“Ecco tutta la verità sulla tua fidanzata,” disse il padre con voce secca, porgendo al figlio una chiavetta USB.
Luca continuava a guardare lorologio. Aveva prenotato un tavolo al “Pavone Bianco”, il ristorante più esclusivo di Torino. Beatrice era già in ritardo di dieci minuti, e questo gli rovinava sempre lumore.
La puntualità era una delle qualità che Luca apprezzava di più nelle persone.
Con un sospiro, sfogliò di nuovo il menù, anche se sapeva già cosa avrebbe ordinato.
La stanchezza accumulata e la recente discussione con suo padre gli annebbiavano la mente. Stava per chiamare Beatrice quando, finalmente, la porta del ristorante si aprì.
“Amore! Scusami per il ritardo!” La ragazza gli si avvicinò come un turbine, il vestito celeste che le avvolgeva la figura slanciata.
Si chinò e gli sfiorò le labbra con un bacio. Profumava di fiori primaverili e di qualcosa che gli era così familiare che ogni risentimento svanì allistante.
“Lo sai che non mi piace aspettare,” cercò di mantenere un tono severo, ma le labbra gli si stiravano in un sorriso. Era impossibile arrabbiarsi con lei.
“Io, invece,” gli lanciò unocchiata maliziosa, “adoro quando un uomo così bello mi aspetta al ristorante. Sai, mi sono bloccata al semaforo. Poi una signora ha attraversato la strada così lentamente che stavo per impazzire!”
Luca rise:
“Conosco i tuoi trucchi. Probabilmente hai passato mezzora a metterti il trucco.”
“Ma no!” fece finta di offendersi. “Solo venticinque minuti!”
Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. I capelli castani le cadevano morbidi sulle spalle, gli occhi azzurri brillavano, e quelle fossette le rendevano il sorriso irresistibile.
Ogni volta che la guardava, Luca non credeva alla sua fortuna. Si erano conosciuti due anni prima, insieme da un anno e mezzo, fidanzati ufficialmente da un anno. E ora
“Alla nostra serata?” sollevò il bicchiere di spumante.
“Alla nostra,” sorrise lei, e qualcosa nei suoi occhi gli fece rivoltare lo stomaco.
Ordinarono e chiacchierarono del più e del meno. Beatrice, come sempre, raccontò entusiasta del suo lavoro in clinica, di un paziente bambino che laveva fatta ridere, del primario che la chiamava “infermiera doro”.
“E tu, invece? Come va il progetto con tuo padre?” chiese, assaggiando un boccone di salmone.
“Tutto a posto,” scrollò le spalle Luca. “In linea con i tempi, ma come al solito corriamo.”
Beatrice annuì, poi, come se niente fosse, domandò:
“A proposito di tempi Quando decidiamo la data del matrimonio?”
Luca si irrigidì. Eccoci di nuovo.
“Bea, ne abbiamo già parlato. Appena finiamo il progetto con papà”
“Sì, sì, lo so,” agitò una mano con impazienza. “Ma sono già passati sei mesi! Luca, non voglio più aspettare. Siamo fidanzati da un anno. Perché tiri sempre in lungo?”
“Non sto tirando in lungo. È solo che non è il momento giusto.”
“E quando sarà, questo momento giusto? Quando avrò cinquantanni? Voglio essere tua moglie, capisci? Non la tua ragazza, non la tua fidanzata, tua moglie!”
“Beatrice, sono sommerso di lavoro”
“Ma dai! Come se per il matrimonio dovessi fare chissà cosa! Basterà presentarti allaltare!”
“Non è questo il punto,” la voce di Luca si fece più dura. “Voglio che tutto sia perfetto.”
“Anchio!” esclamò lei. “E sai cosa sarebbe perfetto? Un matrimonio su unisola! Ne abbiamo parlato. Ho già sfogliato cataloghi. Maldive, Bali, Seychelles scegli tu! Loro organizzano tutto, a noi basterà arrivare.”
“Di nuovo con questo matrimonio su unisola! Ti serve proprio tanto sfoggiare ricchezza? O vuoi solo far morire dinvidia tutte le tue amiche?”
Beatrice allontanò bruscamente il piatto:
“Ah, ecco! Pensi che stia con te per i soldi? Che mi interessi solo un matrimonio da favola?”
“E non è così?” le parole gli sfuggirono prima che potesse fermarle. “Tutte queste discussioni sul matrimonio, sui viaggi, su cosa vuoi visitare Non sento mai che vuoi semplicemente stare con me!”
“Sei insopportabile!” gli occhi di Beatrice si riempirono di lacrime. “Io voglio solo essere tua moglie! E tu inventi scuse stupide! Se non vuoi sposarmi, dillo chiaro!”
“Non sto inventando niente!” la voce di Luca si alzò, attirando gli sguardi degli altri avventori. “Perché mi metti sempre pressione?”
“Perché ti amo, stupido! Ma tu non capisci! O forse non ti interessa!”
Luca si alzò di scatto e lasciò cadere sul tavolo un pugno di banconote:
“Sai cosa? Non ne parliamo adesso. Non voglio fare scenate qui. Chiamami quando ti sarai calmata.”
Uscì a passo svelto, ignorando lo sguardo confuso del cameriere e i singhiozzi soffocati di Beatrice alle sue spalle.
***
Luca sfrecciava per le strade di Torino, superando di gran lunga il limite di velocità.
La sua BMW ultimo modello curvava con eleganza. Alzò il volume della musica per soffocare i pensieri, ma non servì a niente.
Perché con Beatrice era diventato tutto così complicato? Quando si erano conosciuti, era tutto diverso. Ricordò il giorno del loro primo incontro.
Era entrato nella clinica di suo padre per prendere dei documenti. Marco De Luca uno dei migliori cardiologi dItalia e proprietario di una rete di centri medici privati non separava mai lavoro e famiglia.
“Gli affari devono rimanere in famiglia,” ripeteva sempre.
Luca, unico figlio ed erede, era cresciuto circondato non solo dallaffetto dei genitori, ma anche da unattenzione speciale da parte di tutti.
A scuola, alluniversità, al lavoro tutti lo trattavano in modo diverso dagli altri.
A venticinque anni, era già stanco delle ragazze che vedevano in lui solo il portafoglio e la posizione sociale. Modelle, donne in carriera, ragazze dellalta società. Tutte sembravano indossare la stessa maschera, nascondendo dietro sorrisi falsi uno sguardo calcolatore.
Poi aveva conosciuto Beatrice.
Quel giorno, era alla reception, intenta a compilare dei documenti. Una semplice divisa bianca da infermiera, i capelli raccolti in una coda, niente di particolare. Ma quando alzò gli occhi e gli sorrise, Luca sentì qualcosa ribaltarsi dentro di lui. Nel suo sguardo non cera traccia di falsità solo calore e una luce speciale.
Trovò una scusa per parlarle, poi la invitò a prendere un caffè, poi a cena
Beatrice era diversa da tutte le altre. Cresciuta in una famiglia modesta, aveva lavorato fin da sedici anni, pagandosi gli studi da sola. Luca era rimasto colpito dalla sua spontaneità, dal suo umorismo, dal fatto che non cercasse mai di apparire qualcosa che non era.
Sua madre, Elena, laveva accolta subito.
“È autentica, tesoro. Tienitela stretta,” gli aveva detto dopo il primo incontro. Da quel giorno, chiamava Beatrice “mia figlia”, anche quando stavano appena iniziando a frequentarsi.
Suo padre, invece Marco non aveva mai criticato la ragazza, anzi, la stim






