Disse ‘va tutto bene’ e poi ha pianto tutta la notte

“Tutto bene” – e piangeva tutta la notte

“Mamma, ma che hai?” – Martina tirò la madre per la manica. “Perché non parli? Ti sto chiedendo qualcosa!”

“Tutto bene, tesoro,” – Elena Maria si asciugò le mani sul grembiule e si voltò verso la finestra. “Solo un po’ stanca oggi.”

“Stanca? Ma sei in pensione!” – la voce della figlia era irritata. “Ti spiego da mezz’ora del trasloco, e tu sembri non sentire.”

“Sento, sento. Vi trasferite nella nuova casa, bravi.”

Martina sbuffò e si sedette al tavolo della cucina, dove le tazze di tè ormai freddo erano intatte.

“Mamma, guardami! Cosa succede?”

Elena Maria si voltò lentamente verso la figlia. Negli occhi le brillavano lacrime non versate, ma si sforzava di trattenerle.

“Ti dico, tutto bene. Raccontami ancora della tua casa.”

Martina osservò la madre con attenzione. Qualcosa non andava, ma non riusciva a capire cosa. La madre sembrava più magra, con occhiaie scure sotto gli occhi.

“Mamma, dov’è papà? Non è ancora tornato dall’orto?”

“Papà…” – esitò Elena Maria. “Papà è impegnato. Ha molto da fare là.”

“A dicembre?” – Martina si stupì. “Cosa c’è da fare nell’orto a dicembre?”

“Be’… spalare la neve, controllare la casetta. È inverno.”

La figlia aggrottò le sopracciglia. Il padre non andava mai nell’orto d’inverno. Diceva che era inutile, solo soldi sprecati per il viaggio.

“Mamma, chiamalo. Devo parlare con entrambi.”

“Non disturbarlo,” – rispose Elena Maria in fretta. “È… occupato.”

“Occupato a fare cosa?” – Martina prese il telefono. “Lo chiamo io.”

“No!” – la madre le strappò il cellulare. “Per favore, non chiamarlo.”

Martina rimase sbalordita.

“Mamma, cosa sta succedendo? Vi siete litigati?”

“Non ci siamo litigati. Tutto bene, te l’ho detto.”

“Ma che ‘tutto bene’!” – esplose Martina. “Sei pallida come un lenzuolo, gli occhi rossi, papà non c’è, e ripeti ‘tutto bene’!”

Elena Maria strinse le labbra e tornò a guardare fuori dalla finestra. Fuori, i fiocchi di neve danzavano, coprendo il cortile di bianco.

“Vuoi del tè fresco?” – cambiò discorso. “Questo è freddo.”

“Non voglio tè! Voglio la verità!”

Martina si alzò e si avvicinò alla madre.

“Mamma, sono tua figlia. Se è successo qualcosa, devo saperlo. Dov’è papà?”

Elena Maria chiuse gli occhi. Un nodo le serrava il petto da una settimana. Una settimana di silenzi, mezze verità, finzioni.

“Papà…” – iniziò, poi si fermò.

“Cosa gli è successo?” – Martina le afferrò le spalle. “Mamma, mi stai spaventando!”

“Sta bene. Non è malato.”

“Allora dov’è?”

Un silenzio pesante cadde tra loro. Elena Maria fissava il pavimento, torcendo il lembo del grembiule.

“Da Livia,” – disse alla fine.

“Da quale Livia?”

“Livia De Santis. La vicina del terzo piano.”

Martina batté le palpebre, confusa.

“Non capisco. Cosa ci fa là?”

“Ci vive,” – mormorò Elena Maria.

Quelle parole caddero come un sasso nello stagno, creando onde di comprensione.

“Come… ci vive?” – chiese Martina.

“Si è trasferito da lei. Una settimana fa. Ha detto che non poteva più stare con me, che la ama.”

La figlia si lasciò cadere sulla sedia, come se le gambe le avessero ceduto.

“Mamma… È vero?”

“Vero.”

“E tu mi dici ‘tutto bene’?”

Elena Maria finalmente si voltò verso la figlia. Il suo viso era bagnato di lacrime che non riusciva più a trattenere.

“E cosa dovevo dirti? Che tuo padre, con cui ho passato trentotto anni, mi ha lasciato per la vicina? Che ora sono una vecchia inutile?”

“Mamma…” – Martina balzò in piedi e la abbracciò. “Perché non me l’hai detto subito?”

“Non volevo turbarti. Hai il trasloco, i figli, il lavoro. A cosa ti servono i miei problemi?”

“Quali figli? I miei sono già grandi! Sei mia madre, e i tuoi problemi sono i miei!”

Elena Maria singhiozzò e si strinse alla figlia.

“Martina, sto così male. Non so cosa fare. Come andare avanti.”

“Dimmi tutto. Da capo.”

Si sedettero insieme sul divano. Elena Maria si asciugò gli occhi con un fazzoletto e cominciò a raccontare.

“È iniziato tre mesi fa. Papà tornava sempre più tardi, diceva che aveva da fare. Poi è diventato distante. Prima mi chiedeva sempre come stavo, cosa cucinavo. E invece niente, solo tv o telefono.”

Martina ascoltava senza interrompere.

“All’inizio pensavo fosse stanco. Al lavoro aveva un progetto importante. Ma poi ho notato che si curava di più. Nuove camicie, il profumo. E a casa cupo.”

“E non sospettavi niente?”

“Sospettavo, certo. Ma pensavo di sbagliarmi. Dopo tutti questi anni insieme, i figli, i nipoti… Mi sembrava impossibile.”

Elena Maria scoppiò di nuovo in lacrime.

“Poi ho incontrato Livia al supermercato. Si comportava in modo strano, evitava il mio sguardo. E ho capito.”

“Capito cosa?”

“Che stavano insieme. L’ho sentito, da donna. Sono tornata a casa, e papà stava uscendo. Diceva che andava da Enrico. Ma era tutto elegante, pettinato.”

“E l’hai seguito?”

“Sì. Mi vergogno, ma l’ho fatto. È andato dritto da Livia. Su nel suo appartamento.”

Martina serrò i pugni.

“E tu cosa hai fatto?”

“Niente. Sono tornata a casa, ho passato la notte a pensare. La mattina è rientrato come se niente fosse. Ha chiesto la colazione e se n’è andato al lavoro.”

“Mamma, perché non hai parlato? Dovevi affrontarlo subito!”

“Avevo paura,” – ammise Elena Maria. “Paura che se ne sarebbe andato. Così almeno era ancora a casa, potevo vederlo.”

“E quanto è durato?”

“Un mese. Un mese intero a fingere di non sapere. A cucinare, lavare, pulire. E di notte piangevo nel cuscino.”

Martina scosse la testa.

“Mamma, come hai fatto a torturarti così?”

“E cosa potevo fare? Fare scenate? Gridare? Pensavo che sarebbe passato. Che si sarebbe ravveduto.”

“Ma non è passato.”

“No. Una settimana fa è tornato e ha detto che se ne andava. Proprio così, a colazione. Gli versavo il caffè, e lui: ‘Elena, ti lascio. Ho trovato un’altra donna’.”

Elena Maria tremò per i singhiozzi.

“Te lo immagini? A colazione! Come se parlasse del tempo!”

Martina strinse la madre tra le braccia.

“E tu cosa gli hai risposto?”

“Niente. Sono rimasta muta. Ha preso le sue cose, le ha messe in una borsa e se n’è andato. Io ero ancora lì con la caffettiera in mano.”

“Dio, mamma…”

“Sai cosa fa più male? Che non si è nemmeno sc

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