Cuore Rapito

Cuore Rubato

L’inverno quell’anno in Lombardia fu spietato: un freddo pungente, sotto i dieci gradi, aveva ghiacciato ogni cosa, e di notte il termometro scendeva ancora più in basso, come se la natura stessa volesse mettere alla prova la resistenza degli uomini.

“Luca, copriti bene! Metti il maglione di lana che ti ho fatto io,” raccomandò Elisabetta al marito mentre lo accompagnava alla porta per andare al lavoro.

Nonostante il gelo, la fattoria non poteva aspettare. Le mucche, affamate e impazienti, avevano bisogno di cure. Luca, ormai vicino alla pensione, si preparava come sempre alla sua giornata. Elisabetta rimase a casa—aspettava la figlia con il nipotino, ma quella chiamò dalla città:

“Mamma, con questo freddo non rischiamo di venire. Arriveremo il weekend prossimo.”

“Hai ragione, tesoro. E se l’autobus si fermasse con questo tempo? Stai attenta e proteggi il piccolo,” rispose Elisabetta, nascondendo la preoccupazione.

Appoggiò il telefono e si fermò, lasciandosi avvolgere dai ricordi. Le tornò alla mente quell’inverno, quasi un secolo fa, quando lei, giovane Elisa, e l’amica Sofia erano partite per un paesino di montagna dove viveva la nonna di Sofia. Anche allora il freddo mordeva, meno venti gradi, ma la gioventù dava coraggio.

“Elisa, vieni con me dalla nonna!” la supplicava Sofia. “Vacanze invernali, da sola mi annoio, e tu potrai vedere il mio paese. Certo, dalla fermata dobbiamo fare un pezzo a piedi, ma ce la faremo!”

Avevano sedici anni. Elisa convinse la madre e si preparò per il viaggio. Vestiti pesanti, spirito indomito—il gelo non le spaventava. L’autobus le portò fino al paese più grande, ma il conducente si rifiutò di proseguire:

“Basta, siamo arrivati! La strada è bloccata, neanche un trattore passa. Non rischio di rimanere fermo!” borbottò, ignorando le proteste dei passeggeri.

Elisa e Sofia scesero come tutti gli altri.

“Elisa, al villaggio mancano ancora dodici chilometri,” sospirò Sofia. “Non possiamo camminare con questo freddo. Andiamo da zia Lucia, la sorella di mia madre. Dormiamo lì e domani decidiamo.”

Fu così che fecero. Zia Lucia le rifocillò con una minestra calda, offrì loro tè al miele e le sistemò in una stanzetta. Il mattino dopo, un vicino, lo zio Franco, accettò di portarle al villaggio con la slitta. Zia Lucia aveva già parlato con lui la sera prima.

“Franco, accompagna le ragazze, devono andare dalla nonna.”

“E come potrei rifiutarmi?” rispose lui con bonarietà. “Le porterò in un baleno!”

Elisa e Sofia salirono sulla slitta.

“Su, ragazze, copritevi bene con la coperta, altrimenti congelate!” Franco sistemò con cura la pesante coperta e diede un colpetto al cavallo.

La slitta scivolò sulla strada innevata. Dopo il paese si stendeva un bosco di pini, e poi la pianura infinita, avvolta in un manto bianco. La strada era irregolare, in alcuni punti era tutta ghiaccio, ma il cavallo procedeva sicuro.

“Zio Franco, quanti anni hai?” chiese Sofia per rompere il silenzio.

“Settantacinque,” sorrise lui. “Ma sono ancora in forma! D’estate lavoro come pastore. La pianura è uno spettacolo, tutto fiorisce, profuma. Venite d’estate e lo vedrete con i vostri occhi!”

**Il narratore dall’anima**

Zio Franco era amato in paese. Buono, aperto, sapeva raccontare storie che facevano dimenticare il freddo e la lunga strada. Mentre viaggiavano, chiacchierarono di piccole cose, ma all’improvviso Franco, strizzando gli occhi, disse:

“Su questa strada, ragazze, portai a casa mia Anna. Tanto tempo fa, cinquanta anni or sono. La rubai, si potrebbe dire…”

“La rubaste?!” esclamò Sofia. “Raccontateci, zio Franco!”

“La nonna Anna che ci ha salutato prima?” aggiunse Elisa.

“Lei, la mia Annina,” annuì lui, e i suoi occhi si illuminarono. “Allora era una ragazza, giovane come voi.”

Elisa e Sofia tacquero, per non perdere una parola.

“Fu tanto tempo fa,” iniziò Franco. “Andai in quel villaggio dove vi sto portando. Mio padre mi aveva mandato per affari dallo zio Matteo. Avevo venticinque anni, non sposato, cercavo una ragazza che mi accendesse il cuore. Nel mio paese non l’avevo trovata.”

Arrivato dallo zio Matteo, trovò il figlio, Enzo, coetaneo di Franco.

“Ciao, Franco!” lo salutò Enzo. “Babbo è nella stalla, torna presto. Stasera andiamo al circolo, le ragazze del posto sono splendide!”

Al circolo, la musica risuonava. Le ragazze ballavano, invitavano Franco a unirsi a loro, ma lui, dopo un po’, notò lei—quella che era appena entrata. Minuta, con una lunga treccia bionda, stivali bianchi e un giubbotto elegante, si toglieva il foulard e le guance avevano il rossore del freddo.

“Enzo, chi è?” chiese Franco senza distogliere lo sguardo.

“Anna, figlia dello zio Gregorio, il vicino. Buona ragazza, ma suo padre è una bestia. Nessuno vuole averci a che fare,” rispose Enzo.

Franco non perse tempo—andò da Anna. Ballarono tutta la sera, risero, parlarono. Anna era solare, spontanea. Poi, con Enzo, la accompagnarono a casa. Enzo se ne andò, lasciandoli soli davanti al portone.

Da quella sera, Franco tornò spesso al villaggio. Anna gli accendeva il sangue, non gli dava pace. Ma un giorno, parlando di matrimonio, la vide piangere:

“Mio padre non mi lascerà andare in un altro paese. Dice che è troppo presto, e che c’è già un pretendente del posto. Mi ha proibito di vederti.”

“No, Anna, tu sei mia,” disse Franco con fermezza. “Aspettami, verrò a prenderti.”

**L’inseguimento nella notte**

Franco tacque, guardando la pianura innevata, come se rivivesse quei giorni. Sofia lo incalzò impaziente:

“E poi, zio Franco?”

“Poi venne il rifiuto,” sospirò. “Il padre di Anna, Gregorio, mi allontanò. Disse che sua figlia non sarebbe andata da nessuna parte, che avrebbe sposato un uomo del posto. Ma io sapevo: Anna mi amava. Senza di lei, non c’era vita per me.”

Franco tornò da Enzo, gli chiese di dire ad Anna che sarebbe tornato per lei tra tre giorni. Nella notte stabilita, nell’oscurità, l’aspettò fuori dal villaggio. Anna sgattaiolò fuori di casa con un fagottino, saltò sulla slitta, tremante di paura.

“Ho paura che mio padre ci insegua,” sussurrò.

Franco spinse il cavallo, ma dietro di loro si sentirono degli zoccoli. L’inseguimento. Avrebbe potuto fuggire, portare Anna via e sposarsi. Ma si vergognò di scappare dal futuro suocero.

“Anna, non ti darò a nessuno,” disse, fermando la slitta. “Non è da uomo scappare da tuo padre.”

Gregorio, rosso di rabbia, raggiunse la slitta. Colpì Franco con la frusta, ma lui non siFranco lo guardò dritto negli occhi e disse: “Preferirei morire piuttosto che lasciarla andare”, e quella determinazione finalmente spezzò la resistenza di Gregorio.

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