Due settimane per fare le valigie e trovare un’altra casa: la mamma italiana che, dopo anni di sacrifici per le figlie, le mette alla porta e le lascia offese

Due settimane per preparare tutto e trovare un altro posto dove vivere. Figlie offese

Mi chiamo Sara Bianchi. Da anni sono vedova, mio marito è venuto a mancare quando le nostre figlie erano ancora piccole. Le ho cresciute da sola, senza mai permettermi una lamentela davanti a nessuno. Sono cresciute bene, hanno studiato, ottenuto unistruzione rispettabile. Io ho sempre fatto tutto il possibile per aiutarle, lavorando perfino a due impieghi per garantire loro la scuola e le buone opportunità.

Poi un giorno, la maggiore, Chiara, mi porta a casa il suo fidanzato: Mamma, lui sarà mio marito. Solo che… non ha ancora una casa dove stare. Poco dopo arriva anche una nipotina. A quel punto ho ceduto loro la mia camera, trasferendomi in quella di Lucia, la mia figlia più giovane.

Allinizio pensavo che fosse una sistemazione temporanea. Speravo che Chiara e suo marito, Marco, si sarebbero messi dimpegno, trovando presto una loro sistemazione. Ma non sembravano sforzarsi granché… Del resto avevano sempre la casa calda, il frigorifero pieno grazie a me, e io provvedevano a tutti. Come si suol dire: pane pronto e caffè caldo. Ma di gratitudine niente.

Anzi… le discussioni erano allordine del giorno. Lucia si lamentava di dover ripulire il bagno dopo il cognato: Non è compito mio, mamma! Chiara rispondeva che con la bambina non aveva tempo per nulla. Marco invece si limitava a dire che buttare la spazzatura e lavare i piatti non sono affari duomo e passava le giornate davanti al computer.

Laria in casa era così tesa che a volte non avevo nemmeno voglia di rientrare dal lavoro. Quando, durante una cena, ho provato a suggerire a Chiara e Marco di cercarsi almeno un piccolo appartamento in affitto, mi sono sentita dire: Mamma, stiamo mettendo da parte i soldi per il mutuo. Con che soldi vuoi che paghiamo anche laffitto?. E intanto rimanevano lì, senza cambiare nulla.

Poi, la goccia che ha fatto traboccare il vaso: un pomeriggio, Lucia arriva con il suo ragazzo, Filippo, e senza tanti giri di parole mi dice: Mamma, lui viene da Napoli, resterà qui con noi. Io, sbalordita, a pensare: Dove? In cucina? Ma Lucia, tranquilla, mi risponde che la cucina non è ideale, ma che se volessi sistemarmi lì io, lei e Filippo potrebbero avere una stanza per loro.

Lì ho capito che non ce la facevo più. Era chiaro che nessuno di loro aveva il minimo rispetto per i miei bisogni o le mie fatiche; se potessero, mi avrebbero già parcheggiata in una casa di riposo con tutte le carte in regola, pur di vivere loro comodi.

Così, con voce ferma, ho posto il mio ultimatum: Avete due settimane per prepararvi. Dopo dovete trovarvi unaltra sistemazione. Le figlie, offese a morte, hanno promesso che non mi avrebbero più permesso di vedere i nipotini. Resterai sola per tutta la vecchiaia! hanno gridato, ma io non sono tornata indietro di un centimetro. Se questo è il prezzo della dignità, lo accetto. È ora che imparino lautonomia.

Ora si avvicina il mio cinquantesimo compleanno. Non so se le mie figlie busseranno alla porta per farmi gli auguri. Ma oggi ho compreso una cosa: troppo spesso i genitori, per amore, si annullano per i figli, dimenticando di chiedere rispetto in cambio. Ma noi genitori siamo persone, non solo risorse per le nostre famiglie. Ho imparato che a un certo punto bisogna pensare anche a se stessi, e prendere decisioni difficili, se necessario.

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