Dimenticare completamente non si riusciva
Ogni mattina, Procolo prendeva la metropolitana per tornare dal lavoro a casa. Poi il bus, come un rituale, attraversava Milano mentre le rotaie del tram brillavano come ossa al sole. Lauto rimaneva ferma più spesso di quanto lui la guidasse, bloccata in quei serpentoni infiniti del traffico milanese: in quegli orari, prendere la metro era più rapido e meno doloroso.
Circa due anni fa, la sua vita familiare aveva imboccato una strada diversa, quella dei vicoli stretti e silenziosi. Si era separato dalla moglie in assoluto silenzio, e la figlia, allora diciassettenne, era rimasta con sua madre. Nessuno strillo, nessuna scena teatrale, Procolo non amava le commedie drammatiche. Da tempo notava che la donna era cambiata: nervosismi improvvisi, sparizioni ingiustificate, ritorni tardi con lalibi della amica.
Un giorno chiese, col tono di chi sta vivendo un sogno in bianco e nero:
Dove vai fino a tardi? Le mogli normali a questora stanno a casa.
Non sono affari tuoi. Le mogli normali sono galline da cortile. Io sono astuta, espansiva, e il mio spirito soffre tra queste mura. Non sono una contadina come te. Sei nato in campagna e nella campagna sei rimasto.
E allora perché hai sposato uno come me?
Ho dovuto scegliere il male minore, rispose lei allegramente, senza aggiungere altro.
Poi presentò la richiesta di divorzio, lo cacciò dallappartamento, costringendolo a trasferirsi in un monolocale che odorava di caffè e panni stesi. Alla seconda moglie non pensava ancora, ma il pensiero gli girava in testa come corvi alla ricerca di una mietitura.
Procolo tornava a casa col viso immerso nel cellulare, divorando notizie, battute, video brevissimi: tentava di distrarsi durante il viaggio, come tutti in città. Un giorno, sfogliando distrattamente, fu colpito da unimmagine che aveva la forza di un fulmine dentro la nebbia: la foto e l’annuncio di una Guaritrice popolare, Mariella, rimedi con le erbe.
Dallo schermo lo fissava la sua prima fiamma. Un amore impossibile, irraggiungibile, come una vetrata colorata che non si può toccare. Non cè modo di dimenticare davvero il primo amore: la memoria di quegli occhi perduti gli rimaneva incisa nelle ossa. Si ricordava ancora di Mariella, ragazza stramba, quasi fiabesca, sempre affascinante.
Quasi saltò alla fermata, attraversò la piazza lasciando il bus e si incamminò a piedi: aveva bisogno di camminare tra i palazzi come se fossero quinte di teatro. Giunto al monolocale, lasciò la giacca per terra, sedendosi su uno sgabello basso nella penombra, lo sguardo fisso sullo schermo. Poi balzò in piedi, appuntò il numero, mentre il telefono mostrava la batteria rossa: serviva ricarica.
Senza appetito, provò a mangiare, poi si accasciò sul divano e i ricordi lo avvolsero come mosaici antichi.
Mariella, già dalla prima elementare, era diversa: timida, con la schiena dritta e una lunga treccia nera come notte fonda. Lorlo della sua gonna arrivava sempre sotto il ginocchioai tempi nessuna ragazza usava così. Il paesino vicino a Como era talmente piccolo che tutti si conoscevano, ma di lei si diceva poco: viveva con la nonna e il nonno ai margini del bosco, in una villetta decorata, quasi una casa delle fate con il portico intagliato.
Appena la vide, Procolino da bambino perse la testa, ingenuamente ma con la serietà di chi sogna i miraggi. Era sempre speciale: in strada indossava un fazzoletto colorato, portava uno zainetto di stoffa, ricamato a mano dalla nonna. Col tempo capì che quell’accessorio era unico, come lei.
Non salutava ciao, ma con un solenne buona salute che sembrava venuto da unantica fiaba lombarda. Non correva, né gridava. Sempre educata, silenziosa.
Un giorno Mariella mancò a scuola. Un gruppo di compagni decise di andare a trovarla. Procolino era tra loro. Giunsero nella villetta, nascosta tra le querce, dove il sogno si mescolava alla nebbia e al muschio. In cortile, una folla: la nonna di Mariella era morta. Lei, col fazzolettino, asciugava le lacrime, accanto al nonno, dagli occhi fissi. La processione si mosse verso il cimitero, e i bambini dietro. Dopo il funerale li invitarono in casa per il commiato: unesperienza così, il primo funerale, non la dimenticò più.
Mariella tornò a scuola dopo un giorno. Passavano gli anni, lei manteneva la schiena perfetta, non si truccava, la pelle arrossata dal sole e dallemozione. Le compagne commentavano, ridacchiavano, ma lei non ascoltava nessuno.
I ragazzi iniziavano a corteggiare le ragazze, e anche Procolino osò avvicinarsi a Mariella. Lei non rispondeva mai, finché alla fine della terza media, lui le disse:
Ti accompagno a casa?
Mariella lo guardò, seria, e sussurrò piano, affinché nessuno sentisse:
Sono promessa, Procolo. È la tradizione della nostra famiglia.
Procolino non capì, e si intristì: chissà che usanza strana avevano? Poi scoprì che erano cattolici di rito antico, e che vivevano come chi crede nelle antiche pietre e nei vecchi libri. La famiglia di Mariella laveva cresciuta così, visto che i suoi genitori erano morti e il compito spettava ai nonni.
Mariella era la migliore della classe, non metteva anelli né collane, cosa che incuriosiva le altre ragazze. Si mormorava su di lei, ma la ragazza portava avanti la propria fiaba senza concedere nulla agli altri.
Ogni anno diventava più bella, al liceo sembrava una principessa, mentre i ragazzi la guardavano di nascosto, nella penombra delle scale. Mai una parola contro di lei.
Finito il liceo, gli amici si dispersero: Procolo partì per Milano, iscrivendosi alluniversità. Di Mariella sapeva solo che si era sposata. Le vacanze tornava poco, destate lavorava in giro con i gruppi di volontariato.
Mariella sposò il ragazzo cui era stata promessa, si trasferì in un paese lontano sui laghi, dove mungeva la mucca, rastrellava il fieno destate, si occupava di casa e orto. Nacque un figlio. Nessuno dei compagni di scuola la vide più.
Quindi Mariella cura con le erbe, pensava Procolo sul divano Chissà, è ancora più bella.
Quella notte Procolo dormì male. Al mattino, davanti al suo espresso, la mente era immersa nel passato, il volto di Mariella ovunque.
Eh sìil primo amore è una cicatrice che non si rimargina mai.
Visse a Milano per giorni come dentro la foschia, finché cedette e le scrisse.
Ciao, Mariella!
Buona salute, rispose lei, invariata. Cè qualcosa che ti turba?
Mariella, sono Procolo, tuo compagno di scuola, ti ricordi? Sedevamo vicini, sai Ti ho vista online e mi è tornato tutto in mente.
Ti ricordo. Tu eri il più bravo della classe.
Qui cè il tuo numero, posso chiamarti? chiese lui con voce afona.
Certo, chiamami pure.
Quella sera la chiamò appena tornato dal lavoro. Parlarono come chi si riconosce nei sogni: scoprendo chi viveva dove e come.
Sono a Milano, lavoro qui, rispose Procolo. Ma raccontami di te, Mariella. Hai una famiglia grande? Marito buono? Dove abiti?
Sono tornata nella vecchia villetta. Sai quella vicino al bosco. Mi sono trasferita dopo che il marito è morto Un orso nel parco, pensa. Il nonno se nè andato molti anni fa.
Mi dispiace tanto, Mariella
Fa nulla, ci ho fatto pace. E poi nessuno può sapere tutto di tutti. Procolo, chiama pure per i rimedi o anche solo per parlareio do consigli a volte
Solo per chiedere come stai. Non mi servono le erbe, mi hai solo colpito, invaso dai ricordi. Da anni non torno al paese, mia madre ormai non cè più.
Il discorso proseguì tra vecchi amici, i nomi dei compagni si rincorrevano nel buio. Poi di nuovo il silenzio. Casa, lavoro, e una settimana dopo il cuore di Procolo si ripresentò e chiamò Mariella.
Ciao, Mariella.
Buona salute, Procolo! Scommetto che non stai male, ma ti manca qualcosa
Mi manchi tu, Mariella, perdonami, posso venire a trovarti? domandò piano, col cuore rimbombante.
Vieni, rispose lei, in modo inatteso, quando vuoi.
Ho una settimana di ferie, si illuminò lui.
È perfetto, vieni, sai la strada, lui percepì il sorriso nella voce.
Per sette giorni pensò solo a Mariella, girando per i negozi di Milano, indeciso tra regali e ricordi. Era ansioso: chi avrebbe trovato? Comera diventata? Alla fine si mise in viaggio, il cuore accanto a lui in auto, la strada tra Milano e il lago sembrava una tela dipinta.
Arrivò al suo paesinoche ora era una cittadina ricca, con case nuove, il supermercato e la pasticceria. Si fermò davanti a uno dei bar antichi.
Che meraviglia, credevo che il nostro paese fosse morto, invece è rinato!
Eh, qui è diventato città, rispose fiero un anziano con il giornale sotto braccio. È già da qualche anno che siamo comune. Lei manca da molto?
Da troppo, ammise Procolo.
Abbiamo un ottimo sindaco, ama davvero questa terra, per questo la città fiorisce.
Mariella era fuori dalla casa a portico, aspettava. Vide lauto avvicinarsi come unapparizione in sogno, il cuore le batteva selvaggio. Nessuno aveva mai saputo che Mariella, dalla scuola, aveva amato Procolo silenziosamente. Una verità che avrebbe portato nella tomba, se lui non fosse ricomparso.
Si sedettero in giardino, il vecchio portico era vissuto ma ancora amichevoleun abbraccio di legno e profumi.
Mariella, sono venuto per una cosa importante, lei lo guardò seria, con una punta di timore.
Racconta, disse lei, tesa.
Da sempre ti amo. Non vuoi rispondere alla mia voce, nemmeno adesso?
Mariella saltò in piedi, lo abbracciò stretta.
Procolino, anchio ti amo da sempre.
La vacanza la passò da lei, immerso in giorni che sembravano sogni. Andandosene, promise:
Sistemo tutto a Milano, lavoro da casa e torno qui. Non lascerò mai più questo paese. Dove sono nato, qui resto, rideva, e il sogno si confondeva nellaria profumata di erba e pane.






