Ex marito promette un appartamento a nostro figlio, ma pretende che lo risposi

Era un sogno strano, distorto, come se il tempo si fosse fermato e poi ripreso allimprovviso. Avevo sessantanni e vivevo a Bologna, tra le ombre lunghe dei portici e i fantasmi del passato. Mai avrei immaginato che, dopo ventanni di silenzio, la mia vita sarebbe stata scossa da una richiesta così cinica. E la cosa più dolorosa? Che a chiederlo fosse mio figlio.

A venticinque anni, ero follemente innamorata. Marcoalto, affascinante, con un sorriso che sembrava rubato al solemi aveva promesso leternità. Ci sposammo in fretta, e un anno dopo nacque nostro figlio, Matteo. I primi anni furono come una fiaba: una piccola casa, sogni condivisi, progetti per il futuro. Io insegnavo, lui lavorava come ingegnere. Niente poteva rovinare quella felicità.

Poi, lentamente, tutto cambiò. Marco tornava tardi, mentiva, si allontanava. Ignorai i pettegolezzi, lodore di profumo sconosciuto sui suoi vestiti. Finché non fu più possibile fingere: mi tradiva. Non una volta, ma molte. Amici, vicini, persino i miei genitori lo sapevano. Io resistevo, per Matteo. Speravo che cambiasse. Ma una notte, svegliandomi e trovando il letto vuoto, capii: era finita.

Presi le nostre cose, la mano di Matteo, e andai da mia madre. Marco non fece nulla per trattenerci. Un mese dopo partì per lesterolavoro, diceva. Trovò unaltra donna e ci cancellò dalla sua vita. Nessuna lettera, nessuna chiamata. Solo silenzio. Io rimasi sola. Mamma morì, poi papà. Matteo e io affrontammo tutto insiemescuola, malattie, gioie, la maturità. Lavorai fino a stancarmi pur di non fargli mancare nulla. Non ebbi altre relazioni. Lui era tutto per me.

Quando Matteo fu ammesso alluniversità di Padova, lo sostenni come potevopacchi di cibo, soldi, parole di conforto. Ma non potevo comprargli una casa. Non mi rimproverò mai. Diceva: “Ce la farò da solo.” Ero fiera di lui.

Un mese fa, arrivò con una notizia: voleva sposarsi. La gioia durò poco. Era nervoso, evitava il mio sguardo. Poi, finalmente:

“Mamma ho bisogno del tuo aiuto. Riguarda papà.”

Il cuore mi si fermò. Disse che aveva riallacciato i contatti con Marco, che suo padre era tornato in Italia e gli offriva le chiavi di un bilocale ereditato dalla nonna. Ma con una condizione: dovevo risposarlo e lasciarlo vivere nel mio appartamento.

Il respiro mi mancò. Lo guardai, incapace di credere alle sue parole. Continuò:

“Sei sola Non hai nessuno. Perché non provarci? Per me. Per la mia futura famiglia. Papà è cambiato”

In silenzio, andai in cucina. Bollitore, tè, mani che tremavano. Il mondo sembrava sfocato. Ventanni da sola. Ventanni senza una sua parola. E ora tornava, con un “affare”.

Tornai in salotto e dissi con calma:

“No. Non accetterò.”

Matteo si infuriò. Urlò, mi accusò. Disse che pensavo solo a me stessa, che per colpa mia non aveva avuto un padre, che ora gli rovinavo la vita. Tacqui. Ogni sua parola era un coltello. Non sapeva delle notti insonni, dellanello di nozze venduto per comprargli un cappotto, dei miei pasti saltati pur di dargli la carne.

Non mi sento sola. La mia vita è stata dura, ma onesta. Ho il lavoro, i libri, il giardino, le amiche. Non ho bisogno di chi mi ha tradito e ora torna per convenienza.

Matteo se ne andò senza salutare. Da allora, non ha chiamato. So che è ferito. Lo capisco. Vuole il meglio per sé, come ho fatto io. Ma non venderò la mia dignità per pochi metri quadri. Il prezzo è troppo alto.

Forse un giorno capirà. Forse no. Ma io aspetterò. Perché lo amosenza condizioni, senza “se” e senza appartamenti. Lho cresciuto con amore vero. E non permetterò che lamore diventi merce.

Quanto a Marco che resti nel passato. È lì che deve stare.

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