Desidero che la figlia di mio marito voglia trasferirsi volontariamente dalla suocera

Quando mi sono sposata con Luca, sapevo che aveva una figlia dal primo matrimonio. Elena, la sua ex, aveva abbandonato la bambina sei anni prima, prendendo le sue cose e trasferendosi in Spagna con un nuovo uomo, ricominciando da zero. In tutto questo tempo ha avuto altri due figli, chiama la figlia maggiore due volte al mese in videochiamata e le manda regali solo per le feste. Ho visto come quella bambina soffrisse per la mancanza della madre, fissando lo schermo del telefono, sperando che le dicesse: “Vieni da me”. Ma non l’ha mai fatto. Mai. L’ha semplicemente cancellata dalla sua vita.

All’inizio la bambina viveva con mia suocera, la madre di Luca, ma si è stancata presto, incapace di gestire i compiti, i capricci e le scenate. Così ha riportato la nipote a suo padre. Luca l’ha portata a casa, mi ha guardato negli occhi e ha detto piano: “Giorgia resterà con noi. Per molto tempo.”

Ho provato davvero a essere una buona matrigna. Compravo vestiti, preparavo i suoi piatti preferiti, la prendevo da scuola, parlavo con lei di cose importanti. Cercavo di diventare una figura amica. Ma lei si è chiusa, come se avesse costruito un muro tra noi, senza mai provare ad avvicinarsi. Non solo mi ignorava, ma sembrava quasi voler dimostrare che per lei io non contavo nulla.

Sono passati tre anni. Ora quella ragazzina ha dodici anni e vive ancora con noi, dando ordini come se la casa fosse sua e non nostra. Ogni sera si lamenta con suo padre: “Zia Francesca mi ha fatto riordinare i miei vestiti”, “Zia Francesca non mi ha comprato quello che volevo”. Poi mia suocera mi chiama per rimproverarmi: “Non ti prendi abbastanza cura della bambina” e “presto avrai un figlio tuo, impara a essere una madre”. Ma lei stessa non vuole averci a che fare, nemmeno per un’ora se devo andare dal dottore o al lavoro.

Sono stremata. Lavoro, mi occupo della casa, cucino, e ora sono anche incinta. Luca, anche se non sta dalla parte della figlia, mi chiede comunque di essere più dolce, più comprensiva. Ma non ce la faccio più. Quella ragazzina è diventata una fonte di costante irritazione. È disordinata, maleducata, non sa ringraziare, non ascolta ed è sempre insoddisfatta. Non è mia figlia, e ormai non riesco più a nasconderlo nemmeno a me stessa.

A volte, la notte, rimango in cucina a pensare: “Se avessi rifiutato di farla venire da noi… Se avessi insistito…” Ma ora è troppo tardi. Non posso lasciare mio marito—avremo un figlio insieme. E, per quanto egoista possa sembrare, sogno sempre più spesso che la figlia di Luca voglia tornare dalla nonna. Che dica: “Sto meglio con la nonna”. Non la pregherò di restare. Non piangerò.

Voglio solo vivere in pace. Senza continue critiche, senza lottare per un posto in questa casa. Voglio che mio figlio cresca con amore e armonia, non in un clima di tensione e litigi. Forse è l’unico modo per salvare la mia famiglia, senza perdere me stessa.

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