Due Facce della Solitudine

30anni. È letà che la pubblicità chiama fior di vita, mentre nei diari segreti si sussurra crisi di mezza età. Ho una carriera che avanza, un appartamento accogliente nel cuore di Milano, amiche pronte a parlare di politica internazionale o del nuovo tono di una crema idratante.

La sera, quando la porta di casa si chiude e il cellulare tace, il silenzio si alza come le onde del lago di Como. È più assordante del brusio della città che brulica fuori dalla finestra.

Un altro appuntamento sospiro guardando il mio riflesso.

Indosso un abito elegante, aderente ma sobrio, un trucco leggero che mette in risalto gli occhi senza sembrare forzato, tacchi alti ma non tanto da farmi sentire disperata. Tutto è curato nei minimi dettagli, quasi fosse un esame dove il voto è la mia stessa autostima.

So cosa voglio: non solo una relazione, ma un amore vero, profondo, che penetri le parti più nascoste dellanima, dove bastano uno sguardo e un tocco per capirsi. Eppure, ogni volta che un nuovo uomo si siede al tavolo del bar, la voce interiore, tagliente e beffarda, mi ricorda:

«E se si rivelasse come lultimo?»

Lultimo era stato quello con cui ho quasi creduto di aver trovato quel qualcosa. Ma le nostre vite si sono scontrate con la routine, con la sua riluttanza a parlare di sentimenti, con i miei tentativi di aggiustare, capire, adattarmi. Ho divorato decine di libri di psicologia, annotato a margine appunti di corsi, analizzato ogni mio errore come se fosse unequazione complicata. E più capivo, più mi spaventava aprirmi di nuovo.

Forse chiedo troppo? mormoro fissando lo schermo del cellulare.

Un nuovo messaggio. Un uomo interessante di un sito di incontri: intelligente, con un senso dellumorismo fine, senza bandiere rosse nel profilo. Il suo messaggio mi fa sorridere, ma le labbra si stringono subito in una linea sottile.

«E se mi deludesse?»

E di nuovo il vuoto, la notte, il silenzio, lo specchio. Una domanda ancora senza risposta.

42anni. Il numero sul passaporto, ma dentro di me ribolle un mare di energia: la sensazione che le avventure più importanti siano ancora davanti a me.

Sono al mio angolino preferito del Caffè del Duomo, quel divano soffice che sembra modellarsi al corpo, mentre laroma del caffè appena macinato si mescola al profumo della vaniglia. Sfoglio le pagine di un nuovo libro, a volte mi fermo su una frase che mi colpisce, lasciando una leggera piega sulla pagina.

Chiara, la collega dal sorriso disordinato, irrompe nella mia lettura:

Ginevra, sei di nuovo sola? dice, facendo cenno alla cameriera per ordinare il suo solito latte macchiato con sciroppo.

Sorrido, serena come la superficie di un lago al tramonto.

Sì, ma non mi sento sola.

Gli sguardi curiosi di amiche, di conoscenti, persino di sconosciuti mi scrutano. Una donna attraente, intelligente, interessante… eppure da sola? Non ho più bisogno di spiegare. Lamore per me non è lattesa di un principe, ma il caffè al mattino sul balcone, le gite spontanee al Lago Maggiore, i progetti di lavoro che fanno scintillare gli occhi. Sono le amicizie che mi conoscono senza maschere, senza finzioni.

Quello del concerto jazz della settimana scorsa? scherza Chiara, agitando la forchetta del dessert. Il tipo che ti ha invitata?

Carino, rido, senza alcuna tensione. Ma non voglio adeguarmi a nessuna aspettativa. Se vuole stare vicino, che venga da sé. Io scorgo di nuovo la pagina giusta del libro sono già dove voglio andare.

La solitudine? Una parola fuori posto. È libertà, leggera come una brezza estiva, radicata come le radici di un vecchio quercia. Libertà di decidere dove girare domani, libertà di svegliarmi e addormentarmi in pace con me stessa. Libertà semplicemente di essere.

Quando chiudo la porta di casa, tolgo lentamente le scarpe e mi siedo sul bordo del letto. Il vestito della sera, ancora intriso del profumo di un altro profumo e di aromi da ristorante, mi sembra adesso ridicolo. Lappuntamento è andato bene: conversazione intellettuale, temi intriganti, cucina raffinata. Ma quando ha tentato di prendere la mia mano, dentro di me si è chiusa una piccola porta. Non è paura, è solo una consapevolezza: un altro uomo gentile, intelligente, giusto, e di nuovo quel vuoto gelido nel petto.

Mi avvicino alla finestra, appogo la mano sul vetro freddo. Milano brilla di luci, la vita corre altrove, le persone si incontrano e si lasciano. Io sono al centro del mio appartamento perfetto, circondata da oggetti costosi, e mi sento persa.

Perché è così difficile? sussurro al mio riflesso nel vetro scuro. La domanda resta sospesa, senza risposta.

Dallaltro lato della città, Ginevra è sdraiata su una sedia di vimini sul balcone dellundicesimo piano. Un calice di vino rosso in una mano, una sigaretta, concessa solo una volta al mese, nellaltra. Il vento notturno accarezza i suoi capelli sciolti, mentre dal diffusore si diffonde un jazz sensuale.

Chiudo gli occhi, lascio che la musica mi avvolga. Non penso a appuntamenti falliti o sogni infranti. Solo il presente: il sapore amarognolo del vino sulle labbra, la freschezza dellaria, le luci lontane della città che sembrano gemme sparse.

Non aspetto un principe. Ho capito da tempo che nessun eroe da favola potrà rendermi più felice di quanto lo sia già. Ogni sera, ogni alba, ogni minuto della mia vita è mio. In quel possesso non cè solitudine, ma una libertà assoluta, inebriante, di essere sé stessa.

Alzo il calice in un brindisi silenzioso a me, alla notte, alla mia vita straordinaria. Una regina non ha bisogno di un trono: il suo regno è dove si sente felice. Oggi è il balcone di un edificio milanese, un buon vino e le stelle, scintillanti nel cielo notturno.

Due donne, due universi. Alessandra e Ginevra. Vivono nella stessa città, respirano lo stesso aria, ma abitano realtà totalmente diverse.

Alessandra cammina con la mano tesa, cercando di colmare il vuoto che sente dentro. Ogni appuntamento è una speranza di trovare chi le dia quel senso di utilità, di calore, di appartenenza. Crede che lamore sia qualcosa di esterno che la completerà. Più cerca, più avverte il vuoto.

Ginevra avanza a braccia aperte, non perché attenda che qualcuno le riempia lo spazio, ma perché il suo mondo è già pieno di esperienze, libertà, piccole gioie quotidiane. Non cerca lamore, lo irradia. Per questo la gente è attratta da lei: stare vicino a lei è semplice. Non costruisce castelli di sabbia, vive semplicemente. E in quella vita cè spazio per tutto: solitudine, incontri, addii, nuove strade.

Forse le loro strade si incroceranno. Forse Alessandra capirà che il vuoto non è dovuto alla mancanza damore, ma allincapacità di amarsi da sola. Forse Ginevra incontrerà qualcuno che non le chiederà di cambiarsi, ma che camminerà al suo fianco, rispettando la sua armonia. O forse no.

Ciò che conta è che lamore non arriva a chi lo cerca, ma a chi vive già con il cuore aperto, non per aspettare, ma per dare. E allora si scopre che la cosa più importante non è trovare chi riempia il nostro vuoto, ma imparare a essere completi da soli. Solo allora lamore smette di essere salvezza e diventa semplice felicità.

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