Desidero Tornare

Lucia si svegliava sempre prima della sveglia, come se avesse un orologio interno perfettamente regolato. Si alzava, si lavava e preparava la colazione. Quando il marito entrava in cucina, rasato di fresco e profumato di colonia, trovava già la tavola apparecchiata con uova strapazzate o alla coque, affettati, formaggio, pane fresco e una tazza di caffè forte. Lei si accontentava di un caffè e qualche pezzetto di formaggio, senza pane.

Vivevano insieme da trent’anni. Si conoscevano così bene che ormai non avevano bisogno di parlare, soprattutto al mattino. “A stasera”, “Farò tardi oggi”, “Grazie…” Dal modo di camminare, dallo sguardo, persino dal silenzio, capivano l’umore dell’altro. A che servivano tante parole?

“Grazie,” disse Marco finendo il caffè, e si alzò da tavola.

All’inizio della loro vita insieme, la baciava sempre sulla guancia prima di uscire. Adesso si limitava a ringraziare e ad andarsene. Lui lavorava come ingegnere in una fabbrica di componenti ferroviari e partiva presto per evitare il traffico che lo attendeva per attraversare tutta Milano.

Lucia sparecchiò, lavò i piatti e si preparò. Insegnava all’università, a due fermate di tram da casa. Andava sempre a piedi, con ogni tempo, anche con pioggia e vento forte. Alta, snella, atletica. Portava i vestiti solo d’estate. All’università indossava sempre tailleur grigi a righe sottili, con camicette pastello sotto la giacca.

I suoi capelli, un tempo scuri, erano diventati grigi. Non li tingeva, li raccoglieva in una treccia sottile che avvolgeva a chiocciola sulla nuca. Niente trucco, niente gioielli, solo la fede nuziale.

Come insegnante, parlava molto durante le lezioni. A casa preferiva il silenzio. A Marco andava bene. Amava la quiete. Agli occhi degli altri sembravano la coppia perfetta. Non litigavano, non discutevano.

Marco Rossi aveva due anni più di lei, ma era ancora un uomo attraente. Lucia si era abituata all’attenzione che le donne gli riservavano. Da giovane era gelosa, con gli anni aveva imparato a prenderla con filosofia. “Dove vuole andare? Nessuno lo sa nutrire come me,” pensava. E in effetti cucinava divinamente.

Avevano una figlia che, dopo la laurea, aveva sposato un ufficiale dell’esercito e se n’era andata con lui.

Gli studenti avevano un po’ paura di Lucia. Sorrideva di rado, sempre controllata e calma. Ma non era cattiva. All’esame, se uno studente ammetteva onestamente di non conoscere la risposta ma aveva studiato, lo aiutava persino a raggiungere la sufficienza. Ma copiare? Zero tolleranza. C’erano anche i furbi che non studiavano, sperando di cavarsela con suppliche e sguardi disperati. Con lei non funzionava. Sapeva riconoscere le bugie e non le perdonava.

Non frequentava i colleghi, non partecipava ai pettegolezzi in dipartimento.

Una volta, in mensa, sentì per caso due matricole che parlavano di lei. Seduta di spalle, non l’avevano notata.

“Che ne pensi della prof di chimica? Una zitellona. Se non fosse per la fede, direi che non si è mai sposata,” disse una.

“Invece ha un marito, tra l’altro piuttosto carino. E una figlia, già sposata,” aggiunse l’altra.

“E cosa ci trova in lei, se è così bello? E tu come lo sai?”

“Abito nello stesso palazzo. Secondo me è normale.”

“Normale un corno. Si veste come un uomo. Dubito abbia persino un seno.”

Lucia finì il pranzo con calma, si alzò e le guardò. “Scusate…” farfugliarono le ragazze arrossendo.

“Zitellona. Ecco cosa pensano di me.” In sala professori si guardò allo specchio. “Davvero… cosa ci trova Marco in me?” Suonò la campanella e Lucia tornò in aula.

A casa si mise subito a preparare la cena. Decise di fare uno spezzatino in cocotte, che sarebbe stato pronto proprio per l’ora del suo rientro. Tutto era pronto. Lucia si avvicinò alla finestra. Marco parcheggiava sempre sotto casa, ma oggi la macchina non c’era. Improvvisamente sentì la serratura della porta di ingresso.

Strana. Andò in corridoio.

“Non hai preso la macchina? È rotta?” chiese.

“No, l’ho parcheggiata altrove.”

Non chiese perché. Tornò in cucina a estrarre la pentola dal forno. Marco la seguì, si sedette a tavola.

“Lucia, siediti un attimo.”

Mise giù il guanto da cucina e si sedette di fronte, incrociando le mani sul tavolo. Capì subito che qualcosa non andava. Marco evitava il suo sguardo, sembrava distante, teso.

“Allora… amo un’altra donna. Me ne vado con lei,” disse asciugandosi la fronte sudata.

Le sue dita si strinsero a farle male.

“Scusami. Vado a prendere le mie cose.” Marco si alzò e uscì dalla cucina.

Lucia rimase seduta. “Vai, fermalo, parlagli…” ordinava una voce dentro di lei. Ma non si mosse. Sentì l’armadio aprirsi, le grucce vuote che tintinnavano. Tirò fuori un cassetto, probabilmente per prendere i documenti. Poi la cerniera di una valigia. Silenzio. Infine il rumore sordo delle ruote sul tappeto, più forte sul pavimento del corridoio.

Marco impiegò una vita a mettersi il cappotto e le scarpe. “Sta per rientrare e dire che ha cambiato idea, che mi ama solo io…” sperò. Ma la porta si chiuse e la serratura scattò. Rimase ancora seduta, fissando il vuoto. Poi disgiunse le mani, si nascose il viso tra le palme e pianse.

Ecco perché non aveva parcheggiato sotto casa. Perché i vicini non lo vedessero. O forse in macchina c’era lei, l’altra. Lucia si alzò e si sciacquò il viso. “Lo spezzatino…”

Il primo impulso fu gettare tutto nella spazzatura, cocotte incluse. Poi pensò alla coppia anziana che viveva al loro stesso piano e decise di portarlo a loro. Avvolse le pentole ancora calde nella stagnola e bussò alla porta.

Ad aprirle fu una giovane donna.

“Buonasera. Dov’è…” iniziò Lucia, realizzando di non sapere i nomi dei vicini.

“Cerca i Manzoni? Hanno venduto l’appartamento, il figlio li ha portati da lui. Noi abbiamo appena comprato, ci siamo trasferiti ieri. Entri pure. Io sono Elena, mio marito Matteo. Che buon profumo!”

“Questo è per voi. Auguri per la nuova casa,” disse Lucia.

Cercò di sorridere, ma i muscoli del viso non rispondevano. Consegnò le pentole alla donna sorpresa e tornò a casa.

Passò la notte tra lacrime e passeggiate per la casa, con un dialogo infinito con Marco nella testa: “Perché ora? Perché non prima, quando eravamo più giovani? E io ora cosa faccio?” “Non l’hai intuito prima? Io mi sono innamorato…” rispondeva Marco nella sua mente.

La mattina si svegliò prima della sveglia, come sempre. Preparò il caffè, lo bevve e andò a piedi al lavoro. Quella sera, per la prima volta, non cucinò. Accese la TV e guardò distrattamente qualsiasi programma.

Il campanello la distrasse. “Marco! – pensò Lucia. – Ha le chiavi. Forse non devo aprire? Ma dalla strada*Ma era Elena che sorrideva sulla soglia, con in mano un piatto di pasta al forno ancora fumante.* “Ho pensato che forse avevi bisogno di compagnia,” disse, e in quel momento Lucia capì che a volte la vita offre nuove strade proprio quando sembra che tutto sia perduto.

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