Da allora i bambini mi chiamano ogni giorno, ma sento che non è per affetto, ma per l’eredità.

Da allora i figli mi chiamano ogni giorno, ma sento che non è per affetto, ma per l’eredità

Anna Maria Rossi era affacciata alla finestra, osservando il cortile innevato con un’aria pensierosa. Nella sua casa regnava il silenzio, rotto solo dal ticchettio lento dell’orologio a muro. In pensione da anni, la sua mente tornava spesso ai figli ormai grandi: due figlie e un maschio. Oggi era il suo compleanno. Sarebbero venuti a farle gli auguri? O almeno avrebbero chiamato? Ma, a dirla tutta, Anna Maria aveva già smesso da tempo di farsi illusioni.

“Ricordo quando, trent’anni fa, mio marito mi lasciò sola con tre bambini piccoli,” rifletteva con amarezza. “Non voleva responsabilità: stanco dei pianti, del caos e dei soldi che non bastavano mai. Avevo solo trent’anni, i più grandi avevano appena iniziato la scuola, e il piccolo portava ancora il pannolino. Dovevo sfamarli, vestirli, educarli…”

Anna Maria non si arrese. Lavorò come poteva: come donna delle pulizie, commessa, babysitter. Pur di tirare avanti. Per la vita privata, non c’era spazio. Il suo unico sogno era che i figli non mancassero di nulla, che non si sentissero inferiori agli altri.

Ora, guardando indietro, capiva forse di aver sbagliato a mettere i soldi davanti all’affetto. Ai bambini non servivano solo il pane e i vestiti, ma anche una madre accanto: con un libro da leggere, con una parola dolce.

In quei tempi duri, nessuno l’aveva sostenuta. Suo marito se n’era andato come se avesse cancellato la famiglia dalla sua vita. “Fu una sua scelta,” pensava ora senza rancore. “E non lo giudico. Ognuno segue la sua strada.”

I figli crebbero, spiccarono il volo. Ognuno prese la sua vita, si fece una famiglia. Lei rimase sola. La pensione era modesta, ma Anna Maria aveva sempre messo da parte qualcosa “per i momenti difficili” — per i figli. Risparmi per i matrimoni, per le case, per il futuro dei nipoti…

Eppure, dopo anni, si ritrovava con i suoi risparmi, con il suo bilocale in centro — e un vuoto nell’anima. Non c’era nessuno con cui scambiare due parole.

Una settimana prima, un dolore acuto al petto l’aveva costretta a chiamare l’ambulanza. Ricoverata, dopo qualche giorno i medici le avevano diagnosticato qualcosa che le aveva gelato il sangue: una malattia seria, con prognosi incerta.

Il personale sanitario chiamò i familiari. E accadde il miracolo: tutti e tre i figli arrivarono in ospedale quasi insieme.

La vicina di letto le disse, invidiosa:

“Che fortuna che ha! Figli così premurosi, non la lasciano un attimo sola…”

Anna Maria rispose con un sorriso amaro. Conosceva troppo bene i suoi figli per illudersi.

Dopo la dimissione, iniziarono le telefonate quotidiane.

“Mamma, come stai oggi?”
“Mamma, hai bisogno di qualcosa?”
“Mamma, hai già pensato a fare testamento? Così evitiamo discussioni dopo…”

Sembravano premure, ma nelle parole c’era una rigidità innaturale. Nessuna autentica preoccupazione, quella che non si può fingere. Anna Maria lo sentiva: non era affetto, né nostalgia. Era questione di soldi. Del suo bilocale in centro. Dei risparmi che aveva accumulato per loro tutta la vita.

Il cuore le si spezzava: era davvero ridotta a questo?

In quei giorni, Anna Maria rifletteva più che mai. Guardava le finestre buie dei palazzi vicini e capiva che la sua vecchiaia non era come l’aveva sognata. Immaginava serate davanti al caminetto, a leggere favole ai nipoti, i figli riuniti per le feste… Invece, c’era solo il vuoto e telefonate programmate, cariche di avidità nascosta.

Cominciava a chiedersi: ne valeva la pena lasciare tutto a loro, dopo aver sacrificato la sua vita?

Un’idea le affiorò, tanto crudele da farle quasi paura: donare i suoi risparmi in beneficenza. E magari lasciare la casa alla vicina, la signora Elena — quella che da anni le portava la spesa, le puliva la polvere, le chiedeva “Come va, Anna?” senza secondi fini.

Non aveva ancora deciso. Ma nel suo cuore cresceva la consapevolezza: l’amore non si compra con regali, case o conti in banca. L’amore c’è, o non c’è.

E la vita è una sola. E la vecchiaia pure.

E se doveva passarla in solitudine, almeno voleva che le sue ultime scelte fossero sincere — non dettate da un dovere verso chi l’aveva dimenticata quando aveva più bisogno del loro calore.

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