È tutta colpa tua, mamma

**È tutta colpa tua, mamma**

Anna stufava le polpette quando suonarono alla porta. Lasciò la cucina per aprire.

“Mamma, è per me,” la fermò a metà strada la voce di sua figlia. “Apro io.”

“Va bene. Non lo sapevo…”

“E che stai a fare lì? Va’ a finire le tue polpette,” sbuffò la figlia, voltandosi verso di lei con irritazione.

“Le *mie* polpette? Ho comprato la carne dal macellaio…”

“Mamma, chiudi la porta.” La ragazza alzò gli occhi al cielo.

“Potevi dirlo subito.” Anna tornò in cucina, chiudendosi alle spalle la porta. Si avvicinò al fornello e spense il gas sotto la padella. Dopo un attimo di esitazione, si tolse il grembiule e uscì.

Nell’ingresso, sua figlia indossava il giubbotto. Accanto a lei c’era Luca, l’amico di Eleonora, che la fissava con occhi innamorati.

“Buongiorno, Luca. Dove andate? Restate a cena con noi.”

“Buongiorno,” sorrise il ragazzo, lanciando un’occhiata interrogativa a Eleonora.

“Abbiamo da fare,” rispose lei, evitando lo sguardo della madre.

“Ma tanto è già tutto pronto,” insisté Anna. Luca esitò.

“No!” tagliò corto la figlia. “Andiamo.” Lo prese per il braccio e aprì la porta. “Mamma, la chiudi tu?”

Anna si avvicinò, ma non la richiuse del tutto, lasciando una fessura per ascoltare la conversazione sul pianerottolo.

“Perché le parli così? Si sente un profumo delizioso, non mi dispiacerebbe restare.”

“Andiamo. Mangiamo al bar. Le sue polpette mi hanno stufato,” borbottò Eleonora.

“Come fanno a stancare? Adoro quelle di tua madre, potrei mangiarle ogni giorno,” disse Luca.

Anna non capì la risposta di Eleonora. Le voci si allontanarono, svanendo nella tromba delle scale.

Chiuse la porta ed entrò in salotto. Suo marito, Davide, fissava la televisione.

“Dai, andiamo a cena, prima che si freddi tutto.”

“Eh? Andiamo.” Si alzò dal divano e la superò, dirigendosi in cucina. “Che c’è stasera?” chiese, perentorio.

“Riso e polpette, insalata,” rispose Anna, scoprendo la padella.

“Quante volte devo dirtelo? Le polpette fritte non le mangio,” borbottò lui.

“Ho aggiunto un po’ d’acqua, sono quasi al vapore.” Anna si bloccò con il coperchio in mano.

“Va bene, dammele. Ma è l’ultima volta.”

“Alla nostra età, dimagrire fa male,” osservò lei, porgendogli il piatto.

“Che età?! Ho solo cinquantasette anni. Per un uomo è l’età della saggezza, del vigore.” Infilzò una polpetta con la forchetta e ne addentò metà.

“Ma vi siete messi d’accordo oggi? Eleonora scappa via, tu fai il difficile. Smetto di cucinare, vediamo come canterete. Credete che al ristorante sia più buono?”

“Non cucinare, allora. Anche a te farebbe bene dimagrire. Tra poco non passerai più dalla porta.” Finì la prima polpetta e ne prese un’altra.

“Ah sì? Secondo te sono grassa? E io che mi chiedevo perché ti metti a fare il galletto. Jeans nuovi, giacca di pelle, il cappellino per nascondere la calvizie. Per chi ti prepari? Di certo non per me. Sono *grassa*. Hai qualcuno con cui paragonarmi?” ribatté Anna, ferita.

“Lasciami mangiare in pace.” Davide infilzò un po’ di riso, ma invece di portarlo alla bocca, lo lasciò ricadere nel piatto. “Passami il ketchup.”

Anna prese la bottiglia dal frigo e la sbatté sul tavolo, poi uscì in silenzio. La sua cena rimase intatta.

Si chiuse nella camera di Eleonora, sedendosi sul letto. Le lacrime le bruciavano gli occhi.

“*Cucini, ti sforzi, e loro… Do tutto per loro, e in cambio neanche un grazie. Lui si ringiovanisce, cerca altro. Per lui sono grassa. Lei mi tratta come la serva di casa. Se sono in pensione, possono trattarmi così? Vorrei lavorare ancora, ma mi hanno licenziata. L’esperienza non serve più, vogliono solo giovani. Ma cosa sanno fare, i giovani?*

*Mi alzo prima di tutti, pur non lavorando, per preparare la colazione. La giornata è una corsa, non ho nemmeno il tempo di sedermi. È colpa mia, li ho viziati. E ora mi cavalcano, comodi, con le gambe penzoloni.*”

Le lacrime le scivolarono sulle guance. Soffocò un singhiozzo e si asciugò il viso con le mani.

Aveva sempre creduto che la loro fosse una buona famiglia. Non perfetta, ma né più né meno delle altre. Eleonora studiava all’università, brava e diligente. Davide non beveva, non fumava, portava a casa lo stipendio. La casa era accogliente, ordinata, la tavola sempre apparecchiata. Cosa gli mancava?

Si avvicinò allo specchio dell’armadio, osservandosi con attenzione. “*Sì, ho preso qualche chilo, ma non sono grassa. Però le rughe si vedono meno con le guance piene. Ho sempre amato mangiare. Cucino bene. Ma a loro, a quanto pare, non importa. Quando lavoravo, mi pettinavo, mi mettevo lo smalto. Ora raccolgo i capelli, più pratico. Cosa dovrei fare, le pulizie con i tacchi e la piega? Però, forse dovrei dimagrire. E tingermi i capelli.*”

Si risedette sul letto, persa nei pensieri.

La mattina dopo, Anna non si alzò per prima, come al solito. Rimase a letto, fingendo di dormire. “*Sono in pensione, ho il diritto di non saltar giù all’alba. Si facciano la colazione da soli.*”

Squillò la sveglia. Anna si girò verso il muro.

“Che hai? Sei malata?” chiese Davide, senza alcuna traccia di compassione.

“Uhm,” bofonchiò lei, affondando il naso nella coperta.

“Mamma, stai male?” entrò Eleonora.

“Sì, fate colazione da soli,” rispose Anna con voce fioca.

La figlia sbuffò e si diresse in cucina. Poco dopo, Anna sentì il bollitore fischiare, lo schiocco del frigo, le voci sommesse di Eleonora e Davide. Con la coperta sulla testa, non riusciva a distinguere le parole, ma decise di perseverare nella finzione.

Davide rientrò in camera, portando con sé l’odore del suo costoso profumo. Anna gliel’aveva regalato lei. Poi, uno dopo l’altro, uscirono. Il silenzio calò. Anna si scoprì, ma non si alzò. Chiuse gli occhi e, senza accorgersene, si addormentò.

Si svegliò un’ora dopo, si stirò con piacere e andò in cucina. Nel lavello c’erano tazze sporche, la tavola cosparsa di briciole. Stava per pulire, poi cambiò idea. “*Non sono la domestica.*” Fece una doccia lunga e chiamò un’amica di vecchia data, Roberta.

“Anna! Che piacere!” rispose l’altra, con la stessa voce allegra di sempre. “Come stai? Ti sei stancata di fare la pensionata?”

Anna le disse che”Dopo qualche giorno di riflessione, Anna rientrò a casa con un nuovo sguardo sul futuro, decisa a vivere non più per gli altri, ma finalmente per se stessa, scoprendo che la felicità non era nel sacrificio, ma nell’equilibrio tra amore proprio e dedizione.”

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