Eri così affascinante per me…

Anche tu mi piacevi…

Federica uscì dall’ufficio e si avvicinò alla macchina parcheggiata. Il cofano e il parabrezza erano ricoperti da un velo di nevischio. Si sedette e accese subito il riscaldamento per scaldare l’abitacolo gelido. Poi, con i tergicristalli, spazzò via quella polvere di neve.

Mentre si immetteva nel traffico, si ritrovò bloccata tra auto ferme, semafori interminabili e code che sembravano non finire mai. Passando davanti a un centro commerciale, decise di fermarsi per sfuggire al caos e magari fare qualche acquisto natalizio.

Ma anche il parcheggio era stracolmo, nessun posto libero. Federica già si pentiva di aver deviato. Avrebbe fatto prima ad aspettare in strada.

All’improvviso, nello specchietto retrovisore, vide i fari di un SUV che le faceva spazio, come per cedergli il posto.

Dentro il centro commerciale, il caldo e la folla erano opprimenti. Federica si slacciò il cappotto e si avviò tra gli scaffali. Luccichii di decorazioni, ghirlande lampeggianti, persone che si muovevano come ombre sfocate. Prese alcune palline colorate, due renne argentate, asciugamani con Babbo Natale e coppe per lo spumante con auguri stampati.

“Deciderò dopo a chi regalarle,” pensò, mettendole nel carrello. Per i colleghi andavano bene, per la madre e il marito avrebbe scelto qualcosa di più raffinato. In cassa, realizzò con un sussulto di aver preso troppo. Pazienza, le sarebbero servite.

Si avviò verso l’uscita, stringendo la busta per paura che qualcuno la urtasse e rompesse tutto.

“Federica!”

Non si voltò subito, credendo di aver immaginato.

“Rossi!”

Solo allora si fermò, sentendosi inondata da un brivido. Quella era la sua vecchia cognome. Si scansò dalla folla e cercò qualcuno con lo sguardo.

“Ciao, Federica,” disse una voce alle sue spalle.

Si girò e vide un uomo barbuto, con un berretto nero tirato fin sopra le sopracciglia. Sorrideva, mostrando un dente mancante. I vestiti gli cadevano addosso, sformati. Federica già si pentiva di essersi fermata. Quell’uomo non poteva essere un suo conoscente.

“Non mi riconosci?” disse lui. “Io ti ho riconosciuta subito. Sei sempre bellissima.” Rise, e in quella risata c’era qualcosa di familiare, ma Federica non riusciva a collegarlo a nessun ricordo.

“Eravamo compagni di scuola. Stessa classe,” aggiunse.

“Lorenzo?!” esclamò, stupita. Voleva chiedergli cosa gli fosse successo, ma si trattenne.

“Sono io,” disse, con un sorriso che scoprì di nuovo il vuoto tra i denti. “Sono cambiato molto?”

“Sì,” ammise Federica. “Cosa ti è successo?”

“Lunga storia. Possiamo sederci da qualche parte? C’è un bar qui dentro.” I suoi occhi brillavano di speranza.

Federica non riusciva ad abituarsi al suo aspetto. Era Lorenzo, quello per cui aveva fatto fiumi di lacrime al liceo. Ora le bruciava la vergogna di essere vista con lui.

“Scusa, devo andare,” mormorò, distogliendo lo sguardo.

“Ma sono solo cinque minuti. Mille anni che non ci vediamo,” insisté lui, ridacchiando nervosamente.

Alla fine accettò, più per curiosità che per piacere.

Nel bar, sedettero in un angolo buio. Lorenzo ordinò un pasto completo, lei solo un caffè. L’aria era carica di imbarazzo.

“Allora, sei diventata medico come volevi?” chiese lui.

“Mi ricordi ancora? Sì, endocrinologa.”

Lorenzo annuì, come se non avesse mai dubitato di lei.

“Hai preso regali per tuo marito e i tuoi figli?” indicò la busta.

Federica ignorò la domanda. “Tu sei sposato?”

“Lo ero. Con Grazia. La ricordi? Una strega. È stata lei a ridurmi così.”

“Ero un idiota. Lei non mi dava tregua, e prima che potessi rendermene conto, ero all’altare. Ma a me piacevi tu,” sussurrò.

*A me piacevi tu*, pensò Federica, ma non lo disse.

Quando arrivò il cibo, Lorenzo si gettò sul piatto come un affamato. Federica guardò altrove, imbarazzata.

“Cosa ti è successo, davvero?” chiese, volendo porre fine a quell’incontro.

Lorenzo si fermò. “All’inizio andava tutto bene. Casa, lavoro. Mio suocero ci regalò l’appartamento. Poi Grazia volle aprire un’attività. Un mio ex amico ci coinvolse in un affare di ricambi auto. Fallimmo. Lei chiese il divorzio, e il suocero pretese i soldi indietro. Vendetti tutto. Mio padre morì d’infarto poco dopo. Lei sposò il mio ex socio. Adesso sono loro i ricchi.”

La sua voce si spezzò. “Ho cominciato a bere. Non ho più avuto la forza di rialzarmi. Mi fa schifo vivere così, ma per mia madre…”

Federica propose di denunciarli, ma lui scosse la testa. “Con i soldi che hanno? E poi mi pestarono a sangue. Meglio così.”

Quando arrivò il conto, Federica aprì la borsa, ma Lorenzo la fermò. “Ho i soldi io. Non umiliarmi anche tu.”

Lei ritirò la mano.

“Vivi ancora lì?” chiese lui.

“Mi dispiace, devo andare,” disse Federica, alzandosi.

Lorenzo si offrì di accompagnarla, ma lei rifiutò. “Ho la macchina.”

Mentre usciva, lo vide ancora lì, che la seguiva con lo sguardo. Gli fece un cenno con i fari.

A casa, il marito le porse un bicchiere di vino. “Sei turbata.”

Lei gli raccontò tutto.

“È un debole. Poteva lottare, invece si è arreso. Non sprecare compassione per lui.”

“Potresti dargli un lavoro?” chiese Federica.

“Ci penserò. Ma solo per te.”

Pochi giorni dopo, Federica tornò al centro commerciale per cercare Lorenzo.

“Dov’è?” chiese al guardiano.

“Spari”Il guardiano scrollò le spalle e disse: **’È sparito come neve al sole, nessuno lo vede da settimane’**, mentre Federica sentiva un vuoto freddo stringerle il cuore.”

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