Felici cambiamenti
Giovanna Rossi uscì dal portone e si fermò. Sbircò verso il cielo, valutando la possibilità di pioggia, poi salutò a malapena le vicine sedute sulla panchina con un cenno del capo. Riprese a camminare, il mento orgogliosamente levato. Le donne, zittite al suo arrivo, ricominciarono a bisbigliare, scoccandole occhiate malevole alle spalle.
Quanti anni avesse Giovanna, nessuno lo sapeva. Non più giovane, in pensione da qualche anno. I capelli striati d’argento sempre tagliati alla moda. Il trucco discreto, adatto alla sua età. La figura elegante, né magra né sovrappeso.
Alcune dicevano avesse sessant’anni, altre poco più di cinquantacinque. Le più invidiose giuravano ne avesse settanta, ma che sembrasse più giovane grazie a qualche ritocchino.
“E perché dovrebbe sembrare male? Ha avuto un marito per bene, non beveva, non la maltrattava. Se n’è andato in silenzio, senza litigi, per una più giovane. L’unico figlio non dà problemi. Niente nipoti, né gatti né cani. Nessun pensiero. Se mio marito non fosse un ubriacone, forse anch’io camminerei come una regina.”
“Tu? Una regina? Mi fai ridere, Margherita!” rise l’amica dandole una gomitata.
“Perché no? Se Stefano crepasse, Dio non voglia, forse inizierei a vivere. Proprio come lei. Uscirei di casa, vi guarderei dall’alto in basso e me ne andrei a spasso.”
Le vicine scoppiarono a ridere.
“Guarda, Vittorio non le toglie gli occhi di dosso, ha pure smesso di lavorare,” sussurrò una.
“Non si illuda troppo. Meglio se cercasse qualcuna più semplice,” sospirò un’altra.
“E Vittorio che male ha? Non beve, non fuma, ha le mani d’oro,” la difese un’altra.
“Perché siete così cattive, donne? Basta sparlare di Giovanna Rossi. Non invidiate,” intervenne Vittorio, tornando a potare i cespugli.
Giovanna sapeva di essere oggetto di pettegolezzi. Catturava frammenti di frasi, notava gli sguardi carichi di malizia. Ma ormai aveva smesso di dar peso alle chiacchiere.
La sua vita era stata come quella di tante. Il marito era un bell’uomo, all’altezza del suo aspetto. Le donne gli si buttavano addosso. Quante lacrime aveva versato. E quando lui se n’era andato, aveva perso ogni voglia di vivere. Si era ripresa solo per il figlio. Da allora, aveva tenuto gli uomini alla larga.
L’unico figlio, Alessandro, ormai vicino ai trenta, non si era ancora sposato. A Giovanna non piaceva. Era normale che un uomo adulto vivesse ancora con la madre? No, le ragazze non mancavano, ma mai nessuna era arrivata al matrimonio.
Nessuna di loro, a dire il vero, le era mai piaciuta. Ma non aveva mai ostacolato le relazioni. Sapeva che con divieti e scenate avrebbe solo ottenuto di allontanare il figlio. Aveva pazientato. Col tempo, l’amore passava. Alcune ragazze Alessandro le lasciava da solo, altre lo piantavano.
Con una, però, aveva quasi messo su famiglia. Una ragazza gentile, dolce. “Se vuoi sposarti, fallo,” aveva pensato Giovanna senza opporsi. Alessandro era andato a conoscere i genitori della ragazza, ma era tornato turbato. Il padre era un alcolizzato, le botte alla madre le avevano rovinato la salute. Dopo un brindisi, l’uomo aveva iniziato a pontificare, minacciare, quasi finendo a male parole.
“Mamma, cosa faccio? La amo, ma come posso sopportare una famiglia così?” chiese Alessandro alla madre.
“Cosa puoi fare? I genitori non si scelgono. Saranno sempre parte della sua vita. Se sei pronto, sposala,” rispose Giovanna.
Con suo sollievo, si lasciarono.
Dopo la passeggiata, Giovanna lesse un libro, schiacciò un pisolino e si mise a cucinare per la cena, guardando l’orologio di continuo. Alessandro tardava. “Sarà di nuovo innamorato,” pensò. Infatti, Alessandro tornò a casa non solo.
“Mamma, ti presento Chiara. Chiara, questa è mia madre, Giovanna Rossi.”
Giovanna la guardò e rimase senza fiato. Occhi azzurri come il mare, fossette sulle guance… Quella era davvero la donna giusta. Era arrivato il momento.
“Perché non mi hai avvisato? Avrei preparato qualcosa di speciale,” disse con un tono seccato.
“Tu cucini sempre benissimo,” sorrise Alessandro abbracciandola.
“Quando mi lusinghi, vuoi qualcosa,” lo schernì, dandogli un buffetto sulla fronte. “Lavatevi le mani, si cena.”
Dalla stanza da bagno arrivavano risate e scalpiccii. Rientrarono in cucina arrossati e imbarazzati. Ma la tavola era già apparecchiata con piatti fumanti e tazze di tè caldo. Tutto al suo posto.
Dallo sguardo colpevole del figlio, Giovanna capì che non si sbagliava: c’era una sorpresa in arrivo.
“Dimmelo e basta, non farmi aspettare,” disse stanca dell’incertezza.
Alessandro inspirò e sbottò: “Domani parto per un weekend in montagna con gli amici. Chiara vuole venire.”
“Ottima idea. In viaggio si conosce una persona. E potrai presentarla agli amici.” Pensò che la vera notizia sarebbe arrivata dopo.
“Potresti tenere la bambina? È grande, sei anni, non darà problemi. Con tutti quegli adulti, le zanzare…”
“Di chi è la bambina?” chiese, pur sapendo già la risposta.
“Eccoci. Dove le trova? Prima quella col piercing e i tatuaggi, poi quella con il padre alcolizzato, e adesso una con una figlia. E quando ha fatto? A malapena venticinque anni e già una bambina di sei. Troppo giovane per essere madre. E quelle fossette…” le girò in testa.
“Mia,” rispose Chiara, fissandola dritto negli occhi.
“Nessuna paura, nessuna sfida. Solo sincerità,” valutò Giovanna.
“No, non posso. Non so più come si fa con i bambini. Ho già impegni. Poi, un estraneo… è una grande responsabilità,” iniziò a tergiversare.
“Ma dai, mamma. Quali impegni? Andrai al parco? Ci puoi andare anche con Aurora,” insistette Alessandro.
“Che nomi… uno più strano dell’altro,” pensò Giovanna.
“Non è necessario,” Chiara posò una mano su quella di Alessandro.
E ancora una volta guardò Giovanna, con uno sguardo diretto, ma rispettoso.
“Solo due giorni, mamma, torniamo domenica sera,” la implorò Alessandro.
Chiara abbassò gli occhi.
“Niente occhiatacce, nessun broncio, nessun disprezzo verso la futura suocera. Si fa da parte, lascia che sia Alessandro a parlare. Bene, vediamo come va.”
“D’accordo,” cedette, facendosi pregare.
“Sei la migliore mamma del mondo!” la baciò sulla guancia. “Domani mattina portiamo Aurora. Sii pronta per le sei.”
“Così presto? Noi…” sussultò la “migliore mamma del mondo.”
Quella notte non riuscì a dormire. “Ho fatto male ad accettare. Sono abituata alla mia vita tranquilla, e adesso una bambina, per di più non mia. Responsabilità, rumore, fastidi…”
All’alba si alzò e preparò la colazione. Alessandro arrivòQuando Aurora la chiamò per la prima volta “nonna”, il cuore di Giovanna si sciolse, e capì che la felicità aveva davvero bussato alla sua porta.