Desidero Tornare

**Voglio Tornare**

Fiorina si svegliava sempre prima della sveglia, come se avesse un orologio dentro di sé. Si alzava, si lavava e preparava la colazione. Quando il marito entrava in cucina, rasato di fresco, profumato di acqua di colonia, sul tavolo lo aspettavano uova strapazzate o alla coque, affettati, formaggio, pane tostato e una tazza di caffè forte. Lei si accontentava di un caffè e qualche pezzetto di formaggio, senza pane.

Vivevano insieme da trent’anni. In tutto quel tempo si erano studiati così bene che quasi non parlavano, soprattutto al mattino. «A stasera», «Farò tardi oggi», «Grazie…». Dagli sguardi, dai passi, persino dal silenzio, capivano l’umore dell’altro. A che servivano altre parole?

«Grazie», disse Adriano, finendo il caffè e alzandosi da tavola.

Quando avevano iniziato a vivere insieme, le dava sempre un bacio sulla guancia prima di uscire. Adesso non lo faceva più, si limitava a ringraziare e andava via. Lui lavorava come ingegnere alla fabbrica ferroviaria, partiva presto perché doveva attraversare tutta Milano nel traffico.

Fiorina sparecchiò, lavò i piatti e si preparò. Insegnava all’università, a due fermate di tram da casa. Ci andava sempre a piedi, con qualsiasi tempo, anche con la pioggia battente e il vento forte. Alta, asciutta, sportiva. Indossava abiti solo d’estate. All’università portava sempre tailleur grigi a righe sottili, con camicie pastello sotto la giacca.

I capelli, un tempo scuri, erano diventati grigi. Non li tingeva, li raccoglieva in una tretta sottile e li avvolgeva a chiocciola sulla nuca. Niente trucco, niente gioielli, solo la fede.

Come insegnante parlava molto durante le lezioni. A casa preferiva il silenzio. Al marito andava bene. Amava la quiete. Per molti erano la coppia perfetta: non litigavano, non discutevano.

Adriano aveva due anni più di lei ma era ancora un bell’uomo. Fiorina si era abituata all’attenzione che le donne gli rivolgevano. Da giovane era gelosa, ma con l’età aveva imparato a prenderla con filosofia. «Dove vuoi andare? Nessuna ti cucinerà come faccio io», si diceva. E infatti cucinava divinamente.

Avevano una figlia, che dopo l’università si era sposata con un militare e se n’era andata con lui.

Gli studenti la temevano. Sorrideva poco, sempre composta e calma. Ma non era cattiva. All’esame si poteva ragionare con lei: se uno ammetteva di non sapere la risposta ma aveva studiato, lo aiutava, spesso tirandolo su a un ventiquattro. Ma se beccava uno a copiare, lo cacciava senza pietà. C’era chi si presentava all’esame con aria da martire, sperando di strappare un diciotto con le lacrime. Ma con lei non funzionava. Sentiva le bugie e non le perdonava.

Con i colleghi non era amica, non partecipava ai pettegolezzi.

Una volta, in mensa, sentì due studentesse del primo anno. Lei era seduta di spalle e loro non l’avevano notata.

«Che ne pensi della prof? Una zitellona. Se non avesse la fede, direi che è una vecchia nubile», disse una.

«Ha un marito, tra l’altro piuttosto carino. E una figlia, già sposata», rispose l’altra.

«E cosa ci trova in lei, se è così attraente? E tu come lo sai?»

«Viviamo nello stesso palazzo. A me sembra normale.»

«Certo, normale. Si veste come un uomo. Dubito abbia pure un seno.»

Fiorina finì di mangiare, si alzò e le guardò.

«Scusate», farfugliarono, arrossendo.

*Vecchia nubile. Zitellona. Ecco cosa pensano di me.* In sala docenti si guardò allo specchio. *Davvero. Cosa ci trova Adriano in me?* Suonò la campana e Fiorina andò a lezione.

A casa si mise subito a preparare la cena. Decise di fare uno spezzatino, sarebbe stato pronto proprio quando lui rientrava. Tutto era pronto. Fiorina si avvicinò alla finestra. Adriano parcheggiava sempre sotto casa. Ma la macchina non c’era. Dietro di lei, la serratura della porta d’ingresso scattò.

Si stupì e andò nell’ingresso.

«Non sei venuto in macchina? Si è rotta?»

«No, l’ho parcheggiata altrove.»

Non chiese perché. Tornò in cucina per togliere la carne dal forno. Adriano entrò e si sedette.

«Fiorina, siediti per favore.»

Lasciò il guanto da forno e si sedette davanti a lui, incrociando le dita. Capì subito che qualcosa non andava. Lui guardava altrove, evitando i suoi occhi. Erano sempre stati riservati, ma ora sembrava un estraneo, distante e teso.

«Insomma. Io amo un’altra donna. E me ne vado con lei», disse, asciugandosi la fronte sudata.

Fiorina strinse le dita fino a farle male.

«Mi dispiace. Vado a prendere le mie cose.» Adriano si alzò e uscì dalla cucina.

Lei rimase seduta. *Vai, fermalo, parlagli…* le ordinava una voce dentro. Ma non si mosse. Sentì lo schiudersi dell’armadio, il tintinnio delle grucce vuote. Poi un cassetto che si apriva, forse per prendere i documenti. Il suono di una valigia chiusa. Per un momento, silenzio. Poi le ruote che strisciavano sul tappeto, più rumorose sulle piastrelle dell’ingresso.

Adriano impiegò un’eternità a mettersi il cappotto e le scarpe. *Ora torna e dice che ha cambiato idea, che ama solo me…* sperò. Ma la porta si chiuse, la serratura scattò. Rimase seduta, fissando il vuoto. Poi si nascose il viso tra le mani e pianse.

Ecco perché non aveva parcheggiato sotto casa. Perché i vicini non vedessero. O forse nell’auto c’era lei, l’altra? Si alzò e si sciacquò il viso. *La cena…*

Il primo impulso fu buttare tutto nella spazzatura, pentolame compreso. Poi ricordò la coppia di anziani del piano e decise di portare lo spezzatino a loro. Toltelo dal forno ancora caldo, lo avvolse nella stagnola e bussò alla loro porta.

Ad aprirle fu una donna giovane.

«Buonasera. Dov’è…» iniziò Fiorina, poi realizzò di non sapere il nome dei vicini.

«Cercate i Rossini? Hanno venduto, il figlio li ha portati da lui. Noi abbiamo comprato, ci siamo trasferiti ieri. Entrate, mi chiamo Elisa, mio marito è Marco. Che buon profumo!»

«È per voi. Per il nuovo inizio», disse Fiorina.

Voleva sorridere, ma i muscoli non obbedivano. Consegnò la pentola alla donna sorpresa e rientrò.

Quella notte non riuscì a dormire, tra pianti e notti insonni, continuando un dialogo infinito con Adriano nella sua testa. *Perché ora? Perché non prima, quando eravamo giovani? E io cosa faccio?* «Non l’hai sentito che sarebbe successo? Lo sapevi. Io mi sono innamorato…» rispondeva lui.

La mattina si svegliò prima della sveglia, come sempre. Bevve un cAll’alba, mentre il sole tingeva di rosa i tetti di Milano, Fiorina sorrise per la prima volta da quando lui se n’era andato, e capì che non aveva più bisogno di chiedersi “perché”.

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