Era certa di aver trovato un tappeto… ma qualcuno all’interno gemeva e si muoveva.

Credeva di aver trovato un tappeto ma qualcuno dentro si lamentava e si muoveva.

Era una giornata calda e soleggiata, e Carlotta decise di approfittarne per stendere allaria i suoi “cuscini” e la sua “coperta”. Come cuscini usava sacchetti di carta riempiti di segatura, e come coperta, un vecchio tappeto da parete con un motivo di cervi. Lo stese con cura su una corda tra due alberi, e accanto mise una panca di legno ricoperta di similpelle rossa, sopra cui sistemò i suoi “cuscini” fatti in casa.

Carlotta era senzatetto da più di un anno. Il suo sogno era mettere da parte qualche soldo, rifare i documenti persi e tornare a casa, in una delle regioni del Sud, dove laspettava il ricordo della sua famiglia e di una vita normale. Intanto, però, viveva in una vecchia casetta di un guardaboschi abbandonata, un tempo immersa in una fitta foresta. Ora, al posto della foresta, cera unenorme discarica.

Allinizio lodore era appena percettibile, ma col tempo le montagne di rifiuti crescevano non di giorno in giorno, ma di ora in ora. Qui finiva di tutto: macerie edili, mobili rotti, vestiti vecchi, stoviglie. Fu così che Carlotta trovò un piccolo armadio, un pouf consumato e persino una cassapanca di legno con vestiti che qualcuno aveva buttato via.

Col tempo arrivarono anche i furgoni dei supermercati, che scaricavano prodotti scaduti. Dopo unattenta selezione, a volte trovava verdure, frutta e persino semilavorati ancora buoni. Lacqua, però, scarseggiava. Doveva prenderla dal fiume, filtrandola con stracci e carbone trovato tra i rifiuti.

La legna non mancava: tronchi spezzati erano ovunque, quindi riscaldare la stufa non era un problema. I giorni si fondevano in unesistenza monotona, e mettere da parte anche solo qualche soldo era raro. Le monete nelle tasche dei vestiti scartati erano rarissime, e un portafogli era considerato un colpo di fortuna.

Una notte, il rumore di unauto che si avvicinava la svegliò. Era normale: molti portavano la spazzatura di notte per non farsi riconoscere. Ma quella volta cera qualcosa di strano. Lauto era costosa, grande, quasi un SUV. Al chiaro di luna sembrava una bestia su ruote.

Un uomo ne scese lentamente, tirò fuori dal bagagliaio un grosso rotolo e lo trascinò tra i cumuli di rifiuti.

“Potrebbe essere del catrame? Potrei riparare il tetto presto arriveranno le piogge,” pensò Carlotta, spronando mentalmente lo sconosciuto: “Dai, dai, vattene!”

Luomo lasciò il rotolo in una buca tra i rifiuti, si guardò intorno come se stesse ripensandoci, poi scosse la mano e tornò allauto. Dopo qualche minuto, il motore ruggì e lauto sparì nel buio.

“Finalmente,” sospirò Carlotta, infilando i vestiti da lavoro.

Indossò stivali di gomma e uscì. Il cielo iniziava a schiarirsi, laria era fresca e profumava di bosco. Si ricordò che oltre la collina cera una radura dove crescevano funghivaleva la pena controllare al mattino.

Avvicinandosi al punto dove luomo aveva lasciato il rotolo, si aspettava di vedere una striscia di catrame o del polietilene spesso. Ma invece, per terra cera un tappeto arrotolato con cura. Non uno qualunque: sembrava uno di quelli che una volta adornavano le case dei benestanti.

“Wow stile persiano, credo. Bellissimo, pesante. Peccato non sia adatto per il tetto,” pensò delusa, ma poi aggiunse: “Forse posso prenderlo? Se lo piego in due, sarà meglio di quei sacchetti di segatura.”

Lidea la rallegrò e corse verso il rotolo. Provò a sollevarlotroppo pesante. Allora tirò un lembo con cautela per srotolarlo. E sentìqualcuno che gemeva dentro!

Carlotta, che in un anno di strada aveva visto di tutto, per la prima volta ebbe paura fino a farle tremare le ginocchia. Fece un passo avanti e chiamò:

“Chi cè?”

Silenzio. Poi un altro gemito, e una voce femminile appena percettibile:

“Sono io Maria Grazia”

Con sforzo, Carlotta tirò il bordo del tappeto e finalmente liberò la donna. Questa cadde fuori, cercando di girarsi, e gemette piano.

“Aspetta, ti aiuto!” gridò Carlotta, correndo verso di lei.

Una volta aperto il tappeto, per terra giaceva una donna minuta, vestita decentemente, con un livido sulla tempia. Guardandosi intorno confusa, disse:

“Allora, dove mi ha portato? In una discarica? Così”

Senza dire una parola, Carlotta la aiutò ad alzarsi e la guidò lentamente verso la sua baracca. Sedutala su una sedia, andò a prendere i vestiti puliti, mentre la donna, solo allora realizzando di essere salva, singhiozzò piano:

“Quindi sono viva Lui voleva seppellirmi viva, e ha persino rovinato il suo amato tappeto”

Carlotta mise su lacqua, prese delle erbe dalla credenza, preparò un tè caldo e forte e lo posò davanti allospite.

“Mi chiamo Carlotta,” si presentò. “Ero uninsegnante di lettere.”

“Sei una ragazza?” chiese Maria Grazia sorpresa, osservandole i capelli corti e i vestiti maschili.

“Sì, è andata così” sospirò Carlotta. “Sono venuta nella capitale, volevo lavorare come governante. Ma alla stazione mi hanno derubata. Di tutto: borsa, soldi, documenti”

“Perché non sei andata alla polizia?” chiese Maria Grazia severa.

“Ci sono andata. Ma mi hanno detto di rifare tutto tramite il consolato. E questo costa soldi. Tasse, carte E io non ho niente. Inutile.”

Maria Grazia la osservò con attenzione. Tra il dolore e le lacrime, nei suoi occhi brillò qualcosa di simile alla compassione.

“Non cè davvero nessun aiuto?” chiese. “Non conosco servizi del genere,” sospirò Carlotta. “Ora dimmi, come sei finita in quel tappeto?”

Alla domanda, Maria Grazia trasalì di nuovo e scoppiò in lacrime:

“Ecco come va la vita Oh, comè potuto succedere”

Carlotta borbottò tra sé:

“Perché glielho chiesto”

Maria si asciugò le lacrime, si raddrizzò un po e lanciò a Carlotta uno sguardo pieno di distacco o irritazione:

“Perché dovrei aiutarti? Sai almeno chi sono? Quando uscirò di quifarò uno scandalo che non dimenticherà! E tu pensa piuttosto a te stessa. Si può vivere così?”

Carlotta abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa per la sua vita, per i suoi stracci, per quella baracca che ora sembrava quasi un palazzo rispetto a ciò che cera dentro il tappeto.

Lospite finì il tè, tirò un respiro profondo e, come se parlasse a qualcuno di invisibile, disse:

“Va bene Ti raggiungerò” aggiunse, scuotendo il pugno nellaria come se il suo aggressore fosse già lì ad aspettarla.

Fuori stava albeggiando. I primi raggi del sole entrarono dalla finestra, illuminando le particelle di

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