Dopo la luna di miele – la crudele verità e un nuovo inizio
Vittoria e Marco erano appena tornati dalla loro luna di miele, trascorsa nella splendida Sicilia. Lei si era accomodata sul divano e aveva gridato verso il bagno:
— Che film guardiamo stasera?
— Non so, decidi tu! — aveva risposto lui.
Vittoria accese il suo laptop e con un’occhiata distratta notò le valigie ancora chiuse nel corridoio. «Le sistemerò domani», mormorò, distogliendo lo sguardo. Poco dopo, un suono improvviso la fece sobbalzare. Sul monitor era apparso un messaggio. Cliccò sull’icona e un brivido la percorse.
«Mi manchi, amore», scriveva una tal Benedetta, che non conosceva.
«Non essere triste, torno presto», aveva risposto Marco.
La data del messaggio era il 15 agosto, il giorno prima del loro rientro a casa. Vittoria aprì la conversazione e, trattenendo il fiato, cominciò a leggere: «Benedetta, quella serata è stata magica…», «Vieni stasera?», «Sì, tesoro, mi sei mancata tanto…»
Chiuse il laptop di colpo. Pochi istanti dopo, Marco uscì dal bagno:
— Allora, hai scelto un film? Magari una commedia?
— Oh sì… una commedia sta per iniziare, — rispose Vittoria con voce gelida. — Chi è Benedetta?
Lui impallidì.
— Che Benedetta? Non conosco nessuna Benedetta!
— Davvero? Allora guarda qui! — gli lanciò il laptop in grembo. — Siamo appena tornati e già hai avuto il tempo di cercarti un’amante?
— Aspetta… Non significa niente. Era una festa dell’azienda, avevo bevuto, lei mi si è avvicinata… È stato un errore! Ti amo solo io!
— Un errore? L’errore è stato sposarti! — Vittoria uscì di casa sbattendo la porta.
In taxi, fissò il finestrino in silenzio, le lacrime che le rigavano il viso. «Mi sta davvero succedendo questo?»
Davanti alla casa dei genitori, la madre la accolse con uno sguardo preoccupato:
— Piccola, cosa è successo?
— Chiederò il divorzio. Non vivrò con un traditore!
— Calma, amore… entra, parliamo, riposati…
Passò una settimana. La madre cercava di convincerla a restare:
— Perché vuoi affittare un appartamento? Resta qui con noi, finché vuoi.
— Mamma, ho trent’anni. Ho bisogno del mio spazio.
Impiegò due giorni a cercare una casa. Il giorno prima aveva presentato la domanda di divorzio. Marco tentava ancora di parlare, chiamava, mandava fiori – ma non otteneva risposta.
Un mese dopo, Vittoria si era già trasferita nel suo nuovo appartamento. Due settimane senza lacrime. Si buttò nel lavoro per non pensare. Ma i weekend erano duri: la solitudine pesava come un macigno.
Una sera, seduta davanti alla televisione, passava distrattamente da un canale all’altro. Gelato, confettura e una totale apatia. Poi, una decisione inaspettata.
— Basta chiudermi in casa — si disse Vittoria, uscendo in strada.
Nel parco, era caldo e silenzioso. Luci dei lampioni, ombre degli alberi, coppie innamorate… Ma presto scese il buio. Vittoria si avviò verso casa, ma si accorse di essersi persa.
Dietro di lei, dei passi. Accelerò il passo.
— Signorina, scusi… — una voce la raggiunse.
Si mise a correre, ma inciampò. Subito, due mani la sollevarono da terra.
— Sta bene? Non abbia paura, non volevo spaventarla. Mi chiamo Alessandro.
Si fece un passo indietro, mostrò le tasche vuote e aggiunse:
— Abito qui vicino. L’ho vista girare in tondo…
Vittoria era ancora tesa, ma la sua voce, lo sguardo gentile e quel sorriso sincero sciolsero un po’ il ghiaccio dentro di lei.
— Non riesco a trovare l’uscita, — ammise, imbarazzata.
— Posso accompagnarla?
La passeggiata volò. Alessandro scherzava, raccontava storie, e lei rideva… Davanti al portone, rallentarono.
— Arrivederci, Vittoria.
— Arrivederci, Alessandro… — con una punta di malinconia.
— Posso aspettare che entri? Per sicurezza, — scherzò lui.
Il giorno dopo, Vittoria, ancora turbata dall’incontro, uscì per un caffè. E proprio allora, sulla soglia dell’appartamento accanto, apparve Alessandro con due tazze in mano.
— Svegliata, dormigliona? Ti aspetto da stamattina! Andiamo a prendere un caffè?
— Tu? Cosa ci fai qui?
— Abito qui. Siamo vicini di casa da due settimane. Ti ho vista un paio di volte, ma non ho mai avuto il coraggio di parlarti.
Lei era sconcertata. Lui sorrise:
— Allora, viene a prendere un caffè?
— Non sono sicura…
— E se avessi dei biscotti?
— Allora… forse…
Squillò il telefono:
— Sì, mamma, no, non ho cambiato idea. Resto qui. Qui… mi piace.
E Vittoria, per la prima volta dopo tanto tempo, sentì un calore. Questa volta, vero.