Oggi mi sento di condividere la mia storia, una storia di coraggio e di speranza. A cinquant’anni, dopo sedici anni di lotte, sono finalmente diventata madre.
Mi chiamo Francesca Lombardi, abito in un paesino vicino a Verona, e per anni ho guardato con invidia le madri felici che incontravo in piazza, al mercato, nei parchi. Le osservavo e mi chiedevo perché, nonostante tutto il mio desiderio, il mio corpo continuasse a tradirmi. I problemi di salute sembravano un muro insormontabile, e ogni giorno, quel muro cresceva sempre più.
Sapevo che concepire naturalmente sarebbe stato impossibile, così ho deciso di provare la fecondazione assistita. La prima volta, speravo con tutto il cuore, ma finì in un dramma: un aborto spontaneo. Nonostante il dolore, non mi sono arresa. In sedici anni, ho affrontato altre diciassette procedure. Ogni volta, una nuova speranza. Ogni volta, una nuova delusione. Medicine, iniezioni, esami interminabili divennero la mia routine, e il dolore un compagno fedele.
I medici mi supplicavano di fermarmi. Mi spiegavano che il mio sistema immunitario era mio nemico, che le cellule Natural Killer attaccavano gli embrioni, impedendogli di crescere. «È inutile, perché continuare a soffrire?» mi dicevano. Ma io ero determinata. Lo sguardo acceso, la voce tremante di rabbia, rispondevo: «Fatelo e basta!». Ho speso quasi mezzo milione di euro, ma arrendermi non era un’opzione.
Il miracolo arrivò a quarantasette anni. Dopo l’ennesimo tentativo, scoprii di essere incinta. La gioia si mescolava alla paura. Temevo che tutto potesse svanire da un momento all’altro. Ogni giorno era un’ansia, ogni controllo un incubo. «E se domani tutto finisse?» Ma il cuoricino batteva forte, e la speranza cresceva con lui.
«Ho fatto un parto cesareo alla trentasettesima settimana» ricordo, la voce rotta dall’emozione. «Né io né i medici potevamo rischiare. E così, con il loro aiuto, è nato il mio bambino, il mio Matteo. Sarà un uomo straordinario, ne sono certa. L’ho aspettato così a lungo, l’ho voluto con ogni fibra del mio essere.»
Durante la gravidanza, ho incontrato il dottor Marco Ferrara, fondatore del Centro di Immunologia Riproduttiva a Milano. È stato il mio angelo custode, guidandomi con dolcezza tra le paure e le incertezze. «Senza di lui, non ce l’avrei fatta» ammetto con gratitudine.
Oggi, guardando negli occhi mio figlio, non posso trattenere le lacrime. «Voglio dire a tutte le donne che stanno per arrendersi: non mollate!» dico con slancio. «Solo la mia ostinazione mi ha regalato Matteo. Ogni volta che lo guardo, ringrazio di non aver abbandonato. Essere madre vale ogni battaglia. Credetemi, ci sono sogni per cui è giusto lottare.»
La mia storia è un inno alla tenacia. Sedici anni di lacrime, di sconfitte, ma non mi sono spezzata. Ho dimostrato che anche la notte più buia finisce all’alba, e oggi il mio sole è il sorriso di Matteo, la luce per cui ho attraversato l’inferno.