Destino

La Fortuna

“Oggi ho parlato con Ludovica. Sai una cosa? Alessio è scappato di nuovo,” disse Tamara durante la pausa pubblicitaria della soap opera su Rai Due.

Guardò il marito. Lui era semisdraiato sul letto, appoggiato ai cuscini, e guardava la réclame con interesse.

“Vittò, mi ascolti? Alessio ha combinato di nuovo guai,” ripeté lei, senza ottenere risposta.

“Ti sento. E a te che importa?” chiese lui.

“Come sarebbe? Ludovica è la mia amica! Mi preoccupo per lei. Alessio non ti ha detto niente?” Tamara lo osservò con sguardo sospettoso.

“Non mi deve rendere conto. E poi, non lo vedo da un sacco. E la tua amica, a dirla tutta, è un’isterica. Anche io scapperei. Basta parlarne, riprende il film.”

“Ah sì? Te l’ha detto lui? Quindi la colpa è di Ludovica. Per voi uomini è sempre colpa nostra, basta trovare una scusa per giustificare la vostra natura da galli. E chi l’ha resa isterica? Passa la vita a tradirla!” Tamara serrò le labbra, mentre lui fissava il televisore.

“Sentimi, io ti sgrido spesso. Quante volte ti ho detto di pulirti le scarpe prima di entrare? Porti tutta la sporcizia in casa. E la vasca, non la pulisci mai… Allora sono anch’io un’isterica? Forse tradisci anche tu? Per solidarietà?” Tamara lo fulminò con lo sguardo.

“Ecco, ci siamo. Adesso tocca a me.” Vittorio si alzò dal letto. “Vado a finire l’episodio in cucina.”

“Mi dispiace solo per la mia amica,” disse Tamara alla sua schiena.

“Avevano un amore da romanzo. Lui le entrava dalla finestra con i fiori, al secondo piano. Ma cosa vi manca, non avete abbastanza attenzioni?” gridò verso la porta aperta.

“Finché ci corteggiate, ci chiamate sole, coniglietti, tesorini. Poi, quando trovate l’amante, diventiamo tutte isteriche,” borbottò tra sé, come se lui potesse sentirla. “Quante volte Ludovica lo ha perdonato! La prima volta era in ginocchio, giurava che non l’avrebbe più fatto, piangeva. Ha chiuso un occhio per i figli. Però Alessio è un uomo perbene. Ma l’ha logorata. Finché avrà fiato, continuerà a gallare…” Tamara tacque e tese l’orecchio. Dalla cucina, nessun rumore.

“E se anche Vittorio mi tradisse? Perché è scattato così? L’ho colpito nel vivo? No, è pigro. Alessio almeno si tiene in forma, va in palestra. Il mio ha la pancetta e pure la chierica in vista…”

Ma quel dubbio, seminato nell’anima, cominciò a germogliare in ansia. Tamara non guardava più la tv. Si infilò le pantofole e andò in cucina. Vittorio era seduto sulla sedia, una gamba sull’altra, e fumava dirigendo il fumo verso la finestra socchiusa. Un colpo d’aria la fece rabbrividire.

“Perché hai ripreso a fumare?”

Lui trasalì, la cenere cadde sul tavolo.

“Uffa, mi hai spaventato.” Vittorio la soffiò via. “Forse sono preoccupato anche io. Io e Alex siamo amici.”

“Allora parlaci. Non ha vergogna davanti ai figli? Che esempio gli dà?” Tamara prese il portacenere dal davanzale e lo mise davanti a lui.

“E come se mi ascoltasse! Non mi immischio. È la sua vita, sa cosa fa.” Vittorio tirò un’ultima boccata e spense la sigaretta. Poi chiuse la finestra.

“Andiamo a letto.” Passò accanto a lei senza guardarla.

Tamara scosse la testa, spense la luce e lo seguì. Lui giaceva di lato, voltato verso il muro. In tv c’era Porta a Porta. Tamara spense tutto e si coricò. Ormai da mesi dormivano così, schiena contro schiena.

Si erano conosciuti all’università, negli anni spensierati, e non riuscivano a staccarsi. Due anni dopo, si sposarono. Ebbero una vita normale: litigi, riconciliazioni, andare avanti. La figlia crebbe, si laureò e partì per Milano. Tamara non pensava alla felicità. Ma era stata felice. Amici divorziavano, si risposavano. Ognuno aveva la sua storia. Loro invece erano insieme da ventisette anni, sposati da venticinque. Un quarto di secolo.

I pensieri tornarono a Ludovica. Nelle orecchie le risuonava ancora la sua voce: “Perché mi fa questo? Ho fatto tutto per lui. Gli ho dato figli. Ora né giovinezza né marito, invecchio sola…”

Dall’altra parte del letto, Vittorio fissava il buio, trattenendo i sospiri e cercando di non muoversi.

Due giorni dopo, Vittorio tardò dal lavoro. Tamara non si preoccupò. Capita. Traffico, amici, lavoro arretrato. Dal suo umore capiva il motivo. Se tornava allegro e brillo, era stato con gli amici. Se cupo, problemi in ufficio.

Finalmente, la chiave girò nella serratura. Tamara lo sentì spogliarsi, senza i soliti sbuffi. Poi andò in cucina.

Quando lo raggiunse, Vittorio era seduto a tavola, la schiena contro il muro. Ma non era rilassato, sembrava una molla pronta a scattare. Tamara sentì la tensione e le cadde il cuore. L’ansia si risvegliò, come quella notte. Lui fissava il vuoto, come se stesse prendendo una decisione cruciale.

“È successo qualcosa?” chiese piano, mentre l’angoscia le saliva agli occhi. “Devo riscaldarti la cena?”

“No, ho mangiato.” Si alzò e uscì senza guardarla.

Tamara captò un vago sentore di profumo. Estraneo, ma familiare. Lo aveva già avvertito prima.

Aspettò in salotto, ma lui non tornò. Malato? Addormentato? Entrò in camera. Vittorio era ancora seduto sul letto, in completo, le mani strette sulle ginocchia e la testa bassa.

“Vittò…” chiamò lei.

“Siediti,” disse lui.

Ubbidì, avvertendo di nuovo quel profumo e la tensione che emanava. Tamara tacque. In qualche modo, sapeva già cosa avrebbe detto.

“Non posso mentire. C’è un’altra donna.”

“Vuoi andartene?”

Era inutile chiederlo. Un uomo che parla così ha già deciso.

“Sì. Non posso più fingere. Penso sempre a lei.”

“Sempre. Dunque è da tempo. E io, ingenua, credevo che fosse con gli amici…” Tamara rise amaramente.

“Se te ne vai, non ti riprenderò come ha fatto Ludovica.”

“Lo so. Ho deciso. Non posso più farti soffrire. Prendo le mie cose e vado.”

Tamara voleva chiedere: e io? E nostra figlia? E i nostri venticinque anni? Ma improvvisamente le sembrò tutto indifferente. Aveva sempre creduto che non sarebbe successo. Ma sapeva che non avrebbe perdonato. Non sarebbe stata come Ludovica, a “trattenere il marito per i pantaloni”.

Uscì, chiudendo la porta. Sentì Vittorio muoversi, gli appendiabiti vuoti che sbattevano, la cerniera della valigia. Poi lui uscì, sempre in completo. Passandole accanto, si fermò.

“Scusami.”

Tamara trattenne lacrime e grida. Non avrebbe fatto scenate. Quell’altra avrebbe chiestoE mentre il sole si alzava sulla nuova vita di Tamara, capì che la vera fortuna non era nelle stelle, ma nel coraggio di ricominciare.

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