**Il Cuore Rubato**
Quell’inverno nelle campagne piemontesi fu spietato: quaranta gradi sotto zero ghiacciarono ogni cosa, e di notte il termometro scendeva ancora più in basso, come se la natura stessa volesse mettere alla prova la resistenza degli uomini.
«Giovanni, copriti bene! Indossa il maglione, quello di lana che ti ho fatto io», raccomandò Caterina al marito mentre lo accompagnava alla porta prima del lavoro.
Nonostante il gelo, le faccende della fattoria non potevano aspettare. Le mucche, affamate e impazienti, avevano bisogno di cure. Giovanni, ormai avanti con gli anni e vicino alla pensione, si preparava come sempre. Caterina, invece, rimase a casa, in attesa della figlia e del nipote. Ma quella mattina ricevette una telefonata:
«Mamma, finché non smette di fare così freddo, non rischiamo di venire. Arriveremo il weekend prossimo».
«Hai ragione, cara. E se l’autobus si rompesse con questo freddo? Stai attenta e proteggi il piccolo», rispose Caterina, cercando di nascondere la preoccupazione.
Appoggiò il telefono e si perse nei ricordi. Davanti ai suoi occhi riemerse l’inverno di quasi cinquant’anni prima, quando lei, Caterina ancora giovane, e la sua amica Veronica erano partite per un paesino isolato dove viveva la nonna di Veronica. Anche allora il freddo era pungente, trentacinque gradi sotto, ma la gioventù le rendeva tutto più facile.
«Caterina, vieni con me dalla nonna!», la implorava Veronica. «Sono le vacanze di Natale, sola mi annoio, e tu potrai conoscere il mio paese. Dovremo fare un pezzo a piedi, ma ce la faremo!»
Avevano entrambe sedici anni. Caterina convinse la madre e si preparò per il viaggio. Vestiti pesanti e tanto entusiasmo: il gelo non le spaventava. L’autobus le portò fino a un paese più grande, ma il conducente si rifiutò di proseguire:
«Siamo arrivati! La strada è bloccata dalla neve, nemmeno un trattore passa. Non rischio di rimanere fermo!» borbottò, ignorando le proteste dei passeggeri.
Caterina e Veronica scesero, come tutti gli altri.
«Caterina, al paesino mancano ancora dodici chilometri,» sospirò Veronica. «Con questo tempo, è impossibile. Andiamo da zia Luisa, la sorella di mia madre. Dormiamo lì e domani decidiamo. Me l’ha suggerito la mamma, per sicurezza.»
Così fecero. Zia Luisa le nutrì con una minestra calda, offrì loro tè al miele e le sistemò in una stanzetta. La mattina dopo, un vicino, zio Federico, si offrì di portarle al paesino con la slitta. Zia Luisa aveva già organizzato tutto la sera prima:
«Federico, prendi queste ragazze, devono raggiungere la nonna.»
«Come potrei rifiutarmi?» rispose lui con un sorriso. «Le porterò in un battibaleno!»
Caterina e Veronica salirono sulla slitta.
«Ragazze, copritevi bene con questo mantello, altrimenti congelate!» Federico sistemò con cura la pesante pelliccia e diede uno strattone alle redini.
La slitta scivolò sulla strada innevata. Dopo il paese si stendevano i boschi di pino, e oltre, la pianura infinita, coperta da un manto bianco. La strada era dissestata, in alcuni punti quasi cancellata dalla neve, ma il cavallo procedeva sicuro.
«Zio Federico, quanti anni ha?» chiese Veronica, per rompere il silenzio.
«Settantacinque, quasi,» sorrise. «Ma sono ancora in gamba! D’estate porto le pecore al pascolo, faccio il pastore. La pianura è uno spettacolo: tutto fiorisce, profuma. Venite d’estate e lo vedrete!»
### **La storia di zio Federico**
Zio Federico era amato da tutti nel paese. Buono, sincero, sapeva raccontare le storie in modo da far dimenticare il freddo e la strada lunga. Mentre viaggiavano, chiacchierarono di cose semplici, ma all’improvviso, strizzando gli occhi, Federico disse:
«Su questa strada, ragazze, ho portato via la mia Anna. Tanti anni fa, cinquant’anni, direi… l’ho quasi rubata.»
«Rubata?!» esclamò Veronica. «Ce la racconti, zio Federico?»
«Quella signora che ci ha salutate prima…?» aggiunse Caterina.
«Lei, la mia Annina,» annuì lui, e i suoi occhi si illuminarono. «All’epoca era una ragazzina, giovane come voi.»
Caterina e Veronica tacquero, per non perdere una parola.
«Era tanto tempo fa,» cominciò Federico. «Andai in quel paesino dove vi sto portando. Mio padre mi aveva mandato da suo fratello, zio Matteo. Avevo venticinque anni, non sposato, sempre alla ricerca di una ragazza che mi facesse battere il cuore. Nel mio paese non l’avevo trovata.»
Arrivato da zio Matteo, Federico incontrò suo figlio, Cosimo, della sua stessa età.
«Ciao, Fredi!» lo salutò. «Papà è nella stalla, tornerà presto. Stasera andiamo al circolo, abbiamo delle ragazze splendide!»
Al circolo, la musica risuonava. Le ragazze danzavano, chiamavano Federico per unirsi a loro, ma lui, dopo qualche passo, la vide: quella che stava appena entrando. Bassa di statura, con una lunga treccia bionda, stivaletti bianchi e un mantello ben curato, si toglieva il fazzoletto e le guance erano rosse per il freddo.
«Cosimo, chi è quella?» chiese Federico, senza staccarle gli occhi di dosso.
«Anna, la figlia di zio Gregorio, il vicino. Dolce, ma suo padre è una belva. Nessuno osa contraddirlo,» rispose Cosimo.
Federico non perse tempo: si avvicinò ad Anna. Ballarono tutta la sera, risero, parlarono. Anna era allegra, sincera. All’uscita, Cosimo le fece compagnia per un po’, poi le lasciò sole davanti al portone.
Da quella sera, Federico tornò spesso al paesino. Anna gli faceva battere il cuore, non gli dava pace. Ma un giorno, parlando di matrimonio, la vide piangere:
«Mio padre non mi lascerà andare in un altro paese. Dice che è troppo presto, e che c’è già un pretendente del posto. Mi ha proibito di vederti.»
«No, Anna, tu sei mia,» rispose deciso Federico. «Aspettami, verrò a prenderti.»
### **L’inseguimento nella notte**
Federico tacque, guardando la pianura innevata, come se rivivesse quei momenti. Veronica lo incalzò impaziente:
«E poi, zio Federico?»
«Poi mi rifiutò,» sospirò. «Il padre di Anna, Gregorio, mi sbatté la porta in faccia. Disse che sua figlia non sarebbe andata da nessuna parte, che avrebbe sposato un ragazzo del posto. Ma io sapevo che Anna mi amava. Senza di lei, non avrei potuto vivere.»
Federico tornò da Cosimo, pregandolo di avvertire Anna: tra tre giorni sarebbe tornato per lei. Nella notte stabilita, nell’oscurità, l’aspettò fuori dal paese. Anna uscì di casa con un fagotto, saltò sulla slitta, tremante di paura.
«Ho paura che mio padre ci insegua», sussurrò.
Federico spinse il cavallo al galoppo, ma alle spalle sentì rumore di zoccoli. L’inseguimentoFederico frenò la slitta, si voltò verso Gregorio, e con voce ferma disse: «Se mi ucciderai, Anna non mi dimenticherà mai, e tu porterai il peso del suo dolore per sempre.»