**31 dicembre – Diario di un incontro speciale**
«Grazie, mamma.» Mi alzai da tavola e feci un bel respiro. «Faccio un giro con la macchina, non preoccuparti. Ormai è sera tarda, c’è poco traffico.»
«Da quando hai comprato quell’auto, non fai altro che guidare. Eppure dovresti pensare a trovarti una moglie. Si dice sempre che per un uomo la macchina viene prima di tutto.»
«Mamma, per favore, non iniziare.» L’abbracciai. «Sai quanto ho desiderato avere la mia auto. Lasciami godermela ancora un po’, poi penserò a mettere su famiglia. Promesso.»
«Certo, certo. Hai quasi trent’anni e giochi ancora con le macchinine.» Mi diede una carezza tra i capelli. «Va’, allora.»
Uscii dal portone e mi avvicinai alla mia Fiat. Spazzai via i fiocchi di neve dal parabrezza. La patente ce l’avevo da anni, e prima guidavo la vecchia Panda di papà finché non l’avevo distrutta in un incidente. L’esperienza non mi mancava, ma volevo ancora godermi quel senso di libertà che dava la mia macchina.
Avevo risparmiato a lungo, scelto con cura, e ora ogni sera facevo un giro per Milano, a volte uscivo anche in tangenziale. Se vedevo qualcuno fermo a bordo strada, lo portavo a destinazione senza chiedere un euro.
Mi sedetti al volante, accendii il motore e sorridi al rombo rassicurante. Alzai il volume della radio e uscii dal cortile lentamente.
I fiocchi di neve luccicavano alla luce dei fari. L’inverno era arrivato all’improvviso, e in pochi giorni aveva ricoperto tutto. Giravo senza meta, finché non vidi una donna con un bambino che faceva l’autostop. Abbassai il volume e mi fermai.
«Mi porta via Garibaldi?» La donna si avvicinò al finestrino. Era giovane e carina.
«Salga pure.» Feci un cenno al sedile accanto a me.
«Quanto costa? È un po’ lontano.»
«Non si preoccupi. Con le belle ragazze non faccio pagare.» Vidi che si irrigidiva, così aggiunsi in fretta: «Dieci euro la accontenta? Su, salga, non mordo.» Ridevo, ma lei aprì lo sportello posteriore e fece salire il bimbo prima di sedersi anche lei.
«Quanti cavalli ha?» mi chiese il piccolo.
«Cavalli? Non lo so, onestamente.»
«Come fa a non saperlo?»
«Vedi, quando l’ho comprata, mi piaceva com’era fuori, com’era dentro. La potenza non mi interessava molto. Tu invece sembri un esperto.»
«Lo sono.» Il tono era serio, da adulto.
«E come ti chiami, piccolo esperto?»
«Matteo. E lei?»
«Ah, che educato! Io sono Lorenzo. Scusa se non ti stringo la mano, ma sono occupato.» Mi divertiva parlare con lui.
«Basta, Matteo, non disturbare il signore.»
«Ma lascialo stare. È un bravo bambino, proprio un… Matteo simpatico.» Guardai nello specchietto e incontrai gli occhi della madre. Nel petto sentii una strana calda fiamma.
Milano era illuminata dalle vetrine e dai lampioni. Davanti ai centri commerciali, gli abeti decorati scintillavano. Mancava ancora un mese a Natale, ma l’aria era già festosa.
«Fermi qui, per favore.»
«Non posso accompagnarvi sotto casa?» Guardai di nuovo nello specchietto, ma lei evitò il mio sguardo.
Mi fermai all’inizio di un lungo condominio. Lei scese e aspettò il figlio.
«Matteo, sbrigati.»
«Ma domani torni a prendermi?» chiese lui con voce lamentosa.
«Ti riprendo domenica. Su, esci.» La madre era impaziente.
Matteo si mosse lentamente. Io scesi dall’auto.
«Ecco.» Mi porse una banconota da dieci euro.
La presi, la piegai e la infilai in tasca.
«La terrò come portafortuna.» Tesi la mano al bambino. «Ciao.»
«Ciao.» Mi strinse la sua manina calda.
«Andiamo, la nonna ci aspetta.» Lo tirò via con sé.
Dopo qualche passo, Matteo si girò e gli feci un cenno. Poi vidi un uomo avvicinarsi da un’altra macchina parcheggiata. Baciò la madre di Matteo, poi allungò la mano al bambino, ma lui la respinse.
*Lei ha un appuntamento, e lui è geloso*, pensai. E per qualche motivo, questa cosa mi rallegrò.
Rimisi in moto e alzai il volume. Erano i Ricchi e Poveri: «Sarà perché ti amo…» In macchina c’era ancora un leggero profumo di fragranza. Tornai a guardare nello specchietto, come se la donna fosse ancora lì.
Ma non c’era nessuno.
Non avevo più voglia di guidare. Cambiai stazione radiofonica, ma i suoi occhi non mi uscivano dalla testa. Era una ragazza normale, carina, ma… perché mi era rimasta impressa?
Anni prima, mi ero innamorato di una donna più grande di me, con una figlia adolescente. Le avevo chiesto di sposarmi e l’avevo portata a conoscere mia madre.
«È più grande di te, ha già un figlio. Sei giovane, bello, non riesci a trovare una ragazza della tua età? Figlio mio, non fare un errore…» mi aveva detto mia madre dopo che lei se n’era andata.
Poi mamma si era pentita, credendo di avermi rovinato la vita. Io non ero riuscito a legare con nessun’altra. Piacevo, ma nessuna mi aveva toccato il cuore come aveva fatto lei. E poi lei era tornata con il marito.
E oggi…
Passavo spesso davanti a quella casa, guidavo per la via dove li avevo presi, ma non li avevo più rivisti. Pensavo spesso a loro. Potevo chiedere in giro, sicuramente qualcuno sapeva in che appartamento viveva la nonna di Matteo. Ma che avrei detto? Forse lei stava bene con quell’uomo che l’aspettava quella sera?
Così continuavo a cercarla per la città, sperando in un altro incontro.
Poi arrivò la vigilia di Capodanno. Mia madre era in cucina, l’albero scintillava vicino alla finestra, in TV passavano *«L’ultimo bacio»*, e il 31 dicembre era di sabato. Non lavoravo. Dormii fino a tardi, aiutai mamma con i piatti, preparai il tavolo con le posate buone. Ma quando scese il buio, sentii il bisogno di uscire.
«Mamma, nevica, sembra una cartolina. Faccio un giro, altrimenti mi addormento e non sento neanche il discorso del Presidente.»
«Dove vai? Mancano tre ore!»
«Torno subito, faccio un giro e arrivo in tempo. Non preoccuparti.»
La macchina era coperta di neve. Accesi il riscaldamento. Milano era silenziosa, le strade vuote, solo qualche ritardatario che correva verso casa.
Un uomo alto, con il cappotto aperto, mi fermò. Salì sul sedile posteriore, ansimando. Nel sacchetto tintinnavano bottiglie. Quando scese, mi diede venti euro, anche se la corsa era stata breve.
*«Tariffa di Capodanno»*, pensai, ma presi i soldi. Poi portai una coppia litigiosa. Rifiutai il loro pagamento. Si riconciliarono e se ne andarono mano nella mano.
Passai per la strada dove avevo incontrato Matteo e sua madre.Poi, mentre tornavo verso casa, vidi i loro passi nella neve fresca e capii che il vero regalo di Capodanno era stato quel destino che ci aveva uniti quel giorno, e ora ci riportava insieme per scrivere una nuova storia.