Deciderai di restare mantenuta per sempre? – Come la suocera ha fatto piangere la nuora

«Hai deciso di diventare una mantenuta per sempre?» — così la suocera ha fatto piangere la nuora

A volte la verità degli altri può trasformarsi nel coltello più affilato, che ti trafigge proprio quando sei a un passo dalla serenità. È successo alla mia amica Beatrice, che aveva deciso di lasciare un lavoro odiato, sperando di vivere un po’ per sé stessa. Invece di trovare il sostegno della famiglia del marito, si è sentita giudicata, rimproverata e additata come una pigrona, un’etichetta che le si è attaccata come la colla.

Beatrice lavorava alla reception di un ambulatorio locale. Uno stipendio misero, i pazienti che urlavano, la mancanza d’aria e di sole — tornava a casa sfiancata, come se l’avessero schiacciata con un rullo compressore. Suo marito, Alessandro, da tempo le diceva che non sopportava vederla così. Lui occupava una buona posizione in un’azienda di logistica a Milano e manteneva la casa, i mutui e le vacanze.

Quando Beatrice si licenziò, Alessandro la strinse tra le braccia e le disse: «Ho bisogno di te viva e felice, non sull’orlo del collasso». Decisero insieme che si sarebbe presa una pausa, avrebbe riflettuto su cosa voleva dalla vita e poi, forse, avrebbe trovato qualcosa che le piacesse. Nessuno aveva intenzione di starsene in pigiama davanti alla tv per anni. Voleva solo riprendere fiato.

Ma quest’idillio fu spezzato dall’arrivo della suocera. Valeria, una donna dalla voce stentorea e da un acuto senso di giustizia, scoprì che la nuora «se ne stava a casa» e scatenò un putiferio appena varcata la soglia.

— Hai deciso di diventare una mantenuta per sempre? — le sibilò al primo incontro. — Mio figlio ti mantiene, ti dà tutto, e tu non riesci neanche a fare la babysitter al nido? O la cassiera? Vuoi passare la vita a essere un peso?

Quella sera, Beatrice scoppiò in lacrime. Alessandro cercò di consolarla, le carezzò i capelli, le assicurò che andava tutto bene. Ma… non disse nulla a sua madre. Non si schierò con la moglie. E lei, invece, aspettava. Quel silenzio le fece più male di qualsiasi parola.

Valeria non mollò. Due giorni dopo, chiamò un’amica che lavorava in una catena di supermercati e cercò di far assumere Beatrice come cassiera — senza dirglielo. Poi le inviò l’indirizzo e la data del colloquio. E quando Beatrice le chiese perché si fosse presa tanta libertà, lei sbuffò: — Basta poltrire. La casa non è un lavoro.

Beatrice provò a spiegare che non se ne stava oziosa — si occupava della casa, cercava offerte di lavoro, ma non voleva precipitare di nuovo in una routine che la uccideva. Ma la suocera non voleva sentire ragioni. Per lei, una donna senza stipendio è una parassita.

E in molti la pensano così. Dicono: — La suocera ha ragione. — Perché Beatrice ha davvero lasciato il lavoro senza averne un altro. Il marito sostiene tutto da solo. Lei non ha un soldo da parte. Se succede qualcosa, si ritroverà con le pezze al sedere.

Ma la domanda è: perché una donna estranea — anche se è la madre di suo marito — dovrebbe intromettersi in una famiglia che non le ha chiesto nulla? Dove il marito è contento, i figli felici, e la scelta è stata fatta insieme?

Perché Alessandro tace? Perché non dice chiaramente: — Mamma, basta. Questa è la nostra casa, e a noi va bene così?

Beatrice ha cominciato a chiedersi: forse ha sbagliato a lasciare il lavoro? Avrebbe dovuto sopportare, pur di non sentire quelle parole? O è diventata solo un bersaglio facile per una suocera che cerca di affermarsi, visto che nessuno la mette al suo posto?

Ma la verità è che una donna non deve dimostrare il suo valore. Né con un anello al dito, né con la busta paga. L’importante è che la sua scelta sia rispettata da chi le sta accanto. E che l’uomo che ama sappia essere non solo una spalla su cui piangere, ma anche una voce che la difende.

Perché a volte il silenzio è peggio di qualsiasi urlo.

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