Oggi rifletto su quel giorno che avrebbe dovuto essere il più bello della mia vita. Eravamo insieme dalladolescenza, inseparabili fin dai tempi della scuola. Amici in comune, primi baci, promesse sussurrateuna storia da romanzo. A venticinque anni, sembrava naturale sposarci.
Mi preparai meticolosamente: abito da sogno, trucco perfetto, capelli grandi come una diva di Hollywood. Tutto doveva essere impeccabile. Quando arrivò il grande giorno, tra parenti e amici a Firenze, mi sentivo la regina del mondo.
Poi arrivò il momento della torta nuziale.
Qui da noi, cè lusanza che sposo e sposa si scambino un pezzetto di torta con delicatezza. Io presi il coltello, lui mi aiutòe poi, allimprovviso, mi sussurrò allorecchio:
«E se ti spalmasse la faccia sulla torta? Sarebbe divertente.»
«Non pensarci neanche. È il nostro giorno, non rovinarlo.»
«Va bene, va bene,» rise lui, e credetti la questione chiusa.
Invece, un minuto dopo, afferrò una fetta enorme e me la schiacciò sul viso. Ridendo come un matto, mentre gli ospiti scattavano foto e battevano le mani.
«Guardate la mia bravata! Non vi sembra geniale?» gridò felice.
Geniale per tutti, tranne che per me. Io restai lì, con il vestito di seta macchiato, i capelli rovinati, il linguaggio pesante che mi bruciava negli occhi. Tutto quel che avevo preparato con cura, distrutto in un attimo.
E lui rideva ancora, finché non feci qualcosa che non si aspettava.
Afferrai una fetta ancora più grande e gliela spalmai sul completoquello da tremila euro, il suo orgoglio. La sua risata si spense. Quella dei suoi amici, invece, esplosero più forte.
«Hai idea di quanto costa?! Vale più di te!» urlò, rosso di rabbia.
«Sì, lo so,» risposi fredda. «Adesso non ti fa più ridere, eh? Stavo solo scherzando. Comè? Fa male?»
Mi tolsi lanello, glielo posai in mano e uscii dalla sala a testa alta. Decisi in quel momento: il nostro matrimonio non sarebbe iniziato con uno scherzo di pessimo gusto. Finiva tutto lì. E così fu.