Dopo aver lasciato l’amante fuori dalla macchina, Buccini le diede un addio affettuoso e si diresse verso casa. Davanti al portone si fermò un attimo, pesando mentalmente ogni parola che avrebbe detto alla moglie. Salì le scale e aprì la porta.
«Ciao,» disse Buccini. «Silvia, sei a casa?»
«Sì,» rispose la moglie con tono distaccato. «Ciao. Allora, devo fare le scaloppine?»
Buccini si promise di agire con decisione—senza esitare, da vero uomo! Mettere fine alla sua doppia vita finché non si spegneva sulle labbra il sapore dei baci dell’amante, prima di essere risucchiato di nuovo dalla palude della routine.
«Silvia,» si schiarì la lingua. «Devo dirti una cosa… dobbiamo separarci.»
La moglie accolse la notizia con assoluta calma. Del resto, era difficile smuovere Silvia Buccini. Tanto che una volta lui la soprannominò scherzando «Silvia di Ghiaccio».
«Cioè cosa?» chiese Silvia, ferma sulla porta della cucina. «Non devo fare le scaloppine?»
«Fai come vuoi,» rispose lui. «Se le vuoi fare, fallo. Altrimenti no. Io me ne vado con un’altra donna.»
Dopo questa dichiarazione, la maggior parte delle mogli aggredirebbe il marito a mani nude o con una padella in mano. O gli farebbe una scenata drammatica. Ma Silva non era come le altre.
«Ma guarda che tempesta in un bicchier d’acqua,» disse lei. «Hai portato le mie scarpe dalla riparazione?»
«No,» ammise Buccini, imbarazzato. «Se è così importante, vado subito a prenderle!»
«Eh già…» borbottò Silvia. «Classico Buccini. Mandi un coglione a prendere le scarpe e torna con le vecchie.»
Buccini si offese. Gli sembrava che la spiegazione sulla fine del loro matrimonio stesse prendendo una piega non prevista. Mancavano le urla, la passione, le accuse infuocate! Ma cosa ci si poteva aspettare da una moglie così fredda?
«Silvia, non mi stai ascoltando!» insistette lui. «Ti sto dicendo che lascio te per un’altra donna, me ne vado, e tu parli delle scarpe!»
«Esatto,» rispose lei. «A differenza mia, tu puoi andare dove vuoi. Le tue scarpe non sono in riparazione. Chi te lo fa fare di restare?»
Vivevano insieme da anni, ma Buccini ancora non capiva quando sua moglie scherzava e quando invece era seria. All’inizio, era proprio il suo carattere pacato e riservato che lo aveva affascinato. Senza contare la sua figura prosperosa e il talento per le faccende domestiche.
Silvia era affidabile, fedele e impassibile come un’ancora marina da trenta tonnellate. Ma ora Buccini amava un’altra. Lo amava con fuoco, dolcemente e peccaminosamente! Era ora di mettere le cose in chiaro e voltare pagina.
«Ecco, Silvia,» disse con tono solenne, quasi afflitto. «Ti ringrazio per tutto, ma me ne vado perché amo un’altra donna. E non amo più te.»
«Che tragedia,» sbuffò lei. «Non mi ama più, povero illuso! Sai, mia madre amava il vicino di casa. Mio padre amava il domino e la grappa. E allora? In ogni caso, sono venuta fuori benissimo.»
Buccini sapeva che discutere con Silvia era inutile. Ogni sua parola pesava come un macigno. Tutto il suo slancio iniziale era svanito, e non aveva più voglia di litigare.
«Tesoro, sei davvero meravigliosa,» disse lui, amaramente. «Ma io amo un’altra. La amo con passione, peccato e dolcezza. E ho intenzione di andarmene con lei, capisci?»
«Un’altra chi?» domandò la moglie. «Magari Alessia Ricci?»
Buccini indietreggiò. Un anno prima aveva avuto una storia segreta con la Ricci, ma non immaginava che Silvia la conoscesse!
«Ma come fai a sapere…» cominciò, poi si interruppe. «Non importa. No, Silvia, non è lei.»
Silvia sbadigliò.
«Allora magari Giulia Sanna? È lei la preda?»
A Buccini si gelò la schiena. Anche la Sanna era stata una sua amante, ma era finita da tempo. E se Silvia lo sapeva… perché non aveva parlato? Ah già, perché era una roccia, mai una parola fuori posto.
«Sbagliata,» disse lui. «Non è la Sanna né la Ricci. È una donna completamente diversa, una dea dei miei sogni. Non posso vivere senza di lei e me ne vado. Non provare a fermarmi!»
«Allora è probabilmente Maya,» disse Silvia. «Eh, Buccini… sei proprio un caso disperato. Tanto segreto quanto il Colosseo. La dea dei tuoi sogni è Maya Valentini. Trentacinque anni, un figlio, due aborti… Giusto?»
Buccini si prese la testa tra le mani. Centro perfetto! Era proprio con Maya Valentini che aveva una relazione.
«Ma come?» balbettò. «Chi me l’ha fatta? Mi hai spiato?»
«Elementare, Buccini,» rispose Silvia. «Sono una ginecologa con anni di esperienza. Ho visitato tutte le donne di questa dannata città, mentre tu ne hai avute solo una manciata. Mi basta un’occhiata per capire se ci sei stato, povero allocco!»
Buccini si riprese.
«Ammetto che hai indovinato!» disse con aria di sfida. «E allora? Anche se fosse la Valentini, non cambia niente. Me ne vado con lei.»
«Sei un ingenuo, Buccini,» replicò Silvia. «Potevi chiedermelo, tanto per curiosità! Tra l’altro, non c’è nulla di speciale nella Valentini, parlo da medico. Hai mai visto la sua cartella clinica?»
«N-no…» ammise Buccini.
«Ecco!» disse lei. «Prima di tutto, corri subito a farti un bagno. Poi domani telefono al dottor Rossetti, così ti visita subito in clinica. Poi ne riparliamo. Che vergogna, il marito di una ginecologa che non riesce neanche a trovarsi una donna sana!»
«E cosa devo fare?» si lamentò Buccini.
«Io vado a fare le scaloppine,» concluse Silvia. «Tu lavati e fai quel che vuoi. Se ti serve una dea senza sorprese… fammelo sapere, potrei consigliartene qualcuna.»