Cugina Artista Porta via la Nipote dall’Oncologia

Mihaela era appena uscita dall’oncologia e venne accompagnata a casa da sua cugina Chiara. Chiara era un’artista di successo, una persona aperta, gentile e allegra, sempre sincera e senza segreti. Mentre aiutava Mihaela a raggiungere l’auto, le disse tutto senza mezzi termini:

– Michaela, insomma, Paolo se ne è andato a vivere con un’altra, ma non preoccuparti. Hai un posto dove stare. Non ti lascerò sola, ti aiuterò come posso.

Mihaela, dopo l’operazione e varie sedute di chemioterapia, era calva, magra e pallida. Camminava pensierosa, chiedendosi se sarebbe dovuta crollare in un pianto disperato come nei film. Ma i capelli non li aveva già più.

Avrebbe potuto fingere uno svenimento e cadere in una pozzanghera lì vicino, ma aveva addosso il cappotto bianco di Chiara, che l’aveva prestato a Mihaela dato che era autunno e faceva freddo.

Nell’auto c’era un tepore confortevole: Chiara avvolse la cugina in un plaid di lana, la allacciò con cura e la portò verso una nuova vita. Durante il viaggio, Chiara spiegò:

– Ho comprato casa due anni fa con l’idea di viverci e dipingere in estate, ma ho capito che non fa per me. Sono abituata ai comfort, ai grandi negozi, alla folla.

Non sopporto il silenzio. Ieri sono stata nella casa, il riscaldamento funziona e l’acqua scorre, per il resto ce la farai da sola. C’è un piccolo negozio alimentare, ma ti ho portato delle provviste. Passerò a trovarti.

Nel cortile c’era un grosso cane fulvo. Mentre scodinzolava con entusiasmo, corse verso Mihaela appoggiandosi con il muso sulle sue ginocchia. Mihaela accarezzò la testa pelosa e guardò Chiara in cerca di spiegazioni.

– Michaela, l’ho preso dal rifugio ieri. Hai bisogno di un amico. Come faresti qui da sola? Non preoccuparti, ti ho comprato il cibo per lui, ce n’è per un mese. Insieme è più divertente. Lui si chiama Bepi.

Nella piccola casa a due piani faceva caldo. Nel mezzo della sala da pranzo c’erano scatole con provviste, pasta, biscotti e altri generi alimentari.

– Sistemati tutto da sola, così saprai dove trovare ogni cosa. Il frigo è pieno. Nel guardaroba trovi vestiti per tutte le stagioni, abbiamo la stessa taglia. Dai, Micha, prendiamo un tè e poi parto.

Chiara, indossando già il cappotto, si avvicinò a Mihaela, cercò di guardarla negli occhi. Ma Mihaela distolse lo sguardo.

– Michaela, questo cane è stato tre anni in gabbia. Nessuno lo voleva perché è grande e non più giovane. Capisco che per te è difficile, ma hai me. E il cane avrà te. Serve qualcosa a cui aggrapparsi per tornare alla vita. Dimentica Paolo.

Andrà tutto bene. E un’altra cosa: questa casa è tua, l’ho intestata a te, annessi e terreno. I documenti sono in camera, ci sono anche i soldi. Michaela, viviamo! Tornerò tra una settimana, se hai bisogno chiama.

Chiara salutò Mihaela con un bacio e partì…

Era ormai buio, e Mihaela sedeva ancora sulla poltrona, rannicchiata col viso tra le ginocchia. Prima pianse, poi iniziò a raccontarsi di quanto fosse sfortunata, e infine rimproverò Chiara per averle lasciato quel cane. Alla fine decise di alzarsi: non aveva la forza di vivere, ma il cane? Aveva bisogno di essere sfamato.

Indossò una giacca, si fissò allo specchio sulla sua testa calva e, pensando: “Non spaventiamo il cane, non è colpa sua”, mise un berretto. Trovò del cibo, lo versò nella ciotola e uscì fuori.

Bepi, finita la pappona, leccò la ciotola, poi baciò le lacrime salate di Mihaela, si accoccolò accanto a lei sui gradini della veranda, poggiando la testa sulle sue ginocchia.

Nel cielo notturno, intorno alla luna piena comparivano sempre più stelle. Mihaela individuò l’Orsa Maggiore, sorrise e le mandò un bacio. Poi abbracciò il cane e disse:

– Va bene, Bepi, domani ti faccio una zuppa vera. Con la carne.

Tutta la settimana, ogni mattina quando si vedeva riflessa allo specchio, Mihaela rabbrividiva e diceva:
– Giannina…

Ogni tanto pensava: ma chi me lo fa fare, vivere così? Sono inutile. Ma poi vedeva Bepi rannicchiato vicino al camino e decideva: va bene, vivrò ancora per un po’.

La settimana successiva, Chiara arrivò come promesso. Entrò con una scatola in mano, la posò sul divano e disse:

– Allora Micha, dove li mettiamo? C’è una gatta randagia, ha partorito nell’androne delle scale, poverini, hanno bisogno di caldo! Ho portato anche il cibo…

Nella scatola c’era una gatta magra e rossa, che abbracciava con le zampe due minuscoli gattini. La sera Chiara ripartì. Si fermò sulla soglia, in silenzio, poi tirò fuori dal taschino un foglio e lo porse alla sorella:

– Micha, Paolo è venuto, chiedeva di te. Non ho detto nulla. Qui c’è il suo nuovo numero. Decidi tu.

Mihaela accompagnò Chiara alla macchina, le fece cenno di saluto con la mano, poi tornò in casa. Accarezzò la gatta:

– Ti chiamerò Gibba. Ora ti porto un po’ di latte. Andrà tutto bene.

Passando accanto al camino, buttò il foglio nel fuoco…

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

nine + nineteen =

Cugina Artista Porta via la Nipote dall’Oncologia