“È tua madre – quindi è tua responsabilità!” – Disse lui, ma lei non ne poteva più

 

Giulia abbottonò il cappotto di suo figlio, mentre dentro di sé sentiva montare la rabbia. Un’altra visita obbligata a sua suocera. Un altro giorno a sopportare frecciatine velenose, sguardi di disapprovazione e critiche mascherate da consigli. Fin dal primo giorno, il rapporto con Anna, la madre di suo marito, era stato un inferno. Quella donna non l’aveva mai considerata all’altezza di suo figlio.

— Giulia, cosa c’è adesso? — sospirò Marco, osservando la sua espressione tesa. — Non vuoi andarci, vero?

Giulia si girò di scatto verso di lui, con un sorriso amaro sulle labbra.

— Davvero mi fai questa domanda, Marco? Sul serio?! Sai benissimo cosa mi aspetta!

I suoi occhi si accesero di rabbia.

— Mi criticherà di nuovo! Mi guarderà con quell’aria da superiorità, troverà ogni scusa per farmi sentire sbagliata! Mi dirà che sto crescendo nostro figlio nel modo sbagliato! E a lei non importa minimamente che sono io a lavorare, io a tenere in piedi la casa, io a cucinare, io a pulire e io a pagare tutte le bollette! Sono io che sostengo questa famiglia, Marco!

— Ma tu sei a casa tutto il giorno… — rispose lui, scrollando le spalle con indifferenza.

Giulia strinse gli occhi.

— Ah sì? Pensi che passi la giornata a guardare il soffitto? O credi che i soldi crescano sugli alberi?!

— Anch’io lavoro! — ribatté lui, offeso. — Non è colpa mia se guadagno meno.

La verità era che Giulia, come designer d’interni, guadagnava tre volte più di Marco. Se non fosse stato per lei, non avrebbero mai potuto permettersi quella casa.

— Non potresti andarci da solo? — chiese, con un filo di speranza.

— Giulia, oggi è il compleanno di mia madre! Non puoi semplicemente ignorarla!

Si morse la lingua e finì di preparare il bambino. Due ore dopo erano già nel salotto di sua suocera.

Come sempre, lì c’era anche Martina, la nipote di Anna. Giulia aveva capito da tempo che sua suocera stravedeva per lei. L’amava come una figlia, mentre il suo vero nipote sembrava quasi un’ombra. Ma non era una sorpresa: cinque anni prima, Martina aveva perso i genitori, e Anna l’aveva cresciuta come se fosse sua.

Intorno a loro, le sorelle di Anna ridevano, sorseggiando vino e chiacchierando come se il mondo intero fosse fatto solo di frivolezze.

Poi, all’improvviso, Anna pronunciò le parole che cambiarono tutto.

— Ho preso una decisione — annunciò con tono freddo. — Lascerò il mio appartamento a Martina. Marco, tu hai già una casa, non ne hai bisogno.

Marco non fece una piega. Si limitò ad annuire.

Pochi giorni dopo, tutto era stato messo per iscritto. Martina divenne la proprietaria ufficiale dell’appartamento – con la clausola che non vi si sarebbe trasferita fino alla morte della nonna.

Ma il destino aveva altri piani.

Anna fu colpita da un ictus e da un giorno all’altro diventò completamente dipendente dagli altri.

— Dobbiamo trasferirci da mia madre — dichiarò Marco, come se fosse la cosa più naturale del mondo. — Non può cavarsela da sola.

Giulia sentì un brivido di gelo scorrerle lungo la schiena. Sapeva esattamente cosa significava.

Era lei che avrebbe dovuto occuparsi di tutto – darle da mangiare, cambiarla, lavarla… e nel frattempo continuare a lavorare e a crescere suo figlio.

Ma rimase in silenzio.

Le settimane passarono e Giulia era allo stremo delle forze.

Fino a quando, una sera, non riuscì più a trattenersi.

— Marco, l’appartamento di tua madre è di Martina. Forse dovrebbe essere lei a prendersi cura della nonna?

— Martina studia, Giulia! Ha un fidanzato! Non può certo vivere con una malata!

Giulia scoppiò a ridere, un suono amaro, sarcastico, quasi isterico.

— Marco, non ce la faccio più!

Lui incrociò le braccia.

— Ah, quindi ti sei già stancata?

Le mani di Giulia tremavano.

Sto soffocando! Tu, tua madre, nostro figlio, il mio lavoro… È TROPPO!

— Ma lavori da casa… — disse con un sorrisetto sprezzante.

Il suo sguardo divenne di ghiaccio.

— E allora? Pensi che non sia un vero lavoro?!

Il cuore le batteva forte nel petto.

— Sai una cosa? D’ora in poi sarai TU a occuparti di tua madre!

— È mia madre, ma tua suocera! È un tuo dovere! Cosa vuoi, che la lavi io?!

Silenzio.

Poi Giulia parlò con voce calma ma tagliente:

Non ti devo niente.

Marco rise con disprezzo.

— Allora assumi un’infermiera!

— Oh? La pagherai tu?

— Perché dovrei?!

— Allora niente infermiera.

Si incrociò le braccia.

— Puoi pagare con la pensione di tua madre. Oppure… con il tuo stipendio?

Il viso di Marco si oscurò per la rabbia.

— E allora a cosa mi serve una moglie?!

In quel momento, tutto si ruppe.

Giulia vide finalmente la verità.

Marco l’aveva sfruttata per anni.

E Martina? Non aveva mai messo piede nella casa della nonna.

Quella notte Giulia non chiuse occhio.

Al mattino sapeva cosa fare.

Appena Marco uscì per andare al lavoro, preparò le valigie, prese suo figlio e se ne andò.

Gli lasciò un solo messaggio, poi lo bloccò:

“Non porterò più questo peso da sola.”

Quella sera Marco si presentò furioso.

— O torni, o chiedo il divorzio!

Giulia sorrise, con calma, senza paura.

— Fallo pure. Tanto avevo già deciso di farlo io.

Per la prima volta, Marco non seppe cosa dire.

Ma Giulia non aspettava scuse. La sua decisione era già presa.

Un mese dopo erano divorziati.

Marco non si scusò mai.

E Giulia?

Non rimpianse mai di averlo lasciato.

Sei mesi dopo…

Giulia sentì la notizia.

Anna era morta.

E Martina?

Senza alcun rimorso, buttò Marco fuori di casa.

E solo allora lui capì.

Aveva perso tutto.

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