*La storia di Lucia e il misterioso mendicante*
Pensò che fosse solo un povero mendicante zoppo! Gli offriva da mangiare ogni giorno con quel poco che aveva… Ma una mattina, tutto cambiò.
Questa è la storia di una ragazza povera di nome Lucia e di un mendicante zoppo di cui tutti ridevano. Lucia aveva appena 24 anni. Vendeva cibo in una bancarella di legno lungo la strada a Napoli. Il suo chiosco era fatto di assi vecchie e lamiere arrugginite, sistemato sotto un grande albero dove tanta gente passava a mangiare.
Lucia non aveva molto. Le sue scarpe erano consumate e il vestito rattoppato, ma sorrideva sempre. Anche quando era stanca, accoglieva tutti con gentilezza. «Buongiorno, signore. Grazie a lei», diceva a ogni cliente.
Si svegliava all’alba per cucinare riso, pasta e patate. Le sue mani lavoravano svelte, ma il suo cuore batteva lento per la tristezza. Lucia non aveva famiglia. I genitori erano morti quando era piccola. Viveva in una stanzetta vicino alla bancarella, senza luce né acqua corrente.
Solo lei e i suoi sogni. Un pomeriggio, mentre puliva il banco, passò la sua amica Zia Maria. «Lucia, perché sorridi sempre se anche tu fai fatica come noi?», le chiese. Lucia sorrise di nuovo e rispose: «Perché piangere non riempirà la pentola».
Zia Maria rise e se ne andò, ma quelle parole rimasero nel cuore di Lucia. Era vero, non aveva nulla. Ma continuava a offrire da mangiare a chiunque, anche a chi non poteva pagare.
Ogni giorno, un mendicante zoppo appariva all’angolo della strada. Si spostava lentamente, spingendo una sedia a rotelle con le ruote cigolanti. La gente lo evitava, ridacchiava o si tappava il naso. «Guarda quel vecchio sporco», diceva qualcuno.
Le gambe dell’uomo erano bendate, i pantaloni strappati, il viso coperto di polvere. Aveva gli occhi stanchi. Alcuni dicevano che puzzava. Altri che fosse pazzo.
Ma Lucia non distoglieva lo sguardo. Lo chiamava Nonno Gino.
Un giorno, sotto il sole cocente, Nonno Gino si fermò vicino alla bancarella. Lucia lo guardò e gli disse: «Eccoti qui. Ieri non sei venuto».
Lui abbassò lo sguardo. «Ero troppo debole per muovermi», sussurrò. Lucia osservò il tavolo: era rimasto solo un piatto di pasta. Quello che voleva mangiare lei. Senza esitare, glielo porse.
«Mangia», disse. Nonno Gino la fissò. «Mi dai il tuo ultimo piatto?». Lucia annuì. «Cucinerò più tardi».
Lui tremava mentre prendeva la forchetta. Gli occhi gli brillavano, ma non pianse. Cominciò a mangiare in silenzio.
La gente li fissava. Una donna chiese: «Lucia, perché dai da mangiare a quel mendicante?». Lei rispose: «Se fossi io su quella sedia, non vorrei che qualcuno mi aiutasse?».
Nonno Gino veniva ogni giorno, ma non chiedeva mai nulla. Si sedeva in silenzio, con la testa china, mentre Lucia gli portava sempre qualcosa di caldo. Una sera, una grossa auto nera si fermò davanti alla bancarella. Un uomo elegante scese e fissò Nonno Gino a lungo. Poi, senza una parola, se ne andò.
Il giorno dopo, Nonno Gino non arrivò. Passarono due giorni, poi tre. Lucia era preoccupata. Alla fine, una lettera anonima la condusse all’Hotel Bella Vista.
Quando aprì la porta della suite, vide Nonno Gino seduto su una sedia a rotelle… ma trasformato. Era pulito, ben vestito, con un orologio d’oro al polso. Si alzò e le sorrise.
«Mi chiamo Giorgio Bianchi. Sono un imprenditore», disse. «Volevo capire chi mi aiutava senza secondi fini».
Lucia restò senza parole.
Lui continuò: «La tua gentilezza merita una ricompensa». La portò in un ristorante elegante con un cartello: *La Cucina di Lucia*. Era tutto suo.
Da quel giorno, la sua vita cambiò. Ma Lucia non dimenticò mai da dove veniva. Fondò un’organizzazione per nutrire i bisognosi, dicendo: «La gentilezza mi ha portata qui, devo restituirla al mondo».
La lezione? **Un atto di bontà, per piccolo che sia, può cambiare tutto.**