**Due notti e un giorno**
Ginevra guardava l’orologio di continuo. Il tempo trascinava lento come una lumaca, pesante e appiccicoso. Mancava ancora un’ora alla fine della giornata lavorativa.
«Perché guardi sempre l’orologio? Hai fretta?» chiese la capa contabile, signora Marianna Ferrara.
«No, ma…»
«Un uomo? Alla tua età, solo un uomo può far desiderare alla donna che il tempo passi in fretta. Alla mia età, invece, vorremmo fermarlo.» Marianna sospirò. «Va bene, vai. Tanto oggi non combini nulla.»
«Grazie!» Ginevra chiuse in fretta il programma sul monitor.
«Lo ami?» chiese Marianna con curiosità malinconica.
«Lo amo.» Ginevra la guardò dritto negli occhi.
La sua scrivania era di traverso rispetto a quella di Ginevra, e la vedeva benissimo. Le dimensioni dell’ufficio non permettevano di sistemare i mobili diversamente. E Ginevra si sentiva come sotto esame, osservata dallo sguardo attento della sua capa.
«E allora perché non ti sposi? Non te lo chiede?» Marianna si tolse gli occhiali e si strofinò la radice del naso. «Capisco. È sposato. E ha figli, immagino. Il solito cliché. Prima ti ha nascosto la verità, poi, quando te l’ha detta, eri già innamorata e non hai avuto il coraggio di lasciarlo. Ti ha promesso che avrebbe divorziato quando i figli fossero cresciuti. Giusto?»
«Come fa a saperlo?» Ginevra la fissò incredula.
«Anch’io sono stata giovane. Credi di essere l’unica caduta in questo tranello? Ascolta, se un uomo non lascia la famiglia subito, non la lascerà mai. Accettalo e vattene tu.»
«Ma… io lo amo.»
«Quando si stancherà di te, o peggio, se sua moglie lo scopre, soffrirai il doppio. Almeno così salvi la tua dignità. Fidati. E non rovinarti il karma.» Marianna rimise gli occhiali, tornando seria e severa.
«Pensaci. Lunedì non fare tardi.» Senza alzare lo sguardo dai documenti, concluse: «L’ama…» e scosse la testa mentre Ginevra usciva.
Ginevra scese le scale di corsa, salutò il portiere e uscì nell’aria calda di maggio, bagnata di sole. Vide subito l’auto di Fabrizio e vi si diresse.
«Finalmente! Stavo qui esposto agli occhi di tutti come un albero in piazza,» borbottò Fabrizio quando lei si sedette accanto a lui.
Accese il motore, si allontanò dall’ufficio e si immise nel traffico.
«Dove andiamo? Non ho capito niente della tua chiamata.»
«Sorpresa.» Fabrizio le lanciò uno sguardo promettente.
Bastò quello per farle battere il cuore e sentire un calore dolce nello stomaco.
L’auto lasciò la città e corse sull’autostrada, poi svoltò su una strada stretta tra gli alberi.
Ginevra guardava la strada e sognava di non arrivare mai, di viaggiare lontano, solo loro due. Dopo un po’, apparvero le case di un borgo di campagna.
«Siamo arrivati,» disse Fabrizio allegro.
«Hai un casolare qui?»
«No, è di un amico. Sua moglie è incinta e non verrà per un po’. Quindi è nostro per tutto il weekend.»
«E tua moglie? Ti ha lasciato andare così, per due giorni?» Ginevra lo guardò sospettosa.
Lui fermò l’auto davanti a un alto cancello di legno.
«Abbiamo due notti e un giorno intero.» Fabrizio si avvicinò per baciarla.
*Solo due notti e un giorno,* pensò lei, amara. *Poi tutto tornerà come prima.*
Fabrizio si staccò dalle sue labbra, scese e iniziò a prendere borse dal bagagliaio. Anche Ginevra scese, respirando a pieni polmoni l’aria pulita. Odorava di erba, foglie e qualcosa di familiare, come la casa della nonna…
*Due notti e un giorno! Così tanto? Insieme!* pensò felice, incredula.
«Ti piace?» Fabrizio le sorrise, godendosi l’effetto della sorpresa. «Prendi questa, andiamo dentro.» Le porse una borsa e si avviò verso il cancello.
«Sei già stato qui?» chiese Ginevra mentre lui apriva.
«Certo, siamo amici.»
«Ci sei venuto con tua moglie o…»
«Ginevra, non iniziare. Non rovinare la festa.» Fabrizio la fece entrare.
La casa era piccola, silenziosa.
«Sistemati. Io metto la spesa in cucina.»
Ginevra osservò la stanza: fiori secchi in un vaso, tende a fiori, un tavolo coperto da una tovaglia a quadri. Umile, accogliente. Come se ci fosse già stata.
«Vorrei restare qui per sempre,» sussurrò quella notte, appoggiata alla spalla di Fabrizio. «Con te. Senza nessun altro tra noi.»
Lui annuì, assonnato.
Al mattino, Ginevra si svegliò per prima. L’aria era fresca, gli uccelli cantavano. Poi, un telefono vibrò.
Fabrizio rispose, la voce roca. «Sono entrato in casa per bere… Sì, dopo.» Riagganciò e si riaddormentò.
Ginevra sentì le parole di Marianna risuonare: *Sarà sempre così. Incontri nascosti, bugie…*
Il telefono suonò di nuovo.
«Rispondi,» disse lei.
Fabrizio la strinse e la baciò. Il telefono tacque, ma poi tornò a squillare.
Ginevra si liberò, si alzò e uscì sul portico. L’aria era fresca, il cielo dorato.
«Eccoti qui,» Fabrizio la abbracciò da dietro.
Lei chiuse gli occhi, felice. Poi, un altro squillo. LAll’improvviso, Ginevra si rese conto che la vera libertà non era nelle braccia di Fabrizio, ma nel coraggio di chiudere quella porta e camminare verso una vita tutta sua.