Ginevra credeva di aver sposato un uomo… Mentre pagava la spesa, Lorenzo si appoggiava pigramente al carrello. Quando iniziò a imbustare, lui sgattaiolò fuori dal supermercato. Uscita col fiatone, trovò il consorte che fumava beatamente. “Lore’, prendi le borse?” implorò porgendogli i due sacchetti più imbottiti.
Lui la squadrò come se avesse proposto un reato: “E tu?”
Ginevra s’imbambolò. “Tu che?” Cosa voleva dire? Normalmente un uomo aiuta con le fatiche! Pareva assurdo: lei traballante sotto il peso, lui a spasso come un signore. “Sono pesantissimi!” protestò.
“E quindi?” replicò Lorenzo ostinato. Vedeva la collera montarle in viso, ma per principio rifiutava di portare roba. S’incamminò spedito lasciandola indietro. “Prendi le borse? Ma chi si crede? Sono mica un facchino o uno zerbino? Io decido cosa portare!” pensava con superbia. Oggi proprio voleva darle una lezione.
“Lorenzo, dove vai? Le borse!” gridò Ginevra quasi piangente. Quei sacchi erano davvero massicci, e lui lo sapeva benissimo, essendone stato l’indiscriminato riempitore. Cinque minuti a piedi? Con quel carico parevano cinque chilometri.
Avanzava verso casa col nodo in gola, sperando fosse uno scherzo. Niente: lui s’allontanava sempre più. Le venne voglia di abbandonare tutto, ma procedeva in trance. Arrivata al portone, crollò sulla panchina sfiancata. Voglia di piangere per l’umiliazione? Ma in strada era indecente. E poi, capiva benissimo: quell’affronto era deliberato. Ai tempi del corteggiamento, come s’ingegnava…
“Ninnina, tutto bene?” La voce di Nonna Maria la svegliò dai pensieri. Abitava un piano sotto e da quando la nonna di Ginevra era mancata, era diventata come una parente. La ragazza, crescendo senza padre e con la madre lontana, trovò nell’anziana il suo porto sicuro.
Decise all’istante: “Nonna, ecco un regalo!” Le cedette tutta la spesa. Con quella pensione magra, perché sprecare le prelibatezze? Dentro i sacchi, acciughe sotto pesto, crema di tonno, pesche sciroppate, tutte le ghiottonerie che l’anziana adorava ma raramente poteva comprare. Commossa, la donna la baciò mille volte, facendola sentire quasi in colpa per non visitarla più spesso.
Rientrata, Lorenzo l’attendeva in cucina masticando olive. “E la spesa?” chiese candido.
“Quale spesa? Quella che mi hai aiutato a portare?” ribatté Ginevra sulla stessa nota.
“Ma via, facciamo pace! Offesa per due buste?” tentò lui con finto buonumore.
“No” rispose placida lei. “Ho solo dedotto certe cose.”
Si irrigidì: aspettava strilli e lacrime, non questa calma da tribunale. “E cioè?”
“Sposai credendo d’avere un marito. Scopro invece d’essermi legata a un gran co…”
“Non capisco” fece lui oltraggiato.
“Cosa c’è da capire? Io voglio un uomo. Tu vuoi un uomo? Allora ti serve un marito” concluse lei fissandolo senza tremare.
Lui arrossì furibondo, ma Ginevra sparì in camera a impacchettargli le valige. Lorenzo protestava: “Per colpa d’una sciocchezza distruggi tutto? Stava così bene! Due buste pesanti sono un dramma?”
“La tua valigia, spero, la porterai da solo” tagliò corto senza ascoltare.
Le era chiaro: se avesse ignorato quel campanello, le prevaricazioni sarebbero aumentate. E così sbatté fuori l’ex marito, insieme alle sue stupide certezze.






