Un tempo, nei paesini di campagna, la vita era piena di allegria. I giovani andavano alle feste, persino nei villaggi vicini. Senza internet, ci si divertiva ballando, scherzando e vivendo in modo diverso.
Alessandra si sposò per amore con Luca, un ragazzo del paese accanto. Era arrivato alla festa con la sua vecchia moto e, vedendola, se ne innamorò. Lei, dolce e timida, arrossiva ogni volta che lui si avvicinava.
“Marco, quella Alessandra ha un fidanzato?” chiese Luca a un amico.
“No, ma piace a molti. Ti è piaciuta, eh?” rise Marco.
“Che bella ragazza,” mormorò Luca, fissandola, deciso a non perdere l’occasione.
La musica suonava forte quando Luca le prese la mano e la invitò a ballare. Non la lasciò per tutta la serata, sentendo che il feeling era reciproco. Uscirono a notte fonda, sotto la luna piena.
“Alessandra, ho la moto, vuoi un passaggio? Oppure possiamo fare una passeggiata,” propose.
“Meglio camminare,” rispose lei, un po’ impaurita.
Camminarono mano nella mano, felici come non mai. Alessandra era innamorata da quel primo sguardo. Non aveva mai avuto storie serie, ma il cuore adesso batteva solo per Luca. Quella sera, lui l’accompagnò a casa e rimasero a parlare a lungo fuori dalla porta, prima che lei scappasse dentro. Poi sentì il rumore della moto che scompariva verso il suo paese, a cinque chilometri di distanza.
“Allora è questo l’amore,” pensò prima di addormentarsi, troppo emozionata per dormire. Luca era bello, atletico, capelli scuri e occhi azzurri. Mai aveva provato niente del genere, nemmeno quando a scuola le piaceva Riccardo, ma era passato subito.
Con il tempo, Luca veniva sempre più spesso. Una volta le disse: “Perché non ti rapisco e ci sposiamo?”
“Perché? Ti dicessi di sì?” rispose lei, sorpresa.
“Mi prendi in giro!” rise lui, abbracciandola.
Presto arrivarono i genitori di lui a chiedere la sua mano, a bordo di un calesse decorato con nastri e campanelli, proprio come una volta. Luca era bellissimo, e lei era perdutamente innamorata, nonostante i dubbi della madre:
“Figlia mia, hai scelto un ragazzo troppo bello. Quelli così pensano solo a se stessi…”
“Mamma, ci amiamo, andrà tutto bene.”
“Lo spero,” sospirò la madre, osservando il genero che non staccava gli occhi dalla figlia.
Vissero nel paese di lui, ma la voglia di trasferirsi in città li spinse a lasciare la campagna dopo tre anni, quando avevano già un figlio piccolo.
“Andate pure,” disse la suocera, “io mi occupo del piccolo Michele finché non vi sistemate. Qui non c’è futuro per voi.”
Si trasferirono in città, dove la vita era diversa. Tanta gente, tanti giovani, lavoro dappertutto. Luca trovò subito un posto in fabbrica, mentre Alessandra fu assunta in una sartoria.
“Alessandra, mi hanno dato una stanza nell’alloggio del lavoro! Avremo un posto nostro!” le annunciò felice.
“Davvero? Che bella notizia! Porteremo Michele, ormai ha quasi tre anni, e lo iscriveremo all’asilo. Mi manca tanto.”
“Anche a me,” ammise Luca.
Passarono gli anni. Michele iniziò la scuola, e un giorno Alessandra annunciò al marito:
“Credo che saremo in quattro presto.”
“Perfetto! Uno tira l’altro,” rise lui.
La famiglia crebbe in un appartamento concesso dall’azienda, poi arredato con mobili comprati a poco a poco. Alessandra si occupava dei figli, Luca lavorava. Lei si fidava ciecamente di lui, ma lui ne approfittava. Mai un litigio, ma anche mai un vero dialogo.
Il tempo passò. Luca, circondato da donne al lavoro, iniziò a notare i loro complimenti, le battute maliziose. Una collega, Giovanna, gli chiese ridendo:
“Luca, se ti invito al mio compleanno, vieni?”
“Certo! Dimmi solo dove e quando.”
Quel compleanno fu l’inizio di tutto. Un tradimento, poi un altro, e poi non si fermò più. Alessandra sospettava, ma una sera lo affrontò:
“Perché torni sempre così tardi?”
“Eh, sai, sono bravo nel mio lavoro, mi fanno fare gli straordinari.”
Lei ci credeva, finché le colleghe non le aprirono gli occhi.
“Alessandra, non vedi che tuo marito va con tutte? Di qua e di là…”
“Se uno ama, non tradisce,” rispose lei, ingenua.
“Ma credici, sei troppo buona!”
Quella sera ci fu la lite. Luca non negò.
“Sì, ho avuto altre donne. Ma è colpa tua: sei sempre con i bambini, non hai più tempo per me.”
“E quando dovrei averlo, se torni solo per dormire?” ribatté lei.
Dopo quel litigio, tacquero a lungo. Poi ripresero una parvenza di pace, ma il male era fatto. I figli crebbero, e un giorno Luca annunciò:
“Me ne vado. Vado da un’altra.”
Non fu una sorpresa. Alessandra non pianse, non lo trattenne. Lui, mentre faceva le valigie, disse:
“Arrivederci. Sono ancora un bel partito, mi aspetta una ragazza giovane. L’appartamento resta a te e ai ragazzi.”
“Meglio così,” pensò lei. “Io non avrei mai avuto il coraggio.”
Il dolore arrivò dopo. L’umiliazione, il tradimento. Peggio ancora quando lui pretese la sua parte della casa.
“Ti darò i soldi della tua quota, ma poi lasciaci in pace,” disse lei.
“E dove li trovi tutti quei soldi?” rise lui sarcastico.
Con l’aiuto di parenti e amiche, riuscì a pagarlo. Finalmente libera, ripeteva tra sé:
“Un marito infedele è meglio che sia fuori casa. È brutto essere ingannati, soprattutto da chi ami. Ma Luca ha scelto di buttare via la sua famiglia. Pazienza.”
Passò altro tempo. I figli si sposarono e le diedero nipoti. Un giorno incontrò un’amica in comune, Rita.
“Alessandra, come sei ringiovanita! Hai dimenticato il tuo ex?”
“Sì, vivo per me e i miei figli.”
“Lo sai che quella ragazza l’ha cacciato di casa?”
“No, non so niente di lui.”
“Beh, mio marito mi ha raccontato tutto. Il karma esiste davvero. Ora vive con un’altra, ma anche quella non durerà. Non merita nessuna felicità.”
Alessandra realizzò di non provare più niente per lui.
Gli anni passarono. Ormai in pensione, seppe che Luca viveva in una casa di riposo, malato e solo. Un giorno Michele lo riportò a casa sua.
“Madre, puoi ospitarlo? Non ha un posto dove andare.”
“No. Che torni al suo paese. Non mi deve niente,” rispose fredda. Ma poi, vedendo la delusione del figlio, cedette. “Va bene, può stare nella stanza libera, ma paga l’affitto e si arrangia. Siamo estranei.”
Passò l’inverno così, finché una vicina, Maria, le disse:
“Brava, hai fatto bene a perdonarlo.”
“Non l’ho perdonato. Sta qui solo perché Michele me l’ha chiesto.”
“Strano… lui dice che sei stata tu a cercarlo e supplicarlo di tornare.”
Alessandra rimase senza parole.
“Che faccia tosta! Dovrebbe solo ringraziare che i figli non l’hanno abbandonato. Invece si atteggia ancora…”
Chiamò i figli e disse loro con fermezza: “Prendetevi cura di vostro padre, ma nella mia casa non metterà mai più piede,” e chiuse la porta alle spalle, finalmente in pace con se stessa.