Dolce inganno, amara realtà

Dormire bene qua e là
— Allora, stavolta ti auguro davvero di non passare solo tre giorni da noi. Resterai un po’ più a lungo, magari? Marzia! Perché non dici niente?
— Caterina, buon compleanno! Sta’ bene, ti vogliamo tanto bene! Appena risolviamo un paio di cose, ti chiamo subito.
Maria riattacò il telefono in fretta e furia.
«Ecco qua, pensò, posandolo sul tavolo. Eppure il colloquio era自主品牌, la suocera era gentile come non mai e il motivo dello stesso era perfetto: il suo cinquantesimo. Ma sin dal primo istante, desiderai che la chiacchiera terminasse al più presto».
A Maria non faceva alcun piacere andare a trovare i suoceri durante le vacanze estive, quelle tanto desiderate che finalmente coincisevano con quelle di Luca. Pensava ci fossero davvero mille altri modi in cui lei, lui e i due figli avrebbero potuto divertirsi al meglio. Aveva anche cercato di sottolinearlo a Luca, sperando che almeno quest’estate avesse scelto qualcosa di diverso da casa della madre, ma lui non aveva ceduto. Era così che era stato educato: bisogna adorare i genitori. Non poteva non far piacere ai propri genitori di sapere che i figli ci sono. Sarebbe stato maleducato.

— Luca, ti vedo un genitore massimo una volta all’anno. Vuoi davvero che smettiamo di andarci anche in vacanza? Così i ragazzi perderanno l’abitudine di sapere che esistono nonni che abitano in un’altra regione.
— Cara, un modo più delicato per dirlo… Ma mai ti è sembrato che queste visite siano necessarie soltanto per te?
— Cosa intendi? — Luca corrugò la fronte preoccupato.
— Intendo dire che i tuoi genitori hanno ormai l’abitudine di vivere distanti da te, da noi. Non soffrono di non vedere i nipoti, di non trascorrere tempo con loro. Le loro vite vanno bene così.
— Ma cosa dici? Perché adesso queste idee?
— Perché tua madre mi chiede sempre solo una cosa: foto o video dei ragazzi. Basta. Non chiede mai come stiano, se imparano, se sono malati. Per lei i nipoti sono solo da mostrare alle amiche o al vicino di casa. Un bell’immagine perfetta, niente di più. I nostri problemi non la riguardano.
— Non sarò d’accordo. Siamo lontani. Non possono stare con Matteo, portarlo in piscina, o incontrare i grandi quando tornano da scuola. Se abitassimo vicino sarebbe diverso.
— Luca… Mia madre vive in un’altra città, eppure non le è mai mancato l’idea di correre da noi appena capita un problema. Prende ferie o una malattia, prende il treno e si precipita. Mai visto una simile levata di scaglie nei movimenti di tua madre.
— Hai ragione, lo so. Mia suocera è fantastica. Ci ha sostenuti sempre come un vero asso nella manica.
— Ecco, ogni volta che siamo da loro passa ore a giocare con i ragazzi: passeggiate, ciclismo, giochi in piscina, nascondino. Non può fare a meno di prenderli in braccio. Sarà come dev’essere in famiglia: affetto, attenzione, amore.
— Maria… che vuoi da me? Le persone sono diverse. Tua madre è un sole, sempre viva e piena di iniziative. I miei genitori invece… hanno un’età avanzata, hanno un carattere diverso. E adesso non andiamo neppure più in visita?
Maria rimase zitta un attimo, mordicchiandosi le labbra come spesso faceva. Poi decise di non tenere per sé queste sensazioni.
— Mi sento male lì, e male sento anche i ragazzi. Infastiditi, invadendo un ambiente fin troppo scomodo. Non so come spiegarlo.
— Come? Perché? La casa dei miei genitori è bella, ci sono stanze sempre disponibili, tutto pulito, comodo, scorrevole. C’è più di quanto desideriamo.
— Luca, c’è un detto: «Chi dorme potrebbe sognare, ma svegliarsi却发现头疼». Mi rappresenta esattamente quando vado da tua madre.
— Mi stupisci, davvero. Perché non hai mai detto niente? Mi sembrava fosse un posto felice per voi. Passare le vacanze da casa loro sembrava perfetto per visitare i miei genitori e per voi. Perché non mi dici che c’è qualcosa che non va?
— Tutto. Appena arriviamo con tutta la famiglia, la tranquilla routine dei tuoi genitori finisce in un disastro.
— Non l’ho mai notato, Maria. Non riesco a crederti. Ti fai troppe illusioni.
— Luca, tuo non sei mai presente. Sei sempre impegna con il lavoro o con le faccende domestiche. Quando sei da mia madre e mio padre, passi quasi tutto il tempo con loro e non con me o con i ragazzi. Io invece sento e vedo tutto. Tutte quelle frasi pungenti di tua madre. Gli sguardi inespressi di tuo padre. Ti sembra bello? Siamo sposati da dieci anni, eppure ha un’aria come se non mi avesse mai accettata. O forse nemmeno voi siete felice del fatto che abbiamo un’altra famiglia.
— Maria! Basta! Ti prego, smettila. Non sai più cosa dici.
— Allora decidei: andiamo a trovarli per questa volta. Però promettimi di prestare attenzione a come si comportano. Forse così andrà tutto meglio. Non incolparmi nemmeno stavolta del tuo disappunto.
Decisero così.

I giorni seguenti, Maria passò a preparare ogni cosa per la grande famiglia. Luca, invece, andava in depressione. Probabilmente le sue parole l’avevano ferito.
Il viaggio per arrivare alla casa estiva di Luca era breve. Maria fece del suo meglio per creare allegria, cantando con i ragazzi. Capiva che la sua dichiarazione avesse scosso Luca, ma non poteva tacere.
Era stufa assai di essere sempre buona per tutti. Aveva sempre sorriso ai suoceri, rispondendo alle loro frecciatine e critiche. Non voleva litigi in casa ma apparve che non valesse la pena. Caterina, sembra si fosse sentita indistruttibile, non mancò mai di tormentarla.Troppi rumori—ecco, Maria non educava bene. Luca troppo magro—vuol dire non cucina abbastanza. Gonna corta—non appropriata per la sua età. Insomma, anche in assenza di problemi, Caterina trovava sempre modi per criticare. Maria era distrutta da questa pressione e decise che stavolta sarebbe stato diverso.
— Ciao tesoro! — cucinifica salutò con gioia dalla porta— da dove stavate arrivando? Venite dentro, vi stavamo aspettando.
Luca la guardò con sdegno— Allora non dicevi niente su di lei? Guarda come ti ama davvero.
— Figlio, portate su gli zaini, subito. Noi non possiamo permetterci di fare disordine.
Luca ubbidì, prendendo addosso i numerosi bagagli.
— Perché sempre tanta roba? Non sappiamo nemmeno come si impacchetta. Così Luca fatica a portarla. Un po’ di compassione per il tuo marito che non dorme mai e non mangia bene.
— Caterina, parlo a voce alta apposta perché Luca senta. Luca mangia bene, ha una dieta bilanciata. Ossia in genere si assomiglia al papà. Guardi tuo fratello—non li hai mai notati? Mangi bene? I vestiti non sono tanti, perché abbiamo cinque persone in famiglia, non dimenticarti. I ragazzi qui si sporcano sempre, e lavare non è facile, quindi portiamo molto da cambiare. Non è colpa mia.
Caterina rimase a bocca aperta, sorpresa. Luca, intanto, era sceso e ascoltava. Non disse nulla ma si sentì male. Erano appena arrivati e già le critiche iniziavano.
— Vieni a tavola. Sospetto abbiate fame. — Caterina provò a recupero, ma era evidente la sua preoccupazione.
Il papà di Luca entrò dalla veranda.
— Oh, siete arrivati! Ciao ragazzi! Che scherzo, già rotolati? Qualcosa avete rotto? O non siete riusciti a far altro? Ieri ho nascosto le tue statuine e quadri… non vorrei si rompessero tutti. — rise lui.
I ragazzi smisero di correre per un momento.
— I miei figli non hanno rovinato mai niente. Non inventarti balle. — intervenne Maria.
Il padre di Luca si arrabbiò ma si sedette al tavolo.
— Vai dritto, Matteo. Alessio, non ti comportare male. Mangia piano, Luca. — Caterina continuare a rimproverare i ragazzi per tutto il pasto.
Maria non ne poté più e disse:
— Basta! Sono solo bambini, non sanno star fermi o mangiare con ordine, come fanno gli adulti. Fai un po’ più di spazio, Caterina.
Caterina fremette, arrossendo dalla rabbia, ma non disse niente davanti a suo figlio.
I ragazzi finirono di mangiare, corsero a giocare, e il rumore era buttato all’aria.
— Maria, fais cesser ce vacarme! Non posso neanche parlare. — sospirò sua madre.
— Sono bambini, scherzano, è divertente. Se li lasci andare si calmano da soli. Prova a giocare con loro—è divertente.
— Basta. Non ricordo nemmeno come ci si diverte. Inoltre, non sai comportarti bene.
— Mi comporto bene, grazie. — sorrise Maria, freddamente.
Luca osservava da lontano, pensando a tutto: non aveva mai visto sua madre tanto scontenta di sua moglie e dei ragazzi come stavolta. Fino ad allora aveva sempre nascosto le critiche quotidiane, ora si era mostrata apertamente.
Maria si alzò per prendere il cibo caldo, spostò il piatto con l’insalata. Caterina urlò improvvisamente:
— Cosa fai? Questo cucchiaio è solo per il primo! Perché ti permetti di toccarlo? Come ti insegnano a cucinare? Come fa tuo marito a convivere con te? — Caterina era fuori di sé, e non si preoccupò nemmeno di Luca. — Te l’ho detto già mille volte: non toccare niente in casa mia. Fai come ti dico io!
— Allora non mangiamo e non nutriamo i ragazzi finché non dici “sì”. Sei felice?
— Sezionate la casa, vi telefico per dire come vi comportate! — sbraitò Caterina.
— Basta! — urlò Luca, alzandosi— mamma, ti chiedo solo una cosa. Perché ci chiami ogni anno, se stare insieme vi è così insopportabile? Sì, abbiamo tanti figli, ma pensavo ti piacessero e fossi contenta. Invece… No. Non ci verrò più.
Luca uscì, andò a giocare coi ragazzi. Era contento che sua madre non si interessasse affatto a loro. Maria aveva ragione.
La mattina seguente, Caterina si svegliò e trovò la casa in silenzio. Non c’era traccia di suo figlio, né dei suoi figli né della sua nuora.
Luca aveva deciso—finalmente di fare la volontà della sua sposa—di portarli veramente in vacanza. Maria abbracciò i ragazzi, sorridente.

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