo e poi prese in mano il telefono: chiamò Pietro, gli disse che avrebbe chiesto il divorzio.

Lasciami tornare a casa, parliamone, non tagliarmi fuori così la pregava Pietro.
Non ho più niente da aggiungere. Ho capito tutto quello che cera da capire.

Certa gente non cambierà mai, pensava Giulia, e le dispiaceva solo per il tempo perso con persone del genere. Da quel momento suo marito le sembrò uno sconosciuto e si rese conto che avrebbe dovuto mettere un confine molto tempo prima.

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