**Dal tradimento alla felicità: una storia che nessuno avrebbe creduto se non l’avesse vista con i propri occhi**
Matteo era fermo in una stradina nel centro di Bologna, davanti a lui una donna in lacrime, confusa e sfinita. Lo guardava con occhi freddi e distaccati, mentre nella sua mente rimbalzava un unico pensiero: “Quanto mi sei venuta a noia, Carlotta. Lasciami stare.”
Da mesi cercava di evitarla. Prima in silenzio, poi sempre più apertamente. Ma Carlotta sembrava vivere in un mondo tutto suo. Lo seguiva ovunque: sotto casa, all’ufficio di suo padre, all’università. Il giorno prima si era presentata alla fattoria dove lui faceva pratica, supplicandolo di tornare. E adesso, di nuovo in ginocchio:
— Matteo, ti amo, capisci? Farei qualsiasi cosa per te! Lei non è quella giusta per te, lo sai anche tu!
Lui si scostò di scatto, strinse i pugni e sibilò tra i denti:
— Svegliati. Non ti amo. Non ti ho mai amata. Ho chiesto a Sofia di sposarmi e fra una settimana ci sposeremo. Basta rovinarmi la vita.
— E quella sera a Rimini? E la notte a casa di Lucia per il suo compleanno? Mi avevi giurato che non mi avresti lasciata!
— Ero ubriaco. E si sa cosa dicono gli ubriachi… — non fece in tempo a finire che Carlotta gli si avvinghiò, cercando di baciarlo. Matteo la respinse con forza, facendola barcollare.
— Non provarci più. Non voglio che tu crei problemi tra me e Sofia. Tra noi è finita. Per sempre. Al massimo, posso offrirti amicizia. Se ti va bene, bene. Altrimenti, addio.
— E se ti comprassi una macchina? Un fuoristrada, come hai sempre sognato? Tuo padre non te l’ha mai regalato…
— Non voglio una macchina da te. E non la vorrò mai. Addio.
Si voltò e se ne andò. Nella testa pulsava la rabbia, nel petto un peso sgradevole. Credeva di essersi liberato di un fardello, ma in realtà tutto stava appena iniziando.
A casa, suo padre — Edoardo — capì subito che qualcosa non andava.
— Che succede, Matteo? Sei strano oggi.
— Tutto bene, papà. Io e Sofia stiamo bene, il matrimonio è in programma.
— Bene. Molto bene. Sono felice che tu sia finalmente diventato un uomo, che abbia scelto la ragazza giusta. Mi fai orgoglioso, figlio mio.
Ed era vero. Matteo era cambiato. Da anima della movida si era trasformato in un giovane interessato all’azienda di famiglia. Andava persino in ufficio, imparava da suo padre, si occupava degli affari. Edoardo era contento. Ma anche preoccupato: e se tutto fosse tornato come prima? E se fosse riemerso il vecchio Matteo?
Il matrimonio doveva celebrarsi tra sei giorni, quando all’improvviso il padre della sposa irruppe in casa loro furibondo.
— Non puoi sposare mia figlia! — urlò, scagliando una chiavetta USB sul tavolo. — Guardate questo video e capirete tutto!
Edoardo inserì la chiavetta e il suo volto divenne pallido.
Nello schermo, Matteo in un club di strip-tease, ubriaco, sfrenato, che versava champagne e si abbracciava con donne seminude. La data sul video? “Ieri”. Ma Matteo riconobbe quella serata: era di un anno prima, prima di Sofia, prima di tutto.
— È un falso! — esclamò. — È un vecchio video! Qualcuno ha cambiato la data…
— Zitto, — lo interruppe il padre. — Mi hai umiliato. Vattene. Non sei più mio figlio.
Matteo non replicò. Uscì semplicemente. Tentò di prendere la macchina, ma le guardie glielo impedirono. Gli avevano confiscato le chiavi. La casa non era più sua. Tutto ciò che possedeva era svanito in un istante.
Andò dal suo migliore amico. Luca. L’unico di cui si fidava.
Ma quando aprì la porta… Luca e Sofia erano nell’ingresso, in accappatoi. Sguardi colpevoli, ma senza rimorso.
— Davvero pensavi che ti aspettasse? — disse Sofia. — Non ho intenzione di umiliarmi. Io e Luca stiamo insieme da tempo. Tu eri solo comodo.
Matteo uscì. Il mondo gli girava davanti agli occhi. La fiducia, morta. L’amore, una menzogna. Gli amici, traditori.
Camminò lungo la strada. Pensò che se avesse fatto un passo in avanti, tutto sarebbe diventato più silenzioso. Calmo. Senza dolore.
Lo stridio di freni. Un urlo.
— Ma sei impazzito?! Vuoi morire?!
Un uomo sulla sessantina balzò fuori dalla macchina, afferrandolo per un braccio.
— Vieni, ragazzo. Vieni con me. Mi racconterai tutto.
Matteo non si oppose. Si limitò a salire in auto.
La casa in cui arrivarono era in un piccolo borgo nella campagna toscana. Una casetta modesta con un giardino.
— È piccola, — disse il vecchio. — Ma qui nessuno ti disturberà.
Una ragazza in sedia a rotelle li accolse sulla soglia.
— Giulia, questo è Matteo. Con quelli come lui bisogna andarci piano. Sta passando un brutto periodo.
— Brutto periodo? — rise Giulia. — Lui è vivo, sano e bello. Io invece sono disabile. Eppure vivo, studio, rido pure.
Per la prima volta dopo giorni, Matteo sorrise. Lei era… diversa. Non si lamentava, non ostentava finto coraggio. Viveva, e basta. Splendeva.
Rimase. Vittorio, il padrone di casa, gli propose:
— Se vuoi, resta. Ma lavorerai. Abbiamo una fattoria, servono braccia.
Matteo accettò. Lavorò duramente, senza lamentarsi. E rise, finalmente, di cuore. Con Giulia nacque un’amicizia, poi qualcosa di più. La guardava diversamente: non come una donna in carrozzina, ma come una luce nella sua oscurità.
— Giulia… credo di essermi innamorato, — le sussurrò un giorno.
— Non “credi”. Lo sei già fino al collo, — rise lei.
Le chiese di sposarlo. Lei accettò. Si sposarono, ebbero una figlia. E in quel momento Matteo capì: aveva trovato qualcosa che non aveva mai osato sognare. La vera felicità.
Un giorno, in fattoria arrivò un investitore. Vittorio chiamò Matteo:
— Conosciamolo, questo potenziale socio.
L’uomo si voltò… e rimase senza parole.
— Ciao, padre.
Edoardo tacque. Poi si avvicinò.
— Sei cambiato. Marito, padre. Sono orgoglioso di te. Perdonami.
Si abbracciarono.
Ora Matteo sapeva: tutto ciò che si è rotto può essere riparato. Tutto ciò che si è perso può essere ritrovato. Ma per farlo bisogna passare attraverso tradimenti, dolore e solitudine. E poi, ricostruirsi passo dopo passo. Con amore, con fede. E con chi, davvero, ti sta accanto.