Ecco che non ricavo nulla da voi

Non ne traggo alcun vantaggio rispose Antonia, alzando gli occhi dal libro interrotto.
Verù, aspetti già il bambino? chiese sorpresa Antonella, posando il volume sul tavolino.

Massimo annuì lentamente, senza distogliere lo sguardo. Le dita giocherellavano nervosamente sul colletto della maglietta, unabitudine acquisita da bambino nei momenti di tensione.

Però avevate deciso di prendere prima un appartamento con il mutuo e solo dopo pensare ai figli osservò Antonella, scrutando il volto del figlio per capire il suo umore. Voi stessi dicevate che bisognava prima mettere i piedi per terra.

Massimo scrollò le spalle, le braccia aperte come a chiedere scusa per limprevisto. Rispose con voce stanca:

È andata così, non ce lo aspettavamo, a dire il vero.

Antonella inspirò profondamente. La notizia non le procurava gioia. La giovane coppia a malapena riusciva a far quadrare i conti: affittavano un monolocale a Milano, il lavoro di Ginevra era a tempo parziale, lo stipendio di Massimo era ancora modesto. Come farebbero i figli? pensò.

Mamma si avvicinò Massimo, abbassando la voce tu affitti quel bilocale che ti è stato lasciato dalla nonna. Potremmo viverci temporaneamente, così non spendiamo lintero stipendio in affitto.

Lo so, ho già rifiutato di entrarci! ribatté Antonella, il tono carico di rassegnazione. Ma ora la situazione è diversa. Dobbiamo accantonare dei risparmi, non buttare soldi in affitto. Almeno avremo una rete di sicurezza quando nascerà il bambino.

Nel petto di Antonella qualcosa si strinse. Quellappartamento era lunica rendita extra dopo la pensione: la ristrutturazione del suo nido, le medicine, il viaggio da fare da sua sorella a Firenze, tutto dipendeva dallaffitto di quella casa ereditata.

Massimo percepì il turbamento della madre e aggiunse in fretta:

Capisco che sia una decisione difficile, mamma. La nostra vita cambierà, ma siamo in una situazione disperata. Ginevra presto non potrà più lavorare.

Va bene disse alla fine Antonella, combattuta. Ma ti chiarisco subito: non voglio vendere lappartamento. È di mia proprietà.

Massimo alzò le mani in segno di resa.

Grazie di cuore, mamma! esclamò, abbracciandola prima di uscire di fretta, temendo che cambi idea. Antonella rimase seduta sulla sua poltrona, dovendo ora pensare a come gestire la faccenda senza ferire nessuno.

Una settimana dopo parlò con gli inquilini. Non erano contenti, ma il contratto era scaduto e non avevano altre opzioni. Un mese dopo se ne andarono, lasciando dietro di sé un odore sgradevole e le pareti sbiadite allingresso.

Ginevra e Massimo si trasferirono silenziosamente nellappartamento, senza rumori inutili. Antonella li aiutò nel trasloco, portò conserve fatte in casa, nuove tende per rendere lambiente più accogliente. La nuora non ringraziò, borbottando qualcosa e ritirandosi in bagno.

Gli appartamenti erano in edifici vicini; dalla finestra della cucina di Antonella vedeva le finestre di quella casa. Il figlio scendeva di tanto in tanto, a prendere il sale o semplicemente a fare due chiacchiere. Ginevra, però, non fece mai visita in sette mesi, né per un tè né per una chiacchierata, evitando apparentemente la suocera.

Finalmente arrivò la buona notizia: nacque il nipotino, un maschietto robusto di quasi quattro chili. Antonella, colma di gioia, lo visitò portando pannolini, copertine e calzini fatti a mano. Notò le occhiaie di Ginevra e le mani leggermente tremolanti per la mancanza di sonno.

Ti serve aiuto? Posso stare con il bambino mentre ti riposi.

Ma Ginevra stringette il neonato più forte, rispondendo bruscamente:

No, ce la faremo.

Antonella non insistette; laiuto non si impone.

Due mesi dopo, osservò dalla finestra una coppia di anziani: i genitori di Ginevra.

«Devono essere venuti a far visita, tutto a posto», pensò, allontanandosi dalla finestra.

Tre giorni dopo, Massimo tornò a casa, il volto stanco, con occhiaie e espressione spentă. Antonella gli servì un tè e un piatto di dolcetti.

Come sta il piccolo? Già sorride?

Sta crescendo, rispose Massimo con un sorriso forzato. Cambia così in fretta, ormai inizia anche a verso.

I genitori di Ginevra sono venuti? chiese Antonella casualmente.

Massimo annuì a malincuore:

Sì, sono qui per aiutare con il bambino.

Ma voi avete un monolocale! esclamò Antonella, sorpresa. Dove vi sistemate tutti?

Massimo, guardando altrove, rispose:

Stiamo sopportando gli inconvenienti temporanei. Loro davvero aiutano Ginevra, così le cose sono più facili per lei.

Antonella non gradì la risposta, ma non fece pressioni. Il figlio era ormai adulto e doveva capire da solo.

Quando visitava il nipote, i genitori di Ginevra la osservavano dallalto, come se avessero qualcosa contro di lei. Antonella giocava con il piccolo Miki, ignorando gli sguardi torvi.

Un giorno, aprendo la porta dingresso, trovò una valigia aperta e dei bagagli dei genitori di Ginevra sparsi nella sola stanza dellappartamento. Capì che gli anziani avevano occupato la stanza, costringendo la giovane coppia a dormire sul divano della cucina.

Le settimane successive, la presenza degli anziani non cessò, irritando Antonella. Massimo appariva più pallido, si massaggiava continuamente il collo. Venerdì, si accasciò sul divano di Antonella, esausto, e fu lultima goccia.

Determinata, Antonella si diresse direttamente allappartamento di Ginevra. La porta laprì la madre di Ginevra, visibilmente infastidita.

Fino a quando continuerete a stare qui? chiese Antonella senza mezzi termini. Perché il mio figlio deve soffrire?

La madre alzò un sopracciglio:

E a noi che importa? Siamo nella casa di nostra figlia!

Dalla cucina spuntò una Ginevra assonnata, con il bambino in braccio.

Cosa succede? chiese, guardando la suocera.

La madre di Ginevra prese il nipotino e lo cullò con veemenza.

Siamo qui per aiutare! gridsò. Ma da voi non otteniamo nulla!

Antonella non si lasciò intimidire:

Lappartamento è mio! Non permetterò che il mio figlio dorma su un lettino pieghevole! Andatevene!

Il padre di Ginevra, apparso sulla soglia, ribatté:

È tutta colpa tua! Se avessi ceduto la nostra duestanza, tutti avremmo avuto spazio!

Antonella rispose con rabbia:

Smettila di parlare! Hai dimenticato che io ho pagato il matrimonio, ho dato lappartamento. Che altro vuoi?

In quel momento entrò Massimo, fermo sulla soglia, incerto.

Tua madre offende i miei genitori! esclamò Ginevra, puntandogli il dito. Li sta cacciando fuori!

O se ne vanno loro, o se ne vanno tutti voi! scagliò Antonella. Questo è il mio appartamento e non tollererò più questi abusi!

Il silenzio calò nella stanza, interrotto solo dal pianto del piccolo. Le urla e i lamenti riempirono lambiente, Ginevra pianse, la madre cercò di consolarla, il padre urlò contro Massimo. Antonella, esasperata, si voltò e sbatté la porta.

Due giorni passò senza che Antonella fosse a casa; non chiamò, non si fece vedere, nonostante il cuore le martellasse per il figlio e per il nipote. E se davvero se ne andassero? Dove vivrebbero? Ma non si lasciò sopraffare dalla pietà.

Il terzo giorno, osservò dalla finestra: i genitori di Ginevra erano spariti, le loro cose erano state rimosse, la stanza vuota. Il lettino pieghevole era stato spostato su un piccolo balcone.

La sera tornò Massimo, più riposato, senza occhiaie, lo sguardo più sereno.

Sono andati via. Ginevra è ancora arrabbiata, ma non parla più con me.

Antonella gli chiese delicatamente:

E tu? Non sei arrabbiato con me?

Finalmente ho dormito, rispose, sorridendo davvero. Dormire sul divano della cucina non è proprio comodo, soprattutto quando in camera si sente due persone russare.

Antonella lo abbracciò. Forse, ai suoi occhi, aveva sbagliato, ma aveva protetto il figlio. E anche se la nuora fosse ancora furiosa, il nipotino avrebbe potuto crescere in un ambiente dignitoso.

Alla fine, la lezione più chiara è che, quando si difende chi si ama, anche i conflitti più intricati trovano una via duscita, perché la famiglia, al di là di incomprensioni e orgogli, resta il bene più prezioso da preservare.

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