Dopo 19 anni è tornata mia madre, che mi aveva abbandonato – ora vuole aiuto e un tetto sulla testa

Avevo solo dieci anni quando ho capito cosa significasse essere veramente soli al mondo.

Un giorno avevo una casa, una famiglia, dei genitori. Il giorno dopo mi trovavo davanti al portone di un orfanotrofio, guardando mia madre e mio padre allontanarsi senza voltarsi indietro.

Nessun addio.

Nessuna spiegazione.

Nessuna promessa che sarebbero tornati a prendermi.

Semplicemente, sono scomparsi.

All’inizio non riuscivo a crederci.

Passavo le giornate aspettando.

Le settimane sperando.

I mesi convincendomi che era solo un errore, che un giorno quella porta si sarebbe aperta e loro sarebbero tornati, con le braccia pronte ad accogliermi di nuovo.

Ma i mesi sono diventati anni.

E nessuno è mai tornato.

Nessuno ha chiesto di me.

Nessuno ha chiesto se stavo bene, se avevo freddo la notte, se riuscivo a dormire senza avere paura.

L’orfanotrofio non era un posto per chi aspettava miracoli. Se eri debole, la vita ti schiacciava. Ho visto bambini spegnersi lentamente, diventare ombre, perdere ogni speranza, ogni luce negli occhi.

Ma io ho deciso che non sarei stato uno di loro.

Ho stretto i denti e ho giurato a me stesso che un giorno me ne sarei andato da lì e mi sarei costruito una vita con le mie mani.

E l’ho fatto.

Anni di sacrifici, di solitudine, di fatica. Anni in cui ho rinunciato a tutto per poter finalmente dire che ero indipendente. Ora avevo un piccolo appartamento a Milano, un lavoro stabile, una macchina.

Non avevo nessuno accanto.

Ma questa solitudine l’avevo scelta io.

Credevo che il passato fosse ormai alle mie spalle.

Ma il passato trova sempre un modo per tornare.

Un fantasma dal passato

Era una mattina come tante altre.

Mi ero fermato al bar sotto casa per prendere un caffè, come facevo ogni giorno.

L’odore del caffè appena macinato riempiva l’aria.

E poi l’ho vista.

Era dall’altra parte della strada e mi fissava.

Un brivido mi è corso lungo la schiena.

Nel suo sguardo c’era qualcosa che non riuscivo a decifrare.

Non era solo sorpresa.

Era paura.

Era dolore.

Era rimorso.

Ho distolto lo sguardo e ho continuato per la mia strada.

Ma il giorno dopo era ancora lì.

E il giorno successivo.

E quello dopo ancora.

Finché una sera non l’ho trovata davanti alla porta del mio palazzo.

Era lì, in piedi, come se non avesse il coraggio di suonare.

E poi, finalmente, ha parlato.

“Luca… sei tu, vero?”

La sua voce era tremante.

Mi sono voltato.

E per un attimo il tempo si è fermato.

Sapevo chi era.

Nonostante i capelli ormai grigi, nonostante le rughe sul viso, nonostante l’espressione stanca, l’avrei riconosciuta ovunque.

Era lei.

Mia madre.

La donna che mi aveva lasciato, ora voleva restare

Ha iniziato a parlare subito, come se temesse che potessi andarmene prima di darle la possibilità di spiegarsi.

Le parole le uscivano di bocca una dopo l’altra, rapide, disperate.

Mi ha raccontato che la vita era stata difficile.

Che mio padre aveva iniziato a bere.

Che avevano perso tutto.

Che ora era rimasta sola.

E poi ha detto quelle parole che già sapevo sarebbero arrivate.

“Non ho un posto dove andare… posso stare con te?”

Non aveva niente.

Né soldi.

Né una casa.

Né nessuno.

E ora voleva che fossi io ad aiutarla.

Mi ha detto che si sarebbe presa cura di me.

Che avrebbe cucinato per me.

Che avrebbe finalmente fatto la madre.

Come se bastasse una parola per cancellare tutto.

L’ho guardata.

L’ho ascoltata.

Ho visto le lacrime scivolare lungo il suo viso.

Ma dentro di me non c’era nulla.

Né rabbia.

Né pietà.

Solo il vuoto.

La scelta che non cambierò mai

“Tu mi hai lasciato.” La mia voce era calma, ma fredda come il ghiaccio. “Sei andata via senza voltarti. Perché pensi di avere il diritto di tornare?”

Nei suoi occhi ho visto il dolore. Le spalle le si sono incurvate.

“Luca, ho sbagliato… Avevo paura… Non sapevo cosa fare… Ma tu sei mio figlio.”

Ho sorriso amaramente.

“Ero tuo figlio 19 anni fa. Ora per me sei solo una sconosciuta.”

Ha allungato una mano verso di me.

Sono indietreggiato di un passo.

“Ti prego… non ho nessun altro.”

Per un attimo ho esitato.

Forse qualcun altro l’avrebbe perdonata.

Forse qualcun altro le avrebbe aperto la porta.

Ma non io.

Non lei.

Lei aveva fatto la sua scelta 19 anni fa.

Ora toccava a me scegliere.

“Non cercarmi più.”

Non ha protestato.

Non ha provato a convincermi.

Ha solo annuito.

Poi si è voltata ed è sparita nella notte.

L’ho guardata mentre si allontanava, aspettando di sentire qualcosa.

Qualsiasi cosa.

Ma non ho sentito nulla.

Né sollievo.

Né rimorso.

Solo silenzio.

Forse se fosse rimasta allora, oggi sarei una persona diversa.

Forse saprei cosa vuol dire avere una famiglia.

Ma non lo saprò mai.

Il passato non si può cambiare.

Ma il futuro?

Quello è nelle mie mani.

E io ho scelto di andare avanti. Da solo.

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