Decidi, o sei con lei, o sei con noi

**Diario Personale**

Dopo il lavoro, Natalia si fermò al supermercato vicino a casa. Era già alla cassa quando vide zia Francesca, un’amica di sua madre con cui aveva lavorato anni prima. Natalia, educata come sempre, salutò e attese vicino all’uscita.

«Buongiorno, zia Francesca, da quanto tempo!» disse sorridendo.

«Cara Natalia, sono stata malata, non uscivo di casa. Camminiamo insieme? Devo dirti una cosa.»

Un brivido le corse lungo la schiena. Matteo, sedici anni, era un’età complicata, e la piccola Giulia, tredici, iniziava già a interessarsi ai ragazzi. Cosa poteva essere successo? Il sacchetto della spesa le pesava tra le mani, le maniglie le segnavano i palmi. Aveva voglia di evitare la conversazione, ma zia Francesca si avvicinò, abbassando la voce.

«Non pensare male, non sono una pettegola. Ma ti voglio bene, ti ho vista crescere. Tua marito, Luca… va spesso nella casa di fronte alla mia. C’è una giovane donna. Quando lui arriva, tira subito le tende.»

Natalia sentì il sangue gelarsi, poi ribollire. Mai avrebbe immaginato una cosa del genere. Non da Luca, di tutti.

«Ho voluto avvisarti. Hai due figli, Natalia. E se tra loro fosse qualcosa di serio? Parlagli, prima che sia troppo tardi.»

«Grazie, zia…» Natalia si allontanò in fretta, ansimando per la camminata veloce, le dita tremanti mentre cercava di infilare la chiave nella serratura. Entrò, crollò sullo sgabello accanto all’ingresso, il sacchetto cadde a terra, i prodotti rotolarono. Non ci fece caso, paralizzata dalla notizia. Giulia accorse dal rumore.

«Mamma, sei pallida! Stai bene?»

«Vai in camera, lasciami sola un attimo.» La voce le uscì tagliente.

«Bene che Luca non c’è,» pensò, «così ho tempo di calmarmi.»

Andò in cucina, bevve un sorso d’acqua, ma le mani non smettevano di tremare. Preparò la cena, ma continuava a guardare dalla finestra, cercando la casa di zia Francesca e quella di fronte.

Lo scatto della serratura la fece sobbalzare.

«Che buon profumo!» esclamò Luca, allegro, entrando.

«Lavati le mani, è pronto,» rispose, la voce tesa come una corda di violino.

«Cosa c’è che non va?»

«Ho visto zia Francesca. Mi ha detto che… ha visto te. Nella casa di fronte.»

Luca sbuffò. «Quella vecchia pettegola!» Ma i suoi occhi tradirono la verità.

«Altri l’hanno visto, Luca! E i figli? Non posso perdonarti. Decidi: o sei lì con lei, o qui con noi.»

«Natalia…» Tentò di toccarle le spalle, ma lei lo respinse.

«Non mi toccare!»

«Mamma, papà, perché urlate?» Matteo era in piedi sulla soglia.

L’atmosfera rimase gelida per giorni. Natalia sperava che Luca si pentisse, che tornasse da loro. Ma una sera, mentre i ragazzi erano fuori, lui tirò un respiro profondo.

«Non posso più continuare così. Devo dirti tutto.»

Le confidò che quella donna aveva perso i genitori in un incidente, poi la nonna. Si era trasferita nell’appartamento di famiglia, e lui l’aveva aiutata. Poi, per pietà, era successo l’irreparabile.

«Non l’ho più vista dopo il nostro litigio. Ma… è incinta.»

Natalia si aggrappò alla sedia.

«E io e i ragazzi? Ci abbandoni?»

«Sono grandi, capiranno.»

«Stai caricando loro la tua colpa? Vattene, adesso!»

Luca lasciò casa quella sera.

Passarono mesi. Natalia visse come in trance, fino a quando una sera bussarono alla porta. Era Luca, stravolto, gli occhi rossi.

«È morta. Il bambino è nato prematuro, ma vivo.»

«E adesso?»

«Non posso tenerlo. Andrò via… forse al Sud, ricominciare da zero.»

«Scappi? E tuo figlio?»

Natalia lo fece entrare, gli preparò un letto. Il mattino dopo, mentre facevano colazione, gli chiese di restare. Ma lui rifiutò.

Matteo si rifiutò di salutarlo. Giulia pianse.

Passò un anno. Matteo tornò dal servizio militare e, tra le risate di Andrea, il fratellino che Natalia aveva adottato, le disse:

«Papà mi scrive. Perché non lo perdoni? Ti ama ancora.»

«L’ho già perdonato.»

E mentre Giulia li raggiungeva, ridendo e abbracciando Matteo, Natalia sorrise. Aveva imparato che il perdono, a volte, è l’unica strada per ritrovare la pace.

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