Disse “tutto bene” e pianse tutta la notte
«Mamma, ma che ti succede?» Elisabetta tirò la madre per la manica. «Perché non parli? Ti sto chiedendo qualcosa!»
«Tutto bene, piccola mia», rispose Anna Maria asciugandosi le mani sul grembiule e voltandosi verso la finestra. «Solo che oggi sono stanca.»
«Stanca tu? Sei in pensione da anni!» la voce della figlia era irritata. «Mezzora che ti spiego del trasloco e tu sembri non sentirmi.»
«Ti sento, ti sento. Vi trasferite in una nuova casa, bravi.»
Elisabetta sbuffò e si sedette al tavolo della cucina, dove due tazze di tè freddo e intonso attendevano invano.
«Mamma, guardami un attimo! Che è successo?»
Anna Maria si voltò lentamente verso di lei. Negli occhi le tremavano lacrime non versate, ma si sforzava di trattenerle.
«Ti ho detto, tutto bene. Raccontami altro di questa casa nuova.»
Elisabetta la scrutò. Qualcosa non tornava, ma non riusciva a capire cosa. La madre era dimagrita, con ombre scure sotto gli occhi.
«Mamma e papà? Non è ancora tornato dallorto?»
«Papà», esitò Anna Maria. «Papà è impegnato. Ha da fare là, con le piante.»
«A dicembre?» Elisabetta sbarrò gli occhi. «Che ci fa nellorto a dicembre?»
«Be toglie le foglie secche, controlla la serra. Sai, linverno.»
La figlia aggrottò la fronte. Il padre non andava mai allorto dinverno. Diceva che era inutile, solo spese per la benzina.
«Mamma, chiamalo. Digli di venire, devo parlare con voi due.»
«Non disturbarlo», rispose rapida Anna Maria. «È occupato.»
«Occupato a fare cosa?» Elisabetta prese il telefono. «Lo chiamo io.»
«No!» La madre le strappò il cellulare. «Non chiamarlo, ti prego.»
Elisabetta rimase sbalordita da quella reazione.
«Mamma, che sta succedendo? Vi siete litigati?»
«Non ci siamo litigati. Tutto bene, te lho detto.»
«Ma che tutto bene!» esplose Elisabetta. «Sei pallida come un cencio, gli occhi rossi, papà non cè e tu ripeti tutto bene!»
Anna Maria serrò le labbra e tornò a guardare fuori dalla finestra. I fiocchi di neve danzavano leggeri, coprendo il cortile di bianco.
«Vuoi del tè fresco?» cambiò argomento. «Questo è freddo.»
«Non voglio tè! Voglio la verità!»
Elisabetta si alzò e le si avvicinò.
«Mamma, sono tua figlia. Se è successo qualcosa, devo saperlo. Dovè papà?»
Anna Maria chiuse gli occhi. Un nodo di dolore le serrava il petto da una settimana. Una settimana di silenzi, mezze verità, finzioni.
«Papà», iniziò, poi si bloccò.
«Che ha papà?» Elisabetta le afferrò le spalle. «Mamma, mi stai spaventando!»
«Papà sta bene. Non è malato.»
«Allora dovè?»
Un silenzio pesante calò tra loro. Anna Maria fissava il pavimento, torcendo il lembo del grembiule.
«Da Rosanna», riuscì a dire.
«Da quale Rosanna?»
«Rosanna De Luca. Quella del terzo piano.»
Elisabetta batté le palpebre, confusa.
«Non capisco. Che ci fa lui lì?»
«Ci vive», sussurrò Anna Maria.
La parola cadde tra loro come un sasso nello stagno, creando onde di comprensione.
«Come ci vive?» ripeté Elisabetta.
«Si è trasferito da lei. Una settimana fa. Ha detto che non può più stare con me, che la ama.»
La figlia cadde sulla sedia come fulminata.
«Mamma è vero?»
«Vero.»
«E tu mi dici tutto bene?»
Anna Maria finalmente la guardò. Il viso era bagnato di lacrime che non poteva più trattenere.
«E cosa dovevo dirti? Che tuo padre, dopo trentotto anni insieme, mi ha lasciato per la vicina? Che sono una vecchia inutile?»
«Mamma» Elisabetta saltò su e labbracciò. «Perché non me lhai detto subito?»
«Non volevo turbarti. Hai il trasloco, i bambini, il lavoro. A che serve caricarti dei miei guai?»
«Quali bambini? I miei sono grandi! E tu sei mia madre, i tuoi problemi sono i miei!»
Anna Maria singhiozzò e si strinse a lei.
«Elisa, sto malissimo. Non so cosa fare. Come andare avanti.»
«Raccontami tutto. Dallinizio.»
Si sedettero insieme sul divano. Anna Maria si asciugò gli occhi col fazzoletto e cominciò.
«È iniziato tre mesi fa. Papà tornava sempre più tardi, diceva che aveva da fare. Poi è diventato distante. Prima mi chiedeva sempre come stavo, cosa cucinavo. Invece adesso tace, guarda la TV o il telefono.»
Elisabetta ascoltava senza interrompere.
«Prima pensavo fosse stanco. Aveva un progetto nuovo al lavoro. Ma poi ho visto che si dava più da fare: camicie nuove, il profumo E a casa era così cupo.»
«E tu non sospettavi?»
«Sospettavo, certo. Ma mi dicevo che forse immaginavo. Dopo tutti questi anni, i figli, i nipoti Mi sembrava impossibile.»
Anna Maria tornò a piangere.
«Poi ho incontrato Rosanna al supermercato. Si comportava in modo strano, imbarazzata. E allora ho capito.»
«Cosa hai capito?»
«Che stavano insieme. Lho sentito, da donna. Sono tornata a casa, e papà si preparava per uscire. Diceva che andava da Mario. Ma era tutto elegante, profumato.»
«E lhai seguito?»
«Sì. Vergogna, ma lho fatto. È andato dritto da lei. Su nel suo appartamento.»
Elisabetta strinse i pugni.
«E tu cosa hai fatto?»
«Niente. Sono tornata a casa, ho passato la notte a pensare. La mattina lui è rientrato come se niente fosse. Ha chiesto la colazione, è andato al lavoro.»
«Mamma, perché non hai parlato? Dovevi affrontarlo!»
«Avevo paura», confessò Anna Maria. «Paura che se avessi parlato, se ne sarebbe andato. Così almeno lo vedevo.»
«E quanto è durato?»
«Un mese. Un mese intero fingendo di non sapere. Gli preparavo da mangiare, lavavo, stiravo. E la notte piangevo nel cuscino.»
Elisabetta scosse la testa.
«Mamma, come hai fatto a torturarti così?»
«E cosa dovevo fare? Fare scenate? Urlare? Speravo che passasse. Che rinsavisse.»
«Ma non è passato.»
«No. Una settimana fa è tornato e ha detto che se ne andava. Proprio così, a colazione. Gli versavo il caffè e lui: Anna, ti lascio. Ho trovato unaltra donna.»
Anna Maria tremò per i singhiozzi.
«Te lo immagini? A colazione! Come se parlasse del tempo!»
Elisabetta la strinse più forte.
«E tu cosa hai detto?»
«Niente. Sono rimasta zitta. Ha preso le sue cose, le ha messe in una borsa e se nè andato. E io seduta