Dieci anni di silenzio

Dieci anni di silenzio.
“Basta stare zitta!” gridai, sbattendo la mano sul tavolo. “Dieci anni ho sopportato i tuoi comportamenti, e adesso pure questa!”

Giovanna mi stava di fronte senza alzare gli occhi. Le mani le tremavano mentre avvicinava la tazza di tè alle labbra. Sulla tovaglia, tra noi, giaceva il referto medico sgualcito.

“Cosa vuoi da me?” sussurrò.

“La verità!” Mi alzai di scatto, iniziando a camminare per la cucina. “Voglio sapere perché non hai parlato! Perché non mi hai detto nulla allora?”

Giovanna posò la tazza. Del liquido caldo si rovesciò, formando una pozza minuscola.

“Avevo paura” confessò. “Paura che mi avresti odiata.”

“E adesso no? Ora che ho scoperto tutto?” La mia voce tremava di rabbia.

La vicina di sotto batté sul termosifone. Mi risedetti, cercando di calmarmi, ma le mani continuavano a tremare.

“Raccontami tutto. Dal principio.”

Lei asciugò le lacrime col fazzoletto.

“Non sapevo come dirtelo. Eri così felice, sposata da poco…”

“Non tergiversare! Parla chiaro!”

“Vidi Marco con quella donna al bar di Corso Buenos Aires. Sedevano vicino alla vetrina, tenendosi per mano. Lei era incinta.”

Il pavimento mi mancò sotto i piedi. Sapevo del tradimento, ma non che qualcuno li avesse visti insieme così presto.

“Quando accadde?”

“Sei mesi dopo le nozze” mormorò Giovanna. “Tornavo dal lavoro, li vidi per caso. Dubitai fosse lui, ma quando uscirono… lo riconobbi.”

“E poi?”

“Volevo avvicinarmi, ma…” Esitò. “Lui la baciò. Con quella tenerezza che si riserva alle donne amate. Poi posò una mano sul suo ventre.”

Chiusi gli occhi. I ricordi affiorarono come marea tossica. Quel periodo in cui sognavo un figlio, mentre Marco rimandava sempre.

“Quindi aveva già un bambino con un’altra?”

“Non so. Forse. Livia, volevo davvero parlarti, ma…”

“Ma scegliesti il silenzio. Per dieci anni!”

Giovanna trasalì al tono della mia voce.

“Credevo sarebbe finita. Che si sarebbe ravveduto. Eri così innamorata… compravi abitini per bambini…”

“Abitini per bambini” ripetei con amarezza. “E intanto lui cresceva il figlio di un’altra.”

Mi avvicinai alla finestra. Nel cortile, ragazzini giocavano tra altalene, ridendo spensierati. Avevo sognato tanto dei figli miei. Ora ne ho quarantatré, e il tempo stringe.

“Perdonami” disse Giovanna, raggiungendomi. “So di aver sbagliato, ma non potevo distruggere la tua felicità.”

“Quale felicità?” Mi girai verso di lei. “Quella di vivere con un bugiardo traditore? Dedicare i migliori anni a chi non ti ama?”

“Ti amava! Ho visto come ti guardava.”

“Guarda? Quando? Mentre la tradivi con l’amante incinta?”

Giovanna abbassò lo sguardo. Ogni parola era un colpo meritato.

“Credevo di agire bene” sussurrò.

“Bene?” Risasi con un ghigno di dolore. “Sarebbe stato bene dirmi tutto allora! Forse non avrei sprecato dieci anni con quell’uomo.”

Squillò il telefono. Mentre rispondevo, Giovanna rimase alla finestra.

“Pronto?” dissi stanca.

“Ciao, sono Marco. Stanotte lavoro fino a tardi. Non aspettarmi a cena.”

Guardai l’orologio. Sette di sera. Uscite d’ufficio finite da ore.

“Capito” risposi secca. “Arrivederci.”

Riagganciai, tornando in cucina. Giovanna stropicciava il fazzoletto.

“Era lui?”

“Sì. Nuova scusa per ritardi.”

“Livia,
La chiave girò nella serratura, e sebbene il sangue mi martellasse alle tempie, rimasi seduta immobile, pronta a confrontare gli occhi di Sergio con la foto della sua altra vita.

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