Maria Bianchi è seduta tranquilla sul sedile del passeggero dellauto di sua figlia, le mani rugose intrecciate sul piccolo borsone di cuoio che tiene in grembo. Ottantatré anni ha, i capelli, un tempo castano ramati, ora sono dun argento delicato, e sottili rughe tracciano il passare del tempo sul suo volto. Fuori dal finestrino scorrono le vie familiari del quartiere, ognuna carica di ricordi dei quarantasette anni trascorsi nella stessa modesta casa di due stanze.
Dà unocchiata di lato a Fiorella, la figlia adottiva, che fissa la strada. Maria ha accolto Fiorella quando la bambina aveva sette anni, una ragazzina dal sguardo serio che aveva già visto troppa tristezza. Ora, a quarantadue anni, Fiorella è una donna serena, con una forza placida che ricorda a Maria la quercia del giardino di casa, quella che ha resistito a innumerevoli tempeste e rimane ancora eretta. Ti trovi comoda, mamma? Hai bisogno che alzi il riscaldamento? chiede Fiorella, incrociando brevemente lo sguardo con Maria. Sto bene, cara, risponde la vecchia, anche se il conforto è lontano dal suo pensiero. I suoi occhi si posano sul bagaglio nel bagagliaio: album fotografici, lanello di nozze, alcuni libri preziosi e vestiti per una settimana. Il resto delle sue cose è stato setacciato nellultimo mese: donato, regalato ai vicini o distribuito tra i parenti.
Maria sapeva che quel giorno sarebbe arrivato. La sua salute peggiora da quella caduta dellinverno scorso. Le parole del medico riecheggiano nella sua mente: non dovrebbe più vivere sola. Quando Fiorella le propone una passeggiata, Maria capisce il significato. I depliant delle case di riposo di San Pietro e di Pineto sono sparsi sul tavolino del soggiorno da settimane. Fiorella è stata gentile, ma insistente, nel farle capire che è il momento di fare il passo successivo.
Guidano in silenzio per un po, lasciandosi alle spalle la parte più familiare del borgo. Maria osserva il paesaggio trasformarsi, dalle strade del quartiere alla strada statale che esce dal paese. Un nodo si forma in gola quando passano davanti alla biblioteca, dove ha fatto volontaria per ventanni, e poi accanto al parco, dove spingeva Fiorella sullaltalena da bambina. Ti ricordi quando mi imploravi di spingerti più in alto? dice Maria con voce leggermente tremante. Fiorella sorride, gli occhi socchiusi, e risponde: Mi dicevi di non andare troppo in alto, ma poi mi davi un colpo forte che mi faceva urlare. Il ricordo fluttua dolce e nostalgico tra loro.
Continuano a guidare e, improvvisamente, si rendono conto di aver superato luscita per San Pietro. La confusione appare sul volto di Maria. Ti sei persa luscita, cara? chiede Fiorella. Oggi non andiamo a San Pietro, risponde Maria con un sorriso curioso. Il cuore di Maria accelera per lincertezza, ma Fiorella le dice di andare un po più avanti. Dopo dieci minuti svoltano in una via alberata di un quartiere che Maria non riconosce: case antiche, simili alla sua, con giardini curati e alberi maturi. Fiorella rallenta e si ferma davanti a una dimora di campagna azzurra, con cornici bianche e un ampio portico adornato da fioriere.
Siamo qui, annuncia Fiorella spegnendo il motore. Maria guarda la casa, confusa. Dove siamo? chiede. A casa, risponde Fiorella, scendendo dallauto e aiutando Maria, che si muove lentamente con il bastone. Salendo il vialetto di pietra, la porta dingresso si apre e appare Marco, il marito di Fiorella, con un largo sorriso. Benvenuta a casa, Maria! esclama. Maria resta immobile, disorientata. Non capisco, mormora. Marco la accompagna sul portico.
Tre mesi fa abbiamo comprato questa casa e la stiamo ristrutturando da allora, spiega Fiorella. Vuoi vedere linterno? Maria, ancora perplessa, entra in un luminoso salotto dove i mobili nuovi si mescolano a molti dei suoi oggetti: il suo libro preferito su una poltrona vicino a una grande finestra, coperte fatte a mano sul divano, e una serie di fotografie di famiglia sulla mensola del camino di mattoni. Non ha senso, sussurra Maria, la voce rotta. Fiorella la conduce attraverso una cucina spaziosa con piani bassi e armadi a portata di mano, poi al tavolo da pranzo dove riposa il suo amato tavolo di rovere, e infine a una porta sul retro. Questa è la tua suite, dice, aprendo la porta su una camera da letto con bagno annesso, dipinta del suo azzurro pallido preferito. Il letto è pronto con lenzuola fresche, e larmadio di legno artigianale della nonna è appoggiato al muro. Il bagno ha maniglioni, una doccia a filo pavimento con sedile e porte larghe, tutte le modifiche consigliate dal medico.
Le lacrime le salgono agli occhi. Fiorella le prende le mani tremanti. Mamma, non avevamo mai pensato di portarti in una casa di riposo. Io e Marco lavoriamo da mesi su questa casa. Cè spazio per tutti e tutto è pronto perché tu possa muoverti in sicurezza mantenendo la tua indipendenza. Marco appare nella soglia, seguito dai gemelli di dodici anni, Alessia e Matteo, pronti a sorprendere la nonna. Ti vogliamo con noi, nonna, dice Alessia avvicinandosi per abbracciare Maria con tenerezza. Chi mi insegnerà a fare quelle biscotti deliziosi? aggiunge Matteo sorridendo. Maria si lascia cadere lentamente sul bordo del letto, sopraffatta. Ma le vostre vite, le vostre abitudini, sarò un peso. Fiorella si inginocchia davanti a sua madre, lo sguardo serio. Mamma, ti ricordi quello che mi hai detto il giorno in cui mi hai adottata ufficialmente? Hai detto: La famiglia non è questione di convenienza, è questione di appartenenza. Mi hai scelto quando non dovevi farlo. Ora scegliamo questo insieme. Maria guarda intorno alla stanza, le foto di famiglia sul comodino, la libreria piena dei suoi romanzi preferiti, la poltrona vicino alla finestra che si affaccia su un piccolo giardino. Hai fatto tutto questo per me, sussurra. Con te, corregge Fiorella dolcemente. Questo non è la fine della tua indipendenza, mamma. È solo un nuovo capitolo in cui ci aiutiamo a vicenda. Torneremo. Le gemelle hanno bisogno della saggezza della nonna. A Marco servirebbe il tuo famoso consiglio di giardinaggio. E io ho ancora bisogno di te. Le lacrime di Maria scorrono liberamente. Capisce che non è una conclusione, ma una continuazione, una forma diversa di famiglia, ma famiglia lo stesso.
Quella sera condividono la cena attorno al vecchio tavolo di Maria nella nuova casa. Al tramonto, attraverso le finestre, Maria sente i suoni familiari: il tintinnio delle stoviglie, le risate dei bambini, le battute leggere di Marco e Fiorella. Realizza che la casa non è fatta di muri, ma delle persone che lhanno avvolta di amore. Più tardi, mentre Fiorella la aiuta a disfare il piccolo borsone che sembrava definitivo quella mattina, Maria tocca la guancia della figlia. Sai, dice a bassa voce, avevo tanta paura di essere un peso che non ho mai pensato potesse essere una benedizione. Fiorella sorride, gli occhi brillanti. Sei sempre stata una benedizione, mamma. Sempre. Nella sua nuova camera, nella sua nuova casa, Maria si addormenta quella notte con il cuore leggero. Il viaggio che temeva non lha portata a una fine, ma a un ritorno a casa inaspettato, circondata dalla famiglia che ha costruito per amore, e che ora le ha costruito un vero focolare.