Una volta, nelle dolci campagne italiane, la gioventù si divertiva alle feste di paese, ballando fino a tarda notte, persino spostandosi tra i borghi vicini. Senza internet, la vita era più semplice, fatta di risate e di incontri sinceri.
Alessia si sposò per amore con Marco, un ragazzo del villaggio accanto. Lui era arrivato alla sagra sul suo vecchio motorino, e appena la vide—timida, con le guance rosse—se ne innamorò all’istante.
“Luca, dimmi, quella Alessia ha qualcuno?” chiese Marco a un amico.
“Nessuno, ma piaciuta da molti. Ti piace, eh?” rise Luca.
“È bellissima,” sussurrò Marco, deciso a non perdere l’occasione.
La musica suonava forte quando Marco le prese la mano e la invitò a ballare. Non la lasciò per tutta la sera. Uscii tardi, sotto la luna piena.
“Vieni, ti porto col motorino,” propose.
“Ho paura… preferisco camminare.”
Camminarono mano nella mano, felici come nessun altro. Alessia non aveva mai provato nulla del genere: Marco era bello, atletico, capelli scuri e occhi azzurri. Neanche quando aveva avuto una cotta per Roberto a scuola era stato così.
Col tempo, Marco iniziò a visitarla spesso. Una sera le disse:
“Facciamo così: ti rapisco e ci sposiamo?”
“Ma perché? Ti sposerei comunque!” rise lei.
“Allora aspetta i miei genitori,” disse abbracciandola.
Arrivarono con un calesse decorato, come nelle vecchie tradizioni. Marco era bellissimo, e Alessia ne era innamorata, nonostante i moniti della madre:
“Figlia, i belli sono complicati…”
“Ma ci amiamo, mamma. Andrà tutto bene.”
Vissero nel suo paese, ma dopo tre anni, con un figlio piccolo, decisero di trasferirsi in città.
“Andate,” disse la suocera. “Io tengo Michele finché vi sistemate.”
Milano era un altro mondo—folla, lavoro, giovani ovunque. Marco trovò un posto in fabbrica, Alessia in una sartoria. Conquistarono una stanza in un dormitorio, poi un appartamento. Quando nacque il secondo figlio, Luca, la vita sembrava perfetta.
Ma il lavoro di Marco era pieno di donne. All’inizio rideva dei loro complimenti, ma poi… capì che non erano solo battute. Una collega, Silvia, lo invitò al suo compleanno. Da lì iniziò tutto.
Prima una, poi altre. Quando Alessia lo affrontò, lui la incolpò:
“Sei sempre coi bambini, non hai tempo per me.”
“E tu quando sei a casa? Solo per dormire!”
Tacquero a lungo, poi ripresero la routine. Ma quando i figli crebbero, Marco si presentò con una valigia:
“Me ne vado. Ho trovato un’altra.”
Alessia non pianse. Lo aspettava da anni. Lui lasciò l’appartamento a lei e ai figli, ma dopo pretese la sua parte. Dovette pagarlo, con l’aiuto di parenti e amiche. Era libera.
Passarono anni. I figli si sposarono, ebbero nipoti. Un giorno, un’amica le disse:
“Lo sai che la tua sostituta l’ha cacciato?”
Alessia scrollò le spalle. Non le importava.
Ma quando Marco, vecchio e malato, tornò—chiedendo asilo—lei accettò solo per i figli.
“Puoi stare qui, ma paghi. Siamo estranei.”
Quando scoprì che Marco si vantava di essere stato “riaccolto per amore”, lo fece portar via. I figli lo misero in una casa di riposo.
“Meglio sola,” sussurrò Alessia, finalmente in pace.