Soffa “Sogno”
Antonio e Giulia stavano insieme da due anni. Giulia passava la notte da lui quando sua madre andava alla casa di campagna o da un’amica a Milano. Aspettavano con ansia quei momenti fugaci. Ma l’estate era finita. Settembre regalava ancora giorni tiepidi e soleggiati, ma presto sarebbero arrivate le piogge. La madre di Antonio non partiva più ogni weekend per la casa in campagna. Ora restava solo la possibilità che andasse a trovare l’amica a Milano, ma succedeva di rado.
I due innamorati erano giù di morale.
“Antonio, non mi ami più? Non vuoi stare con me nel bene e nel male?” – Giulia aveva lasciato cadere un sottile suggerimento: era ora di pensare al matrimonio.
Erano in piedi davanti casa sua, e da mezz’ora non riuscivano a separarsi.
“Ma cosa ti salta in mente?” – Antonio si allontanò un attimo per guardarla negli occhi. – “Ti sposerei anche domani, ma dove vivremmo? Non posso permettermi un affitto, tu hai ancora un anno di università. A meno che… non ti dispiaccia vivere con mia madre. E con i tuoi genitori non è possibile, l’appartamento è troppo piccolo. Aspettiamo ancora un po’, no? Quando avrai finito gli studi…”
“Ma non ce la faccio più a lasciarti ogni sera, ad aspettare che tua madre esca di casa. I miei mi chiedono perché non mi chiedi di sposarmi.” – Giulia inspirò, ma invece di un sospiro le sfuggì un singhiozzo.
“Giuli, ti prometto che troverò una soluzione. Ti amo tantissimo.”
“Anch’io,” – rispose lei, eco delle sue parole.
“Bene. Andiamo,” disse Antonio prendendole decisamente la mano.
“Dove?”
“A casa tua. Voglio chiedere la tua mano ai tuoi genitori. A meno che tu non abbia cambiato idea.”
“Andiamo!” – esclamò Giulia, raggiante.
Così, tenendosi per mano, entrarono nell’appartamento di Giulia.
“Entrate pure, ragazzi,” – li accolse la madre con un sorriso.
In cucina, sul tavolo, c’erano già quattro tazze e un vassoio di biscotti e cioccolatini, come se li avessero aspettati.
“Vi ho visti dalla finestra. Mezz’ora per dirvi arrivederci,” – sorrise la madre, notando lo sguardo stupido di Giulia. – “Basta bighellonare per strada. L’inverno è alle porte. Sappiamo già dove dormite.” – A quelle parole, Giulia abbassò lo sguardo. – “Io e tuo padre non abbiamo nulla contro il vostro matrimonio.”
“Non vi invitiamo a vivere con noi. Capiamo che non vogliate stare con i genitori. Un mio collega vende un monolocale. Ho subito pensato a voi. Quindi…” – aggiunse il padre.
“Grazie, papà!” – gridò Giulia.
“Non cantare vittoria troppo presto. Antonio sembra contrariato.”
Antonio guardò diritto negli occhi il padre di Giulia.
“Non siete ricchi. Mi vergognerei ad accettare un regalo del genere. Sono un ragazzo forte, posso guadagnarmi da solo un appartamento,” – disse.
“Di che vergogna parli? Mica lo rubiamo,” – osservò il padre, un po’ deluso. – “Se non aiutiamo i figli, chi altro? Io ho ereditato questo appartamento dai miei. Ora tocca a noi darvi una mano. Vergogna, lui dice! Quando avrai i soldi, comprerai qualcosa di più grande. Ma intanto vivete lì. E poi, non lo compro per te, ma per mia figlia, perché sia felice. E lei è felice con te. Guarda che coscienzioso.” – Il padre posò uno sguardo gentile sulla figlia, poi uno più severo su Antonio.
Sotto il tavolo, Giulia gli strinse la mano, come a dire: “Non discutere, accetta per me.”
“Grazie,” – mormorò Antonio, senza entusiasmo.
Mancava meno di una settimana al matrimonio. L’abito bianco era stato acquistato, gli inviti spediti ai parenti, il ristorante prenotato.
“Antonio, nell’appartamento non c’è un divano,” – Giulia ormai lo chiamava “nostro”. – “Dove dormiremo? Per terra?” – chiese all’improvviso, preoccupata.
“Non sia mai. Compreremo un divano.”
“E quando?” – replicò lei, ragionevole.
Così andarono in un negozio di mobili. Gironzolarono a lungo tra divani di ogni misura e colore. Giulia si sedeva su ognuno, valutandone la comodità. Alla fine, ne scelse uno dall’aspetto semplice ma elegante. Si sedette, chiuse gli occhi.
“Un’ottima scelta, ragazzi,” – disse una voce femminile accanto a loro.
Giulia aprì gli occhi e vide la commessa, che sorrideva cordiale.
“Vedo che vi piace. Prendetelo, non ve ne pentirete.” – Illustrò i vantaggi del modello. – “È l’ultimo rimasto. Siediti anche tu,” – invitò Antonio.
Lui si sedette accanto a Giulia, che subito gli si strinse al braccio, appoggiando la testa sulla sua spalla.
“Siete sposati?” – chiese la commessa, anche se vedeva benissimo che non portavano fedi.
“No, ma tra una settimana ci sposiamo,” – annunciò Giulia.
“Auguri! Bella idea, iniziare la vita insieme con un divano nuovo. Vi trovate comodi?”
“Molto. Non vorrei mai alzarmi. Quanto costa?” – chiese Giulia, ricordandosi all’ultimo momento.
La commessa mostrò l’etichetta sul tavolino accanto.
“Soffa ‘Sogno’,” – lesse Giulia, allargando gli occhi davanti al prezzo.
“I sogni vanno pagati,” – commentò filosofica la venditrice.
“Ma…” – iniziò Giulia.
“Ti piace?” – le sussurrò Antonio all’orecchio.
“Scherzi? È il più comodo di tutti quelli che abbiamo visto.”
“Allora lo prendiamo,” – disse deciso Antonio.
“Ottima scelta. Andiamo alla cassa.”
Il giorno dopo, il divano fu consegnato a casa. Appena i trasportatori se ne andarono, Antonio e Giulia vi si sedettero e iniziarono a baciarsi.
Con l’abito bianco, Giulia era uno spettacolo. Antonio non la staccava gli occhi di dosso, persino a tavola le teneva la mano, come se temesse che gliela portassero via.
“Ma cosa ci trovi in lei? È una ragazza come tante. Ce ne sono di più belle,” – disse il suo amico e testimone, non capendo la sua scelta.
“Non ne voglio altre. Quando ti innamorerai, capirai,” – rispose Antonio.
“Non credo. Non è ancora nata quella per cui rinuncerei alla libertà.”
“Di cosa state parlando? Antonio, vieni,” – Giulia si avvicinò e portò via il neo-marito.
Gli ospiti li congratularono, tutti volevano abbracciare e baciare Giulia. Parteciparono a giochi, ballarono e si baciarono tra gli urli di “Bacio!” Giulia sorrideva, senza far trasparire la fatica per i tacchi alti e l’abito lungo. Antonio non vedeva l’ora di essere a casa, solo con la sua sposa…
Finalmente arrivarono. Giulia si tolse le scarpe scomode e sembrò rimpicciolirsi. Antonio la sollevò tra le braccia e la portò sul divano…
La sera, stavano seduti sul divano davanti alla TV, raccontandosi la giornata. Giulia lo adorava. Sembrava modellarsi sul suo corpo. Tutti i litigi, le riappacificazioni, le decisioni importanti erano passati da lì. Era il centro della loro vita.
Passarono l’autunPassarono l’autunno e l’inverno innevato, poi arrivò la primavera, e quando il loro figlio imparò a camminare, il divano “Sogno” divenne il suo piano di gioco preferito, mentre i due amanti, ormai cresciuti, si abbracciavano ogni sera ricordando che i veri sogni, quelli che durano, sono fatti condivisi.