Mi chiamo Andrea e sto cercando di parlare con qualcuno che forse ha vissuto un’esperienza simile alla mia. Non cerco pietà né condanne, voglio solo esprimere quello che provo, perché ormai non riesco più a tacere. Non riesco più a gestire tutto questo da solo.
Mia moglie si chiama Marisa. Siamo insieme da quasi sedici anni, e sposati ufficialmente da quindici. Abbiamo due figli, un maschio e una femmina. Abbiamo costruito la nostra casa nella provincia di Roma, lavoriamo, cresciamo i figli, e ogni tanto andiamo al mare — una famiglia felice, almeno all’apparenza. Ma io non riesco più a dormire la notte. Perché mi soffoca… la gelosia.
Amo ancora Marisa come allora, nel giorno del nostro matrimonio, anzi, di più. Perché ora so com’è nella vita di tutti i giorni, nei momenti difficili. L’ho vista stanca, malata, spettinata, triste — e la considero ancora la donna più bella del mondo. A volte, quando esce per andare al lavoro, mi capita di osservarla di nascosto mentre si prepara — come sceglie gli orecchini, come sistema la gonna. Mi fa tremare di piacere essere suo marito. Le porto ancora il caffè al mattino e lascio bigliettini sullo specchio del bagno.
Ma proprio a causa di questo amore, sto bruciando dentro. Perché ho paura. Ho paura di perderla. Ho paura che un giorno torni a casa, ma non da me. Temo che qualcun altro possa farla ridere come faceva con me una volta.
I miei timori non provengono dal nulla. Sono alimentati dalle storie che sento ogni giorno al lavoro. Uomini che ridacchiano nella sala fumatori raccontando di gite con “ragazze” durante i viaggi di lavoro. Di come le loro mogli non sappiano nulla. Di quanto sia facile nascondere tutto. Uno di loro, senza vergogna, mi ha detto in faccia: “Ma credi davvero che la tua sia così fedele? Ormai tutte sono…”.
Dopo queste conversazioni ho iniziato a notare ogni dettaglio. Prima Marisa poteva stare ore in pigiama, ora mette un po’ di trucco anche solo per andare a fare la spesa. Prima tornava a casa alle sei, ora chiama dicendo che si trattiene per un “nuovo progetto”. Prima condivideva tutto della sua giornata — ora si limita a dire: “Tutto bene”. È sempre stata ordinata, ma ora nel suo guardaroba ci sono abiti nuovi, chiaramente “non da lavoro”. Profumi nuovi. Un nuovo rossore sulle guance. O forse me lo sto immaginando?
Mi sorprendo a pensare di voler controllare il suo telefono. Di installare un GPS sulla sua macchina. Di chiamare in ufficio per capire se è realmente lì. O di andare a trovarla sul lavoro, come per caso, e restare fuori a vedere con chi esce a pranzo. Lo stesso uomo sempre accanto a lei? Non è troppo galante? Ma poi mi blocco — e se lei si accorgesse? E se mi stessi sbagliando? E se tutto fosse solo nella mia testa? Come potrei mai spiegare il mio comportamento?
Questi pensieri mi divorano. Ogni sera attendo, ascoltando ogni passo dietro la porta. Ogni ritardo — un colpo al cuore. Non riesco a farle una domanda diretta, perché temo di sentire la verità. E se dicesse “no” — riuscirei a crederle?
Non mi riconosco più. Sono sempre stato un uomo sicuro di me. Non ho mai spiato, non ho mai fatto scenate. Ma ora mi sento diviso tra l’amore e la paranoia. Non voglio distruggere il nostro matrimonio con i miei sospetti. Ma non riesco più a vivere fingendo di non notare che qualcosa sta cambiando.
So che la gelosia è una malattia. Cosa fare quando diventa cronica? Non voglio perderla. Voglio essere con lei, svegliarmi al suo fianco, crescere insieme, invecchiare insieme. Voglio fidarmi. Ma non so come.
Se stai leggendo questo — tu che una volta hai sentito che il terreno ti scivolava da sotto i piedi — dimmi: cosa devo fare? Dovrei parlarle onestamente, rischiando di sentire la cosa peggiore? O tacere e restarle accanto, sperando che la tempesta passi?
Non ce la faccio più. Sto annegando nella mia gelosia. E non so come uscirne.