Nella quieta campagna toscana, dove la nebbia avvolge le vecchie case come un velo di nostalgia, la mia vita a ventisette anni si è ridotta a un servizio infinito ai capricci degli altri. Mi chiamo Giulia Lombardi, sono sposata con Luca Moretti, e tra qualche mesi avremo un bambino. Ma il mio fragile mondo di futura madre crolla sotto il peso di mia suocera e della sua famiglia, per cui non sono altro che una serva senza paga. Viviamo in un appartamento di tre stanze di proprietà della nonna di Luca, ed è diventata la mia condanna.
**Un amore caduto in trappola**
Quando incontrai Luca, avevo ventitré anni. Era premuroso, con un sorriso dolce e il sogno di una famiglia. Ci sposammo un anno dopo, e io ero al settimo cielo. Sua nonna, Maria Grazia, ci propose di vivere nel suo grande appartamento finché non ci fossimo sistemati. Accettai, credendo fosse temporaneo, che avremmo costruito la nostra vita. Invece di una casa, trovai una prigione dove il mio ruolo è spolverare, cucinare e tacere.
L’appartamento è spazioso, ma opprimente per le presenze. Maria Grazia vive con noi, e sua figlia, la zia di Luca, Silvana, viene quasi ogni giorno con i suoi due bambini. Lo considerano loro, e me un mobile. Subito, mia suocera fu chiara: “Giulia, sei giovane, tieniti occupata con le faccende.” Credetti di poter conquistare il loro affetto, ma l’indifferenza e le richieste non fanno che crescere.
**Schiavitù tra le mura**
La mia vita è un ciclo senza fine di pulizie e pasti. La mattina, lavo i pavimenti perché Maria Grazia non sopporta la polvere. Poi preparo la colazione per tutti: fiocchi davena per lei, uova per Luca, e quando arriva Silvana, frittelle o pane e marmellata. Il pomeriggio, sbuccio verdure, preparo la ribollita o il ragù, perché “gli ospiti hanno fame”. La sera, cè la lavastoviglie e gli ordini: “Giulia, sbuccia le patate per domani.” La mia gravidanza, le mie nausee, le gambe pesantinessuno se ne cura.
Maria Grazia comanda come un generale: “Hai messo troppo sale nella minestra,” “Le tende non sono stirate bene.” Silvana rincara: “Giulia, occupati dei miei bambini, sono stanca.” I suoi figli, viziati e rumorosi, spargono giocattoli, macchiano i divani, e tocca a me pulire, perché “è famiglia”. Luca, invece di difendermi, sussurra: “Mamma, non contraddire nonna, è anziana.” Le sue parole sono un tradimento. Mi sento incatenata in una casa che non sarà mai mia.
**Gravidanza sotto assedio**
Sono al sesto mese, e la mia condizione non è solo una metafora. La nausea mi consuma, la schiena mi duole, la stanchezza mi schiaccia. Ma mia suocera mi giudica: “Ai miei tempi, si partoriva nei campi e si lavorava fino allultimo.” Silvana ride: “Oh, Giulia, non esagerare, la gravidanza non è una malattia.” La loro freddezza mi uccide. Tremo per il mio bambinolo stress, le notti insonni, questa fatica incessante lasciano il segno. Ieri sono quasi svenuta portando un secchio dacqua, nessuno ha battuto ciglio.
Ho provato a parlare con Luca. Con le lacrime agli occhi, ho supplicato: “Non ce la faccio più, sono incinta, è troppo dura.” Mi ha stretto a sé, ma ha risposto: “Nonna ci ospita, fai uno sforzo.” Uno sforzo? Fino a quando? Non voglio che mio figlio nasca in un posto dove sua madre è una serva. Voglio tranquillità, dolcezza, ma ricevo solo rimproveri e piatti sporchi.
**La goccia che fa traboccare il vaso**
Ieri, Maria Grazia ha tuonato: “Giulia, dovresti essere grata di vivere qui. Lavora, altrimenti ti butto fuori.” Silvana ha aggiunto: “Una nuora deve rendersi utile, non lamentarsi.” Sono rimasta lì, stringendo uno straccio, sentendo qualcosa spezzarsi dentro di me. Mio figlio, la mia salute, la mia vitaniente di questo conta. Luca, come al solito, non ha detto nulla, e questo è stato peggio di uno schiaffo. Rifiuto di essere la loro sguattera, la loro ombra muta.
Ho preso la mia decisione: me ne andrò. Metterò da parte dei soldi, affitterò una stanza, anche un monolocale. Non voglio partorire in questo inferno. La mia amica Sofia mi incoraggia: “Portati via Luca e scappa prima che sia troppo tardi.” Ma se lui sceglie sua nonna? Se resto sola con un bambino? La paura mi paralizza, ma so una cosa: non resisterò a mesi in più di schiavitù.
**Il mio grido di dolore**
Questa storia è il mio diritto di esistere. Maria Grazia, Silvana, le loro richieste infinite mi distruggono. Luca, che amo ancora, è diventato complice, e questo mi spezza. Mio figlio merita una madre che sorride, non una che piange davanti al lavandino. A ventisette anni, voglio vivere, non sopravvivere. Andarmene sarà difficile, ma lo faròper me e per il mio piccolo.
Non so come convincere Luca, né dove trovare la forza per partire. Ma so una cosa: non resterò in questa casa dove la mia gravidanza è un fastidio. Che Maria Grazia tenga il suo appartamento, che Silvana trovi unaltra serva. Io sono Giulia, e sceglierò la libertà, anche se mi spezzerà il cuore.





