Cuore spezzato dalla speranza: il viaggio verso una nuova felicità

**Cuore spezzato dalla speranza: un viaggio verso la nuova felicità**

«Giulia, tra noi è finita!» disse freddamente Matteo. «Voglio una vera famiglia, dei figli. Tu non puoi darmeli. Ho chiesto il divorzio! Hai tre giorni per preparare le tue cose. Quando parti, chiamami. Io andrò da mia madre finché non preparerò l’appartamento per mio figlio e la sua nuova moglie. Sì, non stupirti, la mia nuova donna è incinta! Tre giorni, Giulia!»

Giulia restò inerme, sentendo il terreno cedere sotto i suoi piedi. Cosa poteva rispondere? Cinque anni di tentativi, tre gravidanze finite in tragedia. I medici assicuravano che era sana, ma ogni volta qualcosa andava storto. Giulia faceva una vita salutare, durante le gravidanze era ancora più prudente. L’ultima volta si era sentita male al lavoro, l’ambulanza non era arrivata in tempo…

La porta sbatté alle spalle di Matteo, e Giulia, esausta, cadde sul divano. Non aveva la forza di preparare le valigie. Dove andare? Prima del matrimonio viveva con sua zia, ma lei non c’era più, e suo figlio aveva venduto la casa. Tornare a Monteluce, nella casa della nonna? Affittare qualcosa? E il lavoro? Domande si affollavano nella sua mente, ma il tempo per riflettere era poco.

La mattina dopo, la suocera, Carla, entrò in casa senza bussare.

«Non dormi? Giusto,» disse con tono aspro. «Sono qui per assicurarmi che non prenda nulla di più del dovuto.»

«Non ho intenzione di rubare i calzini sporchi di tuo figlio,» ribatté Giulia. «Dovremo contare anche i miei vestiti?»

«Che insolente! Eppure eri così dolce, così tranquilla. Io l’avevo detto a Matteo subito, dopo la prima volta, che non saresti riuscita a portare avanti una gravidanza.»

«Se è per questo che sei qui, allora taci e controlla pure.»

«Dove pensi di portare quel caffettiera?» sbottò la suocera.

«È mia, un regalo di mia zia. Un ricordo.»

«Senza di essa qui sembrerà tutto vuoto!»

«Non è più un mio problema. Avrete un nipote, invece.»

«Prendi solo ciò che è tuo!»

«Il computer è mio, la macchina l’ho comprata prima del matrimonio. Tuo figlio ha la sua.»

«Hai tutto, ma non puoi avere un figlio!»

«Non sono tuoi affari. Se non è destino, non si può forzare.»

«Non hai rimorsi, eh? Forse l’hai fatto apposta?»

«Stai dicendo sciocchezze. Solo pensare a quei momenti mi uccide.»

Giulia guardò intorno — quasi tutto era pronto. Spazzola, trucchi, pantofole… C’era ancora qualcosa. La statuetta del gatto, un ricordo della nonna, con dentro un nascondiglio per i suoi orecchini e l’anello. Matteo la considerava un oggetto inutile. Se l’era forse sbarazzato? Controllò in terrazza.

«Cosa cercavi là?» urlò la suocera. «Prendi le tue cose e vattene!»

Il gatto era ancora lì, tutto al suo posto. Ora poteva andare.

«Ecco le chiavi. Addio. Spero di non rivederti mai più.»

Giulia passò in ufficio. Era in malattia, ma chiese un permesso.

«Ci dispiace per te,» disse il capo, «ma senza di te è difficile. Tre settimane bastano? Tieni il telefono acceso, metà dei progetti si fermano senza di te.»

«Va bene, sarà un modo per distrarmi. Grazie.»

«Serve aiuto?»

«No.»

«Ho già sistemato ferie e bonus.»

«Grazie, davvero.»

Giulia non cercò un appartamento — andò direttamente a Monteluce. La casa della nonna era vuota da tre anni. Sua madre era morta di parto, e ora nemmeno lei poteva diventare madre…

Un’ora di viaggio e arrivò. Il vecchio melo, i fiori selvatici nel giardino. L’ultima volta che erano stati lì con Matteo avevano fatto un barbecue. ParcheggSi accorse allora che la felicità non era qualcosa da inseguire, ma un seme che cresceva dentro di lei, nutrito dal coraggio di ricominciare.

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