«E se i miei genitori davvero divorziassero?» A quella terribile idea, a Nico si serrò lo stomaco e gli venne voglia di piangere.
I tre amici camminavano insieme all’uscita da scuola. Il sole primaverile accecava gli occhi. Si spintonavano ridendo, prendendosi in giro. Si fermarono davanti alla casa di Matteo.
«Stasera vieni in bici con noi? Ieri con Dario è stato fantastico, abbiamo sfrecciato per il parco».
Nico fece una smorfia. Da settimane supplicava suo padre di prendere la bicicletta dal garage, ma quello non aveva mai tempo. O tornava tardi dal lavoro, quando era già buio, o rimandava al weekend, salvo poi dimenticarsene con una scusa.
«Vieni o no?» ripeté Matteo, dandogli un colpetto sulla spalla.
«Non so. La bici è in garage. Se papà torna prima…»
«Non puoi prenderla da solo? Dai, alle sette siamo al parco, raggiungici». Matteo alzò il palmo, e gli amici lo colpirono a turno in un gesto di complicità.
Nico salutò Dario al portone successivo. «Forse potrei cercare la chiave del garage», pensò. «Papà ci parcheggia l’auto solo d’inverno. Di sicuro non la porta sempre con sé». Affrettò il passo verso casa. Era quello che abitava più lontano.
Appena entrato, si cambiò e cercò subito la chiave. Ma nel cassetto del mobile, dove i genitori tenevano le cose sparse, non c’era. Dopo un po’ si arrese e si mise a fare i compiti. Quando sua madre sarebbe tornata, gliel’avrebbe chiesto. Ma se non finiva i compiti, di certo non gliel’avrebbe data.
Ci mise solo un’ora e mezza. Lui stesso si stupì: di solito ne impiegava il doppio. Il rumore della serratura lo fece sobbalzare. «Mamma!» esclamò, correndole incontro.
«Ciao», disse lei, stanca, passandogli accanto con le borse della spesa. Nico la seguì in cucina. Mentre riempiva il frigo, la madre lo osservò.
«Perché non hai mangiato i rigatoni e le polpette? Ancora panini e tè? Metti via questa confezione di farro».
«Mamma, dov’è la chiave del garage?»
«A che ti serve?»
«Voglio prendere la bici».
«Hai fatto i compiti?» Chiuse il frigo e lo fissò.
«Sì, puoi controllare», rispose pronto.
«La chiave…» La madre guardò attorno, smarrita. «Non ricordo. Aspetta tuo padre, lui sa dove sta».
«E quando torna? A mezzanotte?» sbottò Nico. «Gli altri vanno in bici da settimane. Perché avete dovuto metterla in garage? Potevate lasciarla sul balcone. Quando papà torna, avrete altro a cui pensare. Non passate un giorno senza litigare. Sono stufo». Si girò e sbatté la porta della sua camera.
Ultimamente suo padre lavorava sempre fino a tardi. Lui e sua madre litigavano ogni giorno, urlando. Troppe volte Nico aveva sentito la parola «divorzio».
Non riusciva a immaginarseli separati. Sì, suo padre si interessava poco a lui, non uscivano mai insieme in famiglia. Una volta, però, era tornato presto. A cena gli aveva chiesto della scuola. Nico aveva iniziato a raccontare, ma poi si era interrotto: lo sguardo assente del padre diceva che non lo stava ascoltando.
E subito era partita sua madre: che a papà non importava nulla di lui, che non si occupava dell’educazione di Nico, che era un’età delicata, in cui l’esempio paterno contava… Nico si era chiuso in camera, cercando di non sentire. Ma come ignorare le urla?
Tutti i suoi amici avevano famiglie normali. Matteo e suo padre andavano a pescare e allo stadio. Dario quasi non si vedeva mai, sempre in giro con i genitori. Nico sospirò.
Era seduto sul letto con un libro in mano, ma non ne aveva letto una riga. Sua madre entrò e si sedette accanto a lui, cercando di accarezzargli i capelli. Lui scostò la testa.
«Ho trovato la chiave del garage. Se hai fatto i compiti…»
«Li ho fatti, te l’ho detto», la interruppe.
«Allora vestiti. Andiamo insieme».
Nico richiuse il libro di scatto, lo gettò sul letto e infilò la felpa.
«Pronto!»
«Mi prometti che non andrete in strada? Solo parco o marciapiedi», disse sua madre alzandosi.
Il garage era a cinque minuti. Nico aprì con fatica la serratura arrugginita, trascinando il portone metallico.
«Quante volte ho detto di oliare le cerniere», borbottò la madre entrando. Premette l’interruttore e una luce fioca illuminò lo spazio angusto. Scaffali pieni di scatole, attrezzi, cianfrusaglie. In un angolo, un vecchio tavolo da cucina e due sedie. Il garage era un ripostiglio. Ci si accumulava tutto ciò che non serviva, ma che forse un giorno sarebbe tornato utile.
L’aria era pesante, satura di odore di olio e benzina. Nico individuò subito la bici, appesa in alto alla parete.
«Non ci arrivi. Prendi una sedia».
Nico salì sull’instabile sediolina.
«Attento, ti tengo io». La madre gli avvolse le gambe con le braccia.
«Mamma, così non mi reggi. Tieni la sedia». Si sorprese del tono condiscendente, come quello di suo padre.
Provò a sollevare la bici, ma era troppo pesante.
«Faccio io».
«Ci penso io». Si sollevò sulle punte e spinse con forza. La sedia ondeggiò pericolosamente.
«Mamma, tienila!» La donna riuscì ad afferrare la bici prima che cadesse.
Nico scese di colpo, soddisfatto. Finalmente avrebbe potuto uscire con gli amici.
«Le gomme sono sgonfie. Dovremmo pomparle», osservò sua madre. «Cerca il gonfiatore».
Nico frugò tra gli attrezzi, invano.
«Fa niente, posso chiederlo a Matteo».
Il telefono della madre squillò.
«È tuo padre». Rispose con voce tagliente. «Siamo in garage… Nico voleva la bici… Ma come, oggi torni presto?» Tacque ascoltando.
«No, non potevamo aspettare. Tra l’altro, gliel’avevi promesso da tempo… Ma sì, è urgente… Non serve che vieni, dimmi solo dov’è il gonfiatore…» Rimase in silenzio a lungo, poi riagganciò infastidita.
«Non sa dov’è. Che sorpresa. Adesso viene. Lo aspettiamo?» Si sedette con cautela sulla sedia traballante.
«Sei sicuro di aver fatto i compiti? Fra poco finisce l’anno, se prendi brutti voti non fai in tempo a recuperare».
Stavano parlando quando il portone si spalancò e apparve suo padre. Nico gli corse incontro.
«L’ho tirata giù da solo! Papà, dobbiamo pompare le gomme, ma non troviamo il gonfiatore…»
Poi guardò sua madre e tacque. Lei evitava lo sguardo del marito, fissando il pavimento. Anche il padre sembrava a disagio. Erano come estranei. La gioia di Nico svanì all’istante. Un brivido freddo gli attraversò il petto, nonostante il caldo del garage.
Guardò suo padre che cercava il gonfiatNico chiuse gli occhi e sussurrò una preghiera, sperando che quel gesto disperato potesse tenere unita la sua famiglia, almeno per quella sera.