Elena aveva 47 anni quando decise di adottare. Non un bambino. Non un cane. Nemmeno un gatto.

Aveva 47 anni, Francesca, quando decise di adottare. Non un bambino. Non un cane. Neppure un gatto.
Quello che adottò… fu il silenzio.

Viveva sola in un piccolo appartamento, circondata da piante, libri sottolineati e tazze che collezionava senza sapere perché. Aveva passato la vita a rimandare tutto. Lamore, i viaggi, i figli. Cera sempre qualcosa di più urgente. Finché un giorno si fermò e capì che non cera più niente di urgente.
Niente.

Un martedì qualunque, scese al cassonetto e lo sentì.
Un miagolio.
Debole.
Insistente.
Spezzato.

Cercò con lo sguardo. Niente.
Finché non sollevò il coperchio di un bidone.
E lo vide.

Un gattino, sporco, con la coda rotta e gli occhi pieni di cispe. Respirava a malapena.
Non ci pensò. Lo avvolse nella sua sciarpa e lo portò su.
Lo lavò. Lo asciugò. Gli parlò.

«Non so se sopravviverai, piccolino… ma almeno non morirai solo.»

Passò la notte sveglia. Lui, accoccolato sul suo petto.
Lei, stringendolo come se dovesse trattenere qualcosa di più di un gatto.

Contro ogni previsione, il gatto visse.
E non solo.
Riprese a camminare.
A mangiare.
A fare le fusa.

E ogni volta che Francesca rientrava dal lavoro, lui correva alla porta.
Anche senza coda.
Anche zoppicando su una zampa.

Lo chiamarono Remo.
Per quanto costa remare quando tutto sembra remarti contro.

I mesi passarono.
E con il gatto, arrivò labitudine.
La routine.
Il calore.

Francesca tornò a ridere.
A dormire con il corpo rilassato.
A parlare ad alta voce, sapendo che qualcuno lascoltava… anche se non rispondeva.

Una domenica pomeriggio, mentre Remo dormiva sulle sue gambe, la sua amica Giulia le chiese:
«Ti rendi conto che non sei stata tu a salvarlo?»

Francesca alzò lo sguardo.
«Che vuoi dire?»

«Che quel gatto è arrivato quando più ne avevi bisogno. Quando stavi cominciando a scomparire. Lui è stato il tuo promemoria.»

Francesca abbassò gli occhi.
Remo era lì, con la pancia scoperta, il muso umido, il corpicino attaccato al suo come fossero una cosa sola.
E allora capì.

Non laveva adottato lei.
Lui aveva scelto lei.

Non tutte le adozioni hanno moduli da compilare.
Alcune hanno solo bisogno di una coincidenza, di una ferita e di un cuore disposto ad amare ciò che è ancora rotto.

Da allora, ogni volta che qualcuno le chiedeva perché non si fosse sposata, avuto figli o formato una famiglia «come ci si aspetta», Francesca rispondeva:
«Non tutti adottiamo bambini. Alcuni adottano anime.»

E a volte… quelle anime miagolano.

«Ci sono esseri che arrivano senza essere chiamati, ma restano come fossero una promessa.»

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Elena aveva 47 anni quando decise di adottare. Non un bambino. Non un cane. Nemmeno un gatto.