Da dove proviene questa foto? – Ivan impallidisce alla vista della fotografia del padre scomparso…

— Da dove hai questa foto? — sussurrò Giovanni, impallidendo di colpo davanti all’immagine di suo padre scomparso.

Quel giorno, tornando dal lavoro, Giovanni trovò sua madre Anna intenta a innaffiare i gerani sul balcone. Chinata sulle fioriere, accarezzava con cura le foglie verdi. Il sole della sera le illuminava il viso, regalandole un’aria di pace rara.

— Mamma, sempre in movimento come un’ape — disse Giovanni, abbandonando la giacca sul divano prima di abbracciarla alle spalle. — Ancora in piedi tutto il giorno?

— Questa non è fatica, tesoro — rispose lei con un sorriso dolce. — È la gioia che mi riempie il cuore. Guarda come fioriscono… sembra di stare in un giardino, non su un terrazzo.

La sua risata, sommessa e piena di affetto, riempì l’aria. Giovanni respirò a fondo il profumo dei fiori, e per un attimo rivide la piccola casa di periferia dove erano cresciuti. Allora, il loro “giardino” era un unico vaso di aloe, con le foglie che cadevano al minimo sospiro.

Molto era cambiato da quei giorni. Ora Anna passava le estate nella casetta di campagna che Giovanni le aveva regalato per il suo sessantesimo compleanno. Un posto semplice, ma con un orto grande abbastanza per coltivare ogni sorta di piante. In primavera seminava, d’estate curava i pomodori, in autunno preparava conserve. E d’inverno aspettava paziente che tutto ricominciasse.

Ma Giovanni sapeva che, dietro i suoi sorrisi, negli occhi di sua madre si nascondeva una tristezza antica. Quella che non sarebbe mai sparita finché non avesse avuto una risposta sull’uomo che aveva atteso per una vita.

Suo padre. Se n’era andato una mattina qualunque, diretto al lavoro, e non era più tornato. Giovanni aveva solo cinque anni. La madre gli aveva raccontato che, prima di uscire, l’aveva baciata sulla tempia, aveva strizzato l’occhio al figlio e sussurrato: “Fai il bravo”. Senza sapere che non sarebbe tornato.

Dopo, erano arrivate le denunce ai carabinieri, le ricerche. Parenti e vicini bisbigliavano: “Forse se n’è andato con un’altra”, “Chissà se gli è successo qualcosa”. Solo sua madre ripeteva sempre la stessa cosa: “Non ci avrebbe mai lasciati così. Se non torna, è perché non può”.

Quel pensiero aveva accompagnato Giovanni per oltre trent’anni. Era certo: suo padre non li aveva abbandonati. Semplicemente non avrebbe potuto.

Dopo il liceo, Giovanni si era iscritto a ingegneria, anche se nel cuore sognava di scrivere. Ma sapeva di doversi costruire una vita solida. Sua madre faceva il turno di notte come infermiera, senza mai lamentarsi. Anche quando le gambe le dolevano e gli occhi le bruciavano dalla stanchezza, diceva soltanto: “Tutto andrà bene, Gio’. Studia, che è la cosa più importante.”

E lui studiava. Di notte, però, cercava nei database dei dispersi, controllava vecchi archivi, scriveva su forum. La speranza non moriva mai, anzi, diventava una parte di lui. Era cresciuto forte, sapendo che, in assenza di suo padre, doveva essere la roccia di sua madre.

Quando trovò il primo lavoro dignitoso, saldò tutti i debiti, aprì un conto deposito e comprò quella casa in campagna. Poi le disse: “Basta, mamma. Adesso riposati.”

Lei aveva pianto, senza trattenersi. E lui l’aveva stretta a sé, dicendole: “Te lo meriti. Grazie per tutto.”

Ora Giovanni sognava una famiglia sua. Una casa che profumasse di sugo e pane appena sfornato, dove la domenica si riunissero i suoi cari, tra risate e chiacchiere. Ma per ora lavorava sodo, mettendo da parte i soldi per aprire un’attività propria. Le mani gli erano sempre state abili, capace di sistemare qualsiasi cosa.

Ma nel cuore ardeva un unico desiderio: trovare suo padre. Vederlo un giorno varcare quella porta e dire: “Scusami, non potevo tornare prima.”

E loro avrebbero capito. Perdonato. Abbracciato. E tutto, finalmente, sarebbe stato come doveva essere.

A volte Giovanni ripensava alla sua voce. A quando lo prendeva in braccio e diceva: “Allora, campione, voliamo?” — lanciandolo verso il cielo per poi riprenderlo al volo.

Quella notte sognò di nuovo suo padre. Stavolta lo vide in riva a un fiume, avvolto in un cappotto logoro, mentre lo chiamava. Il viso era sfocato, ma gli occhi… erano i suoi. Grigi, profondi. Gli stessi che ricordava.

Il lavoro di Giovanni era stabile, ma uno stipendio fisso non bastava per i suoi progetti. Così, la sera, si guadagnava qualcosa in più riparando computer, installando reti. In una serata riusciva a fare due, a volte tre chiamate: stampanti che non funzionavano, router da configurare, programmi da aggiornare. La gente lo apprezzava, soprattutto gli anziani, per la pazienza e la chiarezza.

Quel giorno, un conoscente gli passò il contatto di una famiglia benestante: una villa nel quartiere esclusivo fuori Milano, recintata e sorvegliata. Serviva un tecnico per sistemare la rete domestica.

— Venga dopo le sei. La signora sarà in casa — gli dissero.

Giovanni arrivò puntuale. Superato il cancello, si fermò davanti a una villa bianca con colonne e vetrate immense. Ad aprirgli una ragazza sui venticinque, bella, sottile, vestita con eleganza.

— Lei è il tecnico? Prego, venga. Tutto è nello studio di mio padre. Lui è in viaggio, ma vuole che il sistema sia pronto stasera.

La seguì attraverso un corridoio luminoso. L’aria profumava di legno pregiato e fiori. Il salone era immacolato: un pianoforte a coda, quadri alle pareti, fotografie in cornici d’argento. Lo studio era austero, dominato da una scrivania di mogano e una lampada verde.

Giovanni annuì, tirò fuori gli attrezzi e si mise all’opera. Tutto procedeva normalmente, finché il suo sguardo non cadde su una foto appesa alla parete. Una coppia giovane. Lei in abito bianco, con fiori tra i capelli. Lui in un completo grigio, sorridente.

E anche se il tempo aveva scolpito diversamente quel viso, il pensiero gli attraversò la mente come un fulmine: *È lui.*

Si avvicinò, il cuore in gola. Gli occhi grigi, la fossetta sul mento quando sorrideva. Non c’era dubbio.

— Scusi… chi sono queste persone? — chiese, la voce strozzata.

La ragazza lo fissò, incuriosita. — Mio padre e mia madre. Lo conosce?

Giovanni non sapeva cosa dire. Fissava la foto come se fosse un fantasma. Poi riuscì a borbottare: — Forse… sì. Potrebbe raccontarmi come si sono conosciuti? Scusi, è strano, ma per me è importante.

La ragazza esitò, ma rispose: — Mio padre ha avuto una vita particolare. Era un ingegnere, un uomo semplice. Incontrò mia madre in vacanza, se ne innamorò…

Poi, notando il suo pallore, aggiunse: — Sta bene? Vuole un bicchiere d’acqua?

Giovanni annuì. Mentre lei usciva, lui fece l’impensabile. Apriò l’esplora risorse e cercò.

Una cartella, “Personale”, protetta da password.Inserì la data del suo compleanno e, con un nodo in gola, lesse la verità che avrebbe cambiato per sempre il suo silenzio.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

18 + 13 =

Da dove proviene questa foto? – Ivan impallidisce alla vista della fotografia del padre scomparso…