Pensavo di essermi sposata bene… Mentre Caterina pagava la spesa al supermercato, Sergio stava appoggiato al muretto. Quando lei iniziò a infilare le cose nei sacchetti, lui uscì proprio fuori. Caterina raggiunse Sergio che fumava sul marciapiede.
“Sergì, prendi le buste?” chiese Caterina tendendogli due sacchetti pesantissimi di roba.
S. la guardò come avesse proposto un reato, sbalordito: “Ma tu niente?”. Lei rimase senza parole. “Tu niente?” cosa significava? Normalmente un uomo aiuta, mica è normale vedere una donna strascicare sacchetti mentre l’uomo passeggia libero come un passerotto.
“Sergì, pesano un sacco” disse Caterina.
“…E quindi?” fece lui, testardo.
Vedeva che lei s’incupiva, ma per principio non voleva portarle. S’incamminò spedito, sapendo che lei non lo avrebbe raggiunto. “Prendi le buste?! Ma chi crede di essere, la badante? Io sono un uomo, decido io! Tanto non le si spaccerà la schiena” pensò S. Quella sera aveva proprio voglia di fare il duro.
“Sergì, dove vai? Le bustee!” gridò Caterina quasi piangendo. I sacchetti erano davvero pesanti, e lui lo sapeva benissimo, visto che aveva riempito il carrello come un ossesso. Cinque minuti a piedi erano un’ora con quei cosi.
Caterina camminava verso casa con gli occhi lucidi. Sperava che Sergio tornasse, ma lui spariva all’orizzonte. Le venne voglia di mollare tutto, ma continuò per inerzia. Raggiunto il portone, crollò sulla panchina. Aveva voglia di piangere per la rabbia e la stanchezza, ma trattenne le lacrime: piangere in strada? Vergogna. Però digerire non poteva: non solo l’aveva offesa, ma umiliata. Eppure prima di sposarsi era così premuroso… Lui sapeva benissimo cosa faceva!
“Ciao, Caterinella!” la voce della vicina la riscosse. “Salve, nonna Maria”. Maria Esposito, che tutti chiamavano nonna Maria, abitava un piano sotto ed era stata amica della nonna. Caterina le voleva bene come una nipote. Dopo che la nonna era mancata, nonna Maria l’aveva aiutata coi piccoli disastri di casa. Con sua mera lontana in un’altra città col nuovo marito, la vicina era tutta la famiglia che le restava.
Caterina decise all’istante di regalarle tutta la spesa. Tanto le buste le aveva già portate! La pensione di Maria era ridicola, e Caterina spesso la viziava con chicche.
“Venga nonnà, l’accompagno su” disse sollevando di nuovo quei maledetti sacchetti.
Appena dentro, lasciò le buste: “È tutto per lei”. Vedendo scatolette diig acciughe, tonno sott’olio, pesche sciroppate e altri sfizi che adorava ma non poteva permettersi, nonna Maria si commosse così tanto che Caterina si sentì in colpa per non portarle dolcetti più spesso. Dopoig mille baci, Caterina salì a casa.
Appena entrata, S. la venne incontro dalla cucina masticando.
“E le buste?” chiese come nulla fosse.
“Quali buste? Quelle che mi hai aiutata a portare?”
“Ma smettila, dai!” cercò di scherzare lui. “Ti sei offesa per così poco?”
“No” rispose calma Caterina. “Ho solo capito una cosa.”
S. si irrigidì. Si aspettava urla e scenate, non questa pacatezza. “Cosa hai capito?”
“Che marito non ce l’ho.” Sospirò. “Credevo di essermi sposata, ma a quanto pare ho adottato un cretino.”
“Non capisco” fece lui fingendosi offeso.
“Cosa c’è di difficile? Io voglio un marito che sia un uomo. A te pare voglia una moglie che faccia l’uomo” aggiunse dopo una pausa. “Allora ti serve proprio un marito anche a te.”
S. arrossì per l’ira e strinse i pugni. Ma lei non lo vide: era già in camera a mettere le sue cose in valigia. Lui cercò di resistere, sbalordito: “Ma perché rompi per due buste? Pensaci bene, non buttiamoci anni così!”.
“Spero almeno la tua valigia la porterai da solo” tagliò corto Caterina senza ascoltarlo. Aveva capito che sarebbe stato solo il primo di una serie di “esercizi di addestramento”. E lei non era un cagnolino da circo. Con un ultimo spintone, lo scaraventò fuori dal portone.
Credevo di aver trovato l’amore…
